Nello spogliatoio del Manuzzi di playoff non si parla, ma sognare è lecito, soprattutto con un trascinatore così: “Ho lavorato tanto per migliorare focus e attenzione in campo. Quando la mente guida il corpo sei decisivo”
Il ragazzino coi capelli a caschetto che abbracciava Dzeko per festeggiare il suo primo assist in giallorosso è diventato un attaccante da oltre 150 presenze in Serie B. Oggi Mirko Antonucci trascina il sorprendente Cesena: la squadra di Mignani – da neopromossa – è sesta in classifica davanti a big come Palermo, Bari e Sampdoria. Eppure, nello spogliatoio del Manuzzi di playoff non si parla: “Il nostro obiettivo resta la salvezza. È il primo traguardo da raggiungere”. Finora il classe ’99 ha realizzato 3 gol in 26 presenze, l’ultimo da ex sabato contro la Salernitana: “Ho lavorato tanto su di me per migliorare il focus e l’attenzione in campo. Quando la mente guida il corpo riesci sempre a essere decisivo”.
Ha ritrovato il feeling con la porta e il Cesena ringrazia.
“È un periodo positivo per me, sia fisicamente che mentalmente. Con la squadra abbiamo conquistato punti importanti nelle ultime partite, questo ci aiuta ad avvicinarci alla salvezza”.
La classifica dice 40 punti, il Catanzaro quarto è soltanto a +3.
“Mister Mignani ci ripete sempre che dobbiamo imporre il nostro gioco. È l’aspetto su cui ci concentriamo di più in settimana, così in partita siamo pronti. Facciamo il nostro, i risultati li vedremo a fine campionato”.
Antonucci, Shpendi, La Gumina, Russo, Tavsan. Lì davanti c’è tanta concorrenza.
“Ho un rapporto speciale con tutti i compagni, insieme ci troviamo benissimo. Parlo tanto con Flavio Russo. Lui è giovane, provo a dargli dei consigli, ci scambiamo anche suggerimenti tattici. Come facevano Dzeko e gli altri quando ero alla Roma”.

Nel 2018, a quasi 19 anni, Di Francesco la manda in campo al Ferraris contro la Sampdoria. Con i blucerchiati avanti 1-0…
“E io con un cross mando in gol Dzeko per l’1-1 finale. Erano tutti felici, io faticavo a credere di aver avverato il sogno di debuttare con la maglia giallorossa. Fino a qualche anno prima li guardavo tutti dalla tv. Poi mi sono ritrovato seduto nello spogliatoio accanto a Kolarov, Nainggolan, Pellegrini, Florenzi”.
Qual è il ricordo più bello legato alla Roma?
“Non è in campo, ma sugli spalti. Milan-Roma, 15 marzo 2008: la prima volta all’Olimpico. Ricordo ancora i marcatori: Kakà la sblocca, Giuly pareggia e Vucinic ci fa vincere. C’era pure Totti, da sempre il mio idolo”.
Pure lui se l’è ritrovato a Trigoria.
“Fin da piccolo sono cresciuto con le sue giocate. Quando nel 2019 sono tornato in giallorosso lui lavorava come dirigente. Ogni tanto chiacchieravamo, ma sulle questioni di campo non entrava”.

In pieno Covid si trasferisce in Portogallo al Vitoria Setubal. Che esperienza è stata?
“Difficile, però fa parte del percorso. Durante la pandemia si è giocato poco, poi sono successe delle cose e mi sono trovato in una situazione spiacevole in cui non avevo colpe. Ho rispettato la volontà della società e sono tornato in Italia”.
Per ritrovare continuità è andato in prestito alla Salernitana in B. Ma a fine anno gioca appena tre partite.
“Arrivavo da due stagioni complicate e con poco spazio. Conquistammo la promozione, in quel momento qualcosa è cambiato dentro di me, come un click. Ho cominciato a lavorare insieme a un mental coach, con cui collaboro tutt’oggi. Concentrarmi sull’aspetto psicologico mi ha aiutato tantissimo. Prima non giocavo e non stavo bene”.
In quel periodo ha mai pensato di mollare tutto?
“Sì, è capitato anche questo. Ho lavorato per togliermi quell’idea, ci ho messo tanto e sono ripartito. Serve affrontare le difficoltà e reagire. Oggi tengo sempre a mente le sensazioni che provavo per non ricadere in quel vortice. Adesso quando tutto va per il meglio riesco a mantenere il focus”.
Per un calciatore conta più la mente o il fisico?
“Se la testa non va, non vanno neppure le gambe”.
Fuori dal campo chi sono i suoi punti fermi?
“Dedico le giornate a mia figlia Sophie e alla mia compagna Stephanie. Ci piace passeggiare per la città con la mascotte di casa, il nostro Astral”.
Lei ha tantissimi tatuaggi. Ce n’è uno a cui è più legato?
“Tutti raccontano una storia. Ne scelgo due: il nome di mia figlia e quello di mia madre”.
E se il Cesena dovesse arrivare ai playoff?
“Un po’ di spazio ce l’ho, vediamo come va”.
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