Milan, la scelta di Allegri e i segnali di svolta

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I rossoneri hanno scelto un allenatore che può piacere o meno, ma è indiscutibilmente un vincente.

Stefano Agresti

Giornalista

Arrivano segnali positivi dal mondo Milan. Era l’ora, dirà qualcuno, e probabilmente ha ragione, ma gli ultimi movimenti del club fanno pensare che qualcosa sia davvero cambiato, che qualcosa si sia capito. La scelta di Allegri, innanzitutto: un allenatore che può piacere o meno per il calcio che fa esprimere alle sue squadre, ma è indiscutibilmente un vincente; un professionista di acclarata esperienza, che sa navigare nel mare calmo e con il vento a favore però anche quando c’è tempesta; un uomo di personalità, abituato a trattare con i campioni veri e con quelli presunti. Ci voleva uno così in una società che di uomini di calcio, fino alla settimana scorsa, non ne aveva. Ibrahimovic, del resto, è stato un fenomeno con il pallone tra i piedi ma non ha alcuna esperienza di scrivania, di mercato, di gestione degli uomini e degli spogliatoi, benché ne abbia frequentati di prestigiosissimi. Serviva un Allegri, insomma. Ed è arrivato Allegri. Mossa azzeccata. 

Italian head coach of Ac Milan, Massimiliano Allegri (C), and Italian forward Antonio Cassano (R) celebrate after winning the Italian Serie A Championships at the end of the soccer match against As Roma at Olimpico stadium in Rome, Italy on 07 May 2011. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

la firma

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Il fatto che Allegri abbia firmato pochi giorni dopo l’insediamento di Tare come direttore sportivo non è un caso. È stato ingaggiato un dirigente con un vissuto nel calcio e ha subito dato un indirizzo preciso al Milan. Perché? Semplice: perché è arrivato con le idee chiare. E probabilmente le ha chiarite anche a chi di idee ne aveva tante e magari buone, solo un po’ confuse. Il nuovo ds sapeva che il club rossonero aveva la necessità di prendere un tecnico che diventasse un punto di riferimento per tutti, squadra e società, e ha indirizzato la rotta verso Allegri proprio mentre sembrava vicino al Napoli. Non un nome nuovo per questo Milan, che aveva pensato a Max anche qualche settimana fa (c’era stata pure una telefonata conoscitiva con Furlani). Solo che si continuava a prendere tempo, a girare attorno all’obiettivo, a discutere un po’ con un allenatore e un po’ con un altro, anche con professionisti dalle caratteristiche completamente differenti: l’esperto e l’emergente, quello che bada al risultato e quello che cura l’estetica. Segnali che testimoniavano – appunto – la difficoltà nel cancellare la nebbia, nel fare chiarezza.

L'allenatore del Milan Massimiliano Allegri durante il primo allenamento della stagione oggi, 9 luglio 2012, presso il centro sportivo di Milanello a Carnago, Varese. ANSA / MATTEO BAZZI

le scelte

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D’improvviso, negli ultimi tre giorni, la foschia è stata spazzata via, il cielo è tornato limpido e si è andati dritti alla meta. Tare è un estimatore di Allegri da sempre, ora potrà lavorare con lui. Allegri è stato a lungo oggetto di una campagna che ne ha sminuito i meriti. È stato perfino fatto passare per uno capitato su panchine importanti – il Milan, la Juve – quasi per caso. Come se si potessero vincere per caso sei scudetti (solo Trapattoni ne ha conquistati di più nella storia del nostro calcio) e un po’ di coppe. Come se si potessero raggiungere per caso due finali di Champions con una squadra che secondo molti, Conte in primis, non era competitiva a livello internazionale. Poi è vero che il calcio di Max raramente ha rubato l’occhio, ed è vero anche che non entrerà nella storia per il modo con cui ha vinto. Ci entrerà, però, per quello che ha vinto: vi sembra poco? Allegri ha soprattutto una caratteristica: ottiene il massimo dai giocatori e dai gruppi che gli vengono affidati. Se ha un organico da terzo posto, è difficile che arrivi quarto o quinto; molto più probabile che si piazzi primo o secondo. Per questo è giusto che il Milan – nei giorni che possono consacrare l’Inter regina d’Europa – guardi al futuro con ottimismo. Perché la squadra va sicuramente migliorata, arricchita, perfezionata, ma non è affatto povera di qualità. Anzi, ha una base che può essere competitiva ai massimi livelli, almeno in Italia. 

GENOA, ITALY - MAY 5: Rafael Leao of Milan (right) celebrates with his team-mate Theo Hernandez after scoring a goal during the Serie A match between Genoa and AC Milan at Stadio Luigi Ferraris on May 5, 2025 in Genoa, Italy. (Photo by Simone Arveda/Getty Images)

il futuro

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Ci sono tanti giocatori sui quali si può costruire: da Maignan a Leao, da Theo Hernandez a Pulisic, da Fofana a Gimenez, fino ad arrivare a Reijnders nel caso in cui non venga ceduto al Manchester City (se partisse dovrebbe essere sostituito in modo adeguato e non sarà facile). Non abbiamo inserito per caso in questa lista Maignan, Leao e soprattutto Theo, calciatori che negli ultimi mesi sono finiti spesso nell’elenco delle delusioni e dei bocciati, quindi dei partenti. Abbiamo la sensazione che il Milan del nuovo corso, il Milan di Allegri e Tare, cercherà in ogni modo di tenerseli stretti e di riportarli ai livelli dell’anno magico, quello dello scudetto. Perché le squadre importanti devono avere una società solida e con le idee chiare, un allenatore vincente e, ovviamente, grandi calciatori. E quando i grandi calciatori ci sono, i dirigenti e i tecnici intelligenti cercano di tenerseli e farli



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