Piovanelli sulla promozione del Pisa: “Ho imbottigliato lo spumante per la festa”

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Uno dei protagonisti del Pisa dei miracoli ora gestisce una panetteria in centro dove vende anche il suo vino: “Avevamo un sogno chiuso nel cassetto da 34 anni, finalmente abbiamo trovato la chiave”

Oscar Maresca

La divisa nerazzurra è incorniciata accanto al bancone. Le pareti intorno sono tappezzate di foto che raccontano una vita di gol e successi. Oggi Lamberto Piovanelli ha sostituito la maglia del Pisa con un grembiule da lavoro. Insieme a sua moglie gestisce una panetteria a pochi passi dal centro: impasta il pane, cucina primi e secondi, riempie le botti con il vino di sua produzione. “Mi alzo ogni mattina alle 6, un’ora dopo accogliamo i primi clienti. È un mestiere faticoso, come tanti, però sono felice”. Adesso ancor di più, perché la squadra di Inzaghi è tornata in Serie A dopo 34 anni. Il Piova, come lo chiamano i tifosi, è stato uno dei protagonisti dell’ultimo Pisa dei miracoli: “C’era Lucescu e il mitico presidente Anconetani. In attacco, io e Padovano pronti a segnare”. Allo stadio non si perde una partita dei toscani. Per festeggiare l’impresa ha anche preparato una bottiglia speciale: “È lo spumante ufficiale della promozione, con il logo del club e quella fantastica firma che tutti aspettavamo: ‘Serie A 2025’”. 

Adesso sì che può cominciare la festa.

“Avevamo un sogno chiuso nel cassetto da 34 anni, finalmente abbiamo trovato la chiave. In città ho rivisto l’entusiasmo che c’era quando giocavo. Noi siamo riusciti a conquistare per due volte la Serie A. Ma il vero capolavoro lo ha fatto Inzaghi”.

Secondo lei, qual è stato il segreto? 

“Ha avuto forza e tanta lungimiranza. È riuscito a valorizzare i giocatori in maniera eccezionale: da Moreo a Touré, fino a Tramoni. Il francese è diventato il nostro bomber: è uno dei calciatori più forti di questa Serie B. Ha corsa, tempi di gioco, fiuto del gol. Il mister ha rivoluzionato il gruppo, nonostante un mercato senza colpi a effetto”.

Dal Pisa… al Verona. Con Inzaghi vi eravate incrociati in gialloblù, era l’estate del 1993. 

“È stato uno dei miei ultimi anni da calciatore, continuavo a infortunarmi: distorsioni al ginocchio, problemi alle caviglie. Avevo 29 anni, eppure mi sentivo finito. Quell’estate arrivò in ritiro un giovane Filippo Inzaghi, in panchina c’era Bortolo Mutti. Al primo allenamento gli dissi: ‘È un animale d’area di rigore. Se c’è lui, io non gioco più’. Feci le valigie e andai al Perugia. Però ho anche un altro aneddoto da raccontare”. 

“Un paio di settimane fa, Pippo è passato in negozio. Abbiamo chiacchierato tanto ricordando quei momenti al Verona. Non di Serie A, siamo entrambi scaramantici, era ancora presto”. 

Pure il mister ha preso una bottiglia per festeggiare? 

“È attentissimo all’alimentazione, aveva l’acqua naturale nello zaino (ride, ndr.). Per brindare a questa promozione sono sicuro che farà un’eccezione”. 

Una vita da calciatore, poi è stato dirigente e allenatore. Adesso sulla sua t-shirt c’è scritto: “Pane e Vino dal Piova”. 

“Mi piace definirlo un piccolo museo del calcio. Ci sono foto, cimeli, sciarpe, palloni, maglie del Pisa ovunque. Dopo la pandemia con mia moglie abbiamo aperto questo negozio di generi alimentari. C’è di tutto: dalla trippa alla pisana alle schiacciate, passando per il baccalà fino alla tipica torta coi bischeri. Il calcio è rimasto qui, incastrato tra i ricordi e nei discorsi con i clienti”. 

Non le manca nulla di quel mondo? 

“Meno lo conosci, più lo apprezzi. Non mi interessa continuare a vivere di pallone. Seguo la Serie A e il Pisa, voglio essere soltanto un tifoso. Prima gestivo uno dei parcheggi dell’aeroporto, oggi mi sveglio all’alba e ho sempre il grembiule sporco di farina”. 

Per i tifosi però resterà sempre bomber Piovanelli. 

“Sono partito dal Castelfiorentino con Spalletti nel 1983, poi ho giocato nell’Atalanta di Donadoni e Stromberg e poco dopo è arrivata l’offerta del presidente Anconetani. Si figuri, un fiorentino al Pisa, sembra una barzelletta. Invece è stato subito amore”. 

Dopo 38 anni, si parla ancora del suo gol alla Cremonese… 

“Un colpo di testa passato alla storia. Loro erano primi in classifica, c’era lo scontro diretto all’ultima giornata. Giocavamo in trasferta: Sclosa segna il primo gol, io raddoppio in tuffo. Nicoletti accorcia, ma finisce 2-1 per noi. È la rete più importante della mia carriera”. 

Le due stagioni successive in Serie A non riesce a essere decisivo. Perché? 

“Sono stati anni tremendi, sembravo un giocatore di golf, non un calciatore. Segnai cinque gol in due stagioni, gli infortuni non mi davano tregua. Tornammo in B e nel ’90 conquistammo la seconda promozione. In panchina arrivò Lucescu, un professore del calcio. Il presidente prese un giovane Diego Simeone. Il mister voleva che giocassimo sempre alla stessa maniera: aggressivi e senza paura. Sia contro il Napoli di Maradona che contro il Cesena”. 

Con la moglie

Nel dicembre di quell’anno, l’allora c.t. Vicini la chiamò anche in Nazionale. 

“Ero in panchina per la sfida di qualificazione agli Europei contro Cipro. In campo Bergomi, Ferrara, Schillaci. Una settimana dopo, Domini della Lazio entra in tackle e mi rompe la tibia. È stato l’inizio della fine. Accelerai il recupero, di nuovo tibia rotta”. 

Era già chiuso l’accordo tra Pisa e Juventus. Trapattoni l’avrebbe voluta accanto a Baggio. 

“Boniperti non era d’accordo. Sono arrivato in bianconero con il gesso, senza mai scendere in campo. Il presidente voleva mandarmi via dopo venti giorni di ritiro”. 

All’età di 31 anni ha detto basta. Rimpianti? 

“Ho giocato con Donadoni, Prandelli, Spalletti, Incocciati. Condiviso lo spogliatoio con Baggio e sfidato una leggenda come Maradona. Ho tanti amici nel calcio, mi basta questo”. 

Adesso ha anche un altro bel ricordo da aggiungere alla lista.

“Troverò un po’ di spazio tra le mensole del negozio per le bottiglie della promozione. Ce l’abbiamo fatta, 34 anni dopo, il Pisa è tornato in Serie A”.



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