Caicedo: “Inzaghi ti coinvolge, alla Lazio eravamo una famiglia. Senza Covid…”

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Le parole dell’ex attaccante biancoceleste, oggi al Barcelona Guayaquil, che ha ripercorso i momenti salienti della sua avventura capitolina

Intervenuto nel corso di una lunga intervista ai microfoni di Fanpage, l’ex attaccante biancoceleste Felipe Caicedo è tornato a parlare della sua esperienza nella Capitale. Alla Lazio dal 2017 al 2021, l’ex Manchester City ed Espanyol classe 1988, oggi in forza al Barcelona Guayaquil, società ecuadoregna, ha raccontato i momenti salienti della sua avventura biancoceleste, partendo dal suo rapporto con Simone Inzaghi, passando per l’emozione del derby della Capitale e arrivando fino all’impresa solo sfiorata dello Scudetto nella stagione 2019-2020, quando il Covid si frappose tra i biancocelesti ed il Tricolore. Queste le sue parole.

 “Dal primo giorno l’ho visto litigare con Felipe Anderson. Litigò con lui perché non gli era piaciuto l’atteggiamento di Felipe. Dopo 5 minuti fu tutto risate e abbracci, è così. Lui ti fa capire da subito che devi vincere e dare tutto, facendoti sentire coinvolto. In quel senso è il numero uno. Incomprensioni con Inzaghi? Solo un paio di volte. Ricordo che a Milano in un’occasione era arrabbiato con tutti. Ma alla Lazio eravamo una famiglia, si litigava ma dopo 10-15 minuti si finiva di nuovo tutti insieme.

La forza di Simone è che tutti devono andare nella stessa direzione. Avremmo potuto vincere lo scudetto? Sì, perché eravamo una squadra forte, con una mentalità vincente. La mia sensazione era quella che senza il Covid saremmo arrivati fino in fondo per poter vincere lo Scudetto. Le altre non stavano benissimo, noi eravamo più forti. Quando hanno affrontato la Lazio è stata una cosa imbarazzante, non si può giocare così.

“La Juve è una squadra che condiziona tanto gli arbitri. Vanno in confusione perché è una squadra così importante sul piano mediatico finisce per condizionare. In quella gara ho visto un arbitraggio che non mi è piaciuto. Un’esperienza meravigliosa. Solo il primo anno è stato di adattamento in una piazza calda, non semplice, passionale, però poi tutto è migliorato e sono stato benissimo. Stiamo parlando di una squadra che mi ha fatto diventare uomo in tutti gli aspetti e ho solo ricordi importanti in biancoceleste.

Prima del derby? Mi dissero che quei derby andavano vissuti come se fosse l’unica partita che conta. A Roma è così, devi vincere il derby altrimenti non va bene. Come spiego il derby fuori dall’Italia? Glielo faccio capire dicendo che la Lazio è la prima squadra della capitale, la squadra più forte di Roma con i tifosi più belli di Roma. Il tifo organizzato della Lazio è bellissimo. Ho giocato in tantissime squadre ma quello che fa la Curva Nord tra coreografie e striscioni non l’avevo mai visto prima. È una cosa bellissima.

Il mister era un po’ scaramantico, doveva buttarmi in campo sempre allo stesso tempo ripetendo sempre la stessa cosa, come un rituale. Lui era ed è molto particolare, ma gli andava per fortuna sempre bene e abbiamo vinto parecchio. Quello a Cagliari? È stata una roba che non ti posso spiegare. Eravamo sotto contro una squadra che andava forte in quel momento, non perdevano da tante partite.

Sapevamo fosse una partita difficile, anche perché eravamo sotto. Luis Alberto la pareggiò prima del mio ingresso in campo. Da lì ricordo solo di aver fatto un salto più in alto di Ronaldo al Real Madrid: feci un gol di testa incredibile. È un grande uomo, una persona per bene. Mi ha dato una grande mano quando ero alla Lazio. Lui con me è stato generoso, mi ha anche parlato tanto quando le cose non andavano benissimo”. 

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