Volata Champions mai vista: il commento di Stefano Agresti sulla Gazzetta

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Un bel guazzabuglio, lì dietro Napoli e Inter, tanto che alla fine potrebbero essere decisivi gli scontri diretti, ai quali ci si appellerà in caso di arrivo a pari punti

Stefano Agresti

Giornalista

L’Atalanta è quasi dentro, la Fiorentina è quasi fuori. Sono i due verdetti – nemmeno definitivi – che ci lascia questa domenica consacrata alla lotta per la Champions. Una corsa equilibrata e appassionante, che sta consegnando a Gasperini la qualificazione (cinque punti di vantaggio sulla quinta in classifica a tre giornate dalla fine rappresentano un margine amplissimo) ma che deve ancora scegliere la quarta classificata. Ora quella posizione è occupata addirittura da tre squadre a pari merito, Juventus, Roma e Lazio, e il Bologna è lì, staccato di un punto appena. Uno sprint che raramente abbiamo vissuto. Qual è la favorita? 

Il calendario sembra dire Juve, anche se sabato deve affrontare la Lazio in trasferta (poi ha Udinese e Venezia), ma anche i biancocelesti hanno un percorso che potrebbe rivelarsi favorevole (sono i soli a dover giocare due partite in casa su tre, però l’unica trasferta è a Milano con l’Inter). I risultati recenti dicono Roma, perché in Serie A non perde da cinque mesi, dal 15 dicembre, e vince quasi sempre (14 delle ultime 19 gare). L’esuberanza dice Bologna, che delle quattro contendenti è la più bella ma ha un punto in meno – che a questo punto del campionato può pesare – e la finale di Coppa Italia come elemento di disturbo. Un bel guazzabuglio, insomma. Tanto che alla fine potrebbero essere decisivi gli scontri diretti, ai quali ci si appellerà in caso di arrivo a pari punti. Rispetto alle concorrenti, la Juve ha pressioni decisamente superiori. Se per il Bologna la qualificazione in Champions sarebbe un’eccezionale e anche inattesa conferma dopo l’exploit di un anno fa; se a Lazio e soprattutto Roma il quarto posto darebbe un grande aiuto per quanto riguarda gli investimenti futuri ma non era considerato un obiettivo imprescindibile a inizio stagione; se è vero tutto questo, per i bianconeri entrare tra le grandi d’Europa è quasi una necessità. Questione di ambizioni, di storia, di monte ingaggi, di necessità di trovare sul mercato rinforzi adeguati. 

Tudor non ha dato alla Juve la spinta che sembrava potesse garantire quando è arrivato. Certo, i bianconeri sono cresciuti rispetto alla gestione Motta, e d’altra parte sarebbe stato impossibile fare peggio, ma nell’ultimo periodo lo slancio intravisto all’inizio della sua avventura si è perso. Il nuovo tecnico ha vinto tre partite su sei, tutte in casa, con Genoa, Lecce e Monza, mentre in tre trasferte ha raccolto due punti: un bilancio un po’ così, non esaltante. A Bologna la Juve ha cominciato bene, poi probabilmente ha pagato un po’ le assenze. Ha stupito vedere Conceiçao in panchina fin quasi alla fine. Adesso molto dirà lo scontro diretto con la Lazio, che a Empoli ha vinto soffrendo troppo se si considera che gli avversari, già sotto di un gol, sono rimasti presto in dieci. Ma in questa fase della stagione, affrontata da tutti con la lingua di fuori, conta più che mai solo e soltanto il risultato. E la Lazio se l’è preso. 

La Roma, pian piano, si è arrampicata fin lassù, al quarto posto. Tra le squadre che lottano per la Champions ha il calendario più difficile (trasferte a Bergamo e a Torino contro i granata, in mezzo la gara con il Milan) ma quello che sta facendo negli ultimi mesi è incredibile. Ranieri non perde da 19 partite (e di queste ne ha vinte 14, come detto): nessuno nei cinque campionati principali d’Europa ha una serie positiva aperta più lunga, così come nessuno ha ottenuto un numero di punti maggiore nel 2025 (43 in 17 gare). Ma ancora più sorprendente è il modo in cui questi risultati positivi arrivano: segnando un gol a partita, niente di più. Solo uno, però spesso sufficiente a vincere. Nelle ultime otto gare di campionato, la Roma ha appunto realizzato otto reti e grazie a queste ha ottenuto la bellezza di venti punti, frutto di sei vittorie (tutte per 1-0) e di due pareggi (per 1-1). Quasi impossibile spremere di più da ogni singolo gol. Ma non definiamo Ranieri difensivista, tanto meno catenacciaro: nelle ultime gare, ad esempio, schiera il doppio centravanti (Dovbik-Shomurodov), un esterno di centrocampo che è un attaccante aggiunto (Soulé), un altro con caratteristiche offensive (Angelino), una mezzala con la vocazione a buttarsi in avanti (Pellegrini). Più semplicemente, Ranieri ha la capacità di costruire squadre che abbiano grande organizzazione difensiva, così come di ottenere il massimo da ogni suo calciatore. Sono caratteristiche che lo hanno accompagnato per tutta la carriera, non a caso nobilitata da risultati spesso sorprendenti. Pochi proclami e poche bollicine, molti risultati.



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