Tre ragazzi del suo Pisa promosso in B raccontano il Gattuso degli esordi. “Schietto, generoso, fratello maggiore: non c’è un altro tecnico come lui”
“Avevo così tanto rispetto nei suoi confronti e, d’altra parte, lui mi intimidiva a tal punto che, quando avevo dei dubbi, prima passavo da Riccio, il suo “secondo”. Come quella volta che andai da Luigi per chiedergli che mi cambiasse posizione in campo: “Mi fate giocare esterno alto a sinistra; io mi troverei meglio sulla destra, a piede invertito. Puoi parlare con l’altro mister?”. “Sì, tranquillo, ma, se vuoi, parlaci tu con calma”, risponde Riccio, e io gli dico: “No, no, preferisco che glielo dici tu, sennò non succede niente”. Quella sera, passata mezzanotte, mi squilla il telefono. Era Gattuso. “Dove sei?”. “A casa, mister”. “Devo parlarti. Vieni da me, ti mando la posizione”. E io: “Ma mister, se mi devi dire qualcosa, tranquillo, domani mattina parliamo”. “No, adesso ti mando la posizione”. Casa sua era a 40 minuti e intanto si era già fatta l’una. Arrivo alle due, mi apre la moglie con in faccia un’espressione che diceva: “povero te”. Infatti, appena mi vede, il mister mi massacra: “Se mi devi dire qualcosa me la dici in faccia, sennò ti rimando in Uruguay, ti rispedisco da dove sei venuto. Tira fuori ’sti coglioni!”. Quando si parla, favoleggia, di stile-Gattuso, del carattere e della personalità del nuovo c.t. della Nazionale, chiedete informazioni a Lores Varela, che Gattuso ha incontrato a Palermo e da Gattuso è stato poi portato al Pisa, stagione 2015-16, quella della promozione in B dopo lo spareggio nella finale playoff col Foggia di De Zerbi, il primo successo del Rino allenatore.
devozione
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“La verità è che a lui voglio tanto bene per quello che è stato e ha fatto per me”, dice il 34enne uruguaiano, oggi aspirante diesse. “È sempre stato molto sincero. Vedevo un’aura intorno alla sua persona, gli bastava uno sguardo perché io restassi impietrito. Nei due anni insieme, lui parlava e io ascoltavo, credo non sia mai successo il contrario. A Palermo arrivai molto giovane, in squadra c’erano Dybala, Vasquez, Abel Hernandez, eppure mi faceva giocare; lui, che era stato campione del mondo”. Poi il Pisa e la consacrazione. “Mi chiedeva di andare a tremila. Gattuso ha il potere di far tornare umile anche il più presuntuoso in squadra, gli inculca lo spirito di gruppo e la voglia di lottare. Di sicuro le primedonne non gli piacciono. A Pisa ci ha dato tutto, nel vero senso della parola, perché in quel momento non c’era niente, perfino le bottiglie d’acqua per dissetarsi durante gli allenamenti, ed è vero che le comprava lui. E non solo: chiedeva alla Nike scarpe da calcio per i ragazzi che non potevano permettersele, voleva pagarci di tasca sua il premio promozione che non avevamo riscosso, e noi dicemmo di no”. “Pagò di tasca sua perfino creme e cerotti”, interviene Andrea Lisuzzo, difensore, un altro di quel Pisa dei miracoli. “E dire che non si era presentato benissimo: chiamato di fretta e furia a sostituire Favarin, esonerato prima ancora dell’inizio del campionato, si presentò in pantaloncini, arrivando diretto dalle vacanze. “Scusatemi, sono arrivato di corsa”, ci disse quando lo vedemmo così conciato. Da quel momento, ha sempre vestito la divisa della società”.
niente scorciatoie
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“È un allenatore che ami perché, come lui, in giro non ce n’è. È schietto, coerente. Da questo punto di vista, un uomo vero, che dice le cose in faccia. Nella gestione delle difficoltà e dei problemi preferisce la strada più lunga alle scorciatoie che spesso portano a compromessi. Gattuso è uno che non li tollera”, continua Lisuzzo. “È capace di trasferirti tutta la sua forza mentale, il principio del sacrificio e del lavorare sodo. Ecco, lui incomincia a diventare forte quando la situazione è critica”. Uno così, allora, è da prendere sempre, anche in Nazionale… “Non è il migliore del mondo”, risponde Lisuzzo, “ma è specializzato nelle situazioni difficili, perché ne ha attraversate tante: Ofi Creta, Hajduk, lo stesso Pisa, che non aveva alle spalle la società che c’è ora. Dove manca la stabilità, lui diventa il punto di riferimento. Magari vedi che storce il naso su alcune cose, ma in fondo gli piace trovarsi in certe situazioni. Fondamentalmente è un masochista, gli piace soffrire. È certamente un tecnico carismatico”.
c’è da spostare una macchina
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Uno fatto in questa maniera non ha paura di nulla. Neanche di uno stadio infuocato come era lo Zaccheria di Foggia il 12 giugno 2016, data della partita di ritorno della finale playoff tra il Pisa e la squadra di De Zerbi. “All’andata avevamo vinto 4-2. L’errore dei foggiani fu creare tensione già prima della partita: in quel modo misero Rino nella sua comfort zone. Ci aspettarono nel sottopassaggio cercando di menarci, piazzarono un’auto nella metà campo dove dovevamo fare la sgambata prepartita e aprirono gli irrigatori. Gattuso, da solo, spinse l’auto nella metà campo avversaria”. Lisuzzo, ti saresti mai aspettato di vederlo ct? “Magari non così presto, ma gli va riconosciuta la giusta importanza come tecnico. Anche perché è circondato da gente che, oltre al carattere, ci mette la testa e lo studio. A iniziare da Gigi Riccio, senza il quale Rino sarebbe un allenatore a metà”. “In un Pisa deficitario dal punto di vista economico e organizzativo, Gattuso è stato in grado di tenerci uniti e concentrati, lucidi, fino al raggiungimento dell’obiettivo promozione”, conferma Paolo Rozzio, pure lui difensore di quel Pisa. “Nei suoi allenamenti, molto intensi, era un martello: vietato mollare. Nessuno, soprattutto i giocatori di qualità, potevano permettersi di farlo: a Varela tirava certi scappellotti… Diciamo che è un allenatore molto “fisico”. Ma il risultato fu che, durante i playoff per la B, anche quelli che giocarono meno come il sottoscritto si sentirono pienamente coinvolti e protagonisti, a modo loro, della promozione. Gattuso commissario tecnico? Onestamente non me lo sarei aspettato, ma in questi anni secondo me è migliorato molto come stratega, pur mantenendo intatta la sua qualità principale, quella di tenere altissimo il livello mentale di una squadra”.
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