La Procura Figc a un passo dalla chiusura dell’inchiesta: a breve termineranno gli interrogatori. Il mese prossimo via agli avvisi con le contestazioni. A quel punto, gli avvisati potranno patteggiare o andare subito in tribunale
Mentre i vertici del calcio e la politica continuano a discutere su quali possano essere le mosse migliori per garantire al mondo del calcio una nuova e duratura sicurezza, la Procura federale si muove spedita nelle indagini sul processo ultras, ovvero la parte legata alla giustizia sportiva dell’inchiesta Doppia Curva avviata dai pm di Milano. Gli imputati sul fronte penale sono gli ex vertici delle curve di Inter e Milan, Marco Ferdico e Andrea Beretta per la Nord nerazzurra e Luca Lucci per la Sud rossonera, e altri 16 ultras arrestati con loro il 30 settembre nella maxi indagine di Polizia e Guardia di Finanza coordinata dai pm della Dda Paolo Storari e Sara Ombra: l’accusa è di associazione a delinquere, con l’aggravante mafiosa per i tifosi interisti. Ma questa storia si risolverà nelle aule del capoluogo lombardo, dove i pm sono arrivati alla chiusura delle indagini. A noi ora interessano i risvolti prettamente sportivi.
Interrogatori
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Giuseppe Chinè, che è a capo della Procura della Figc, subito dopo gli arresti ha chiesto alla Procura milanese gli atti dell’indagine. Ha dovuto attendere un po’: i preziosi documenti sono arrivati sui tavoli dei suoi uffici in via Campania il 27 novembre, con immediata apertura di un fascicolo sportivo. Faldoni con centinaia di verbali, che hanno avuto anche più di un’integrazione: in totale circa 15 mila pagine di inchiesta, tra cui gli interrogatori di calciatori e dirigenti che si sono svolti nei mesi scorsi a Milano. Chinè ne ha voluti inevitabilmente fare altri: la giustizia ordinaria aveva infatti trascurato le testimonianze di alcuni soggetti, ritenuti invece potenzialmente interessanti da quella sportiva, come per esempio gli Slo dei due club, ovvero le persone che fungono da raccordo tra tifoserie e società. Non tutti i nomi altisonanti di questa vicenda – Calhanoglu, Inzaghi, Zanetti, Calabria – sono stati ascoltati nuovamente dal procuratore federale: in alcuni casi Chinè ha ritenuto sufficienti le dichiarazioni rese ai pm. Una cosa è certa: gli interrogatori anche sul fronte sportivo sono a un passo dalla chiusura, adesso si passa a una nuova fase.
Verso la chiusura
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Nel corso della prossima settimana si tireranno le fila del processo e verranno preparati gli avvisi di conclusione indagine che precedono i deferimenti. Entro la prima settimana di marzo dovrebbero partire gli avvisi con le contestazioni: da quel momento chi riceverà l’atto, che sia la società o un tesserato, avrà 15 giorni per farsi interrogare, presentare memorie difensive o chiedere un eventuale patteggiamento per ottenere il dimezzamento della pena. Scaduti i 15 giorni scatteranno i deferimenti. In pratica – se le contestazioni saranno più pesanti del previsto e i tesserati di Inter e Milano decidessero di andare avanti senza patteggiare – il processo sportivo dovrebbe tenersi ad aprile in primo grado ed eventualmente a maggio in secondo grado. L’avviso di chiusura indagini arriverà principalmente a chi è stato già ascoltato a Milano, anche se c’è qualche posizione ancora in bilico che Chinè si riserva di valutare nei prossimi giorni.
Chiarezza
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L’idea è dunque quella di chiudere la stagione senza più ombre, almeno sui possibili rapporti di alcuni tesserati di Milan e Inter (le posizioni più a rischio sono quelle di Calhanoglu e l’ormai ex rossonero Calabria) con alcune frange di tifoseria. Il Codice di Giustizia sportiva non lo permette e in un momento come questo occorre fare chiarezza al più presto. Del resto giusto due giorni fa il presidente della Figc Gravina è tornato sul tema, suggerendo la formula del pre-Daspo (“Chiunque sia stato condannato per atti di violenza anche al di fuori del mondo sportivo sia allontanato dagli stadi”) e ribadendo la funzione di controllo che la Federazione ha sui club nell’effettuare il ritiro del gradimento dei tifosi che si macchino di qualsiasi forma di violenza, pena sanzioni per le società. E proprio ieri il presidente del Coni Giovanni Malagò, ascoltato in commissione antimafia alla Camera, ha detto di essere “da sempre un grande sostenitore del modello inglese con cui sono stati sconfitti gli hooligans, con il tribunale nello stadio e il processo per direttissima. Non si è mai voluto fare”. Serve davvero questo?
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