Il “prof” Saponara ha detto basta: è entrato nello staff tecnico della Carrarese in Serie

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L’ex Milan lascia a 34 anni, passando dalla trequarti alla panchina quasi in sordina, dopo aver girato l’Italia vestendo tantissime maglie

Lorenzo Cascini

C’è un problema per i calciatori come lui, abituati a giocare il pallone in quel pezzetto di campo che è terra di mezzo di attaccanti e centrocampisti, con il piglio di chi sa inventare: il dover sempre necessariamente stupire. Saponara in quello spazio felice ha trovato la sua dimensione, che in quindici anni di carriera è stata per lui croce e delizia. Una cartina tornasole con sfumature di luce differenti. Ha iniziato a Empoli con Aglietti e ha proseguito con Sarri, allenatori capaci di tirare fuori la sua versione migliore, bravi a farlo sentire un giocatore di talento. E soprattutto a renderlo libero di dipingere. In altre piazze, invece, ha faticato – in primis al Milan – per poi finire svincolato e oggi a addirittura arrivare dire basta col calcio giocato. 

Collaboratore tecnico

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 Riccardo lascia a 34 anni, quasi in sordina, lontano dai riflettori. Caratteristica che l’ha sempre accompagnato in carriera. Il voler stare lontano dalla ribalta, avversario di microfoni e interviste. Uno che le prime volte chiedeva ai giornalisti “come funziona con le foto” perché non era abituato. Smetterà di fluttuare sulla trequarti, passando ora in panchina. Da lunedì infatti farà parte dello staff tecnico della Carrarese in Serie B. Dovrà imparare a convivere con quella fastidiosa sensazione che hai non appena smetti di giocare nel vedere gli altri che si allenano, quando tu una sgambata te la faresti volentieri e il gruppo sei abituato a rappresentarlo in prima persona. Cambierà innanzitutto la prospettiva. 

Il professore

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 Saponara, però, è molto più di un trequartista o uno con i piedi buoni. È un ragazzo che ha qualità umane e tecniche superiori, perfette per aiutare i più giovani. A Firenze Vlahovic lo chiamava “il professore”. In spogliatoio per molti era “il maestro”. Passava lunghe mattinate agli Uffizi, perso Botticelli, Michelangelo e Raffaello. Una sua qualità è sempre stata l’equilibrio: è nato con le qualità da generale, baciato dal talento, ma ha sempre vissuto da soldato. Dedito al gruppo, ordinato, mai esuberante. A testa alta, ma senza alzare la cresta. Sarà così anche da collaboratore tecnico. 

Da Forlì al ritiro

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 Il suo Giro d’Italia ha toccato tante punte diverse dello stivale, da nord a sud. Dalla sua Romagna, la Forlì dove ancora va in vacanza, alla Toscana che è stata casa. Empoli, Firenze e ora Carrara. Centoventi chilometri in cui sono racchiusi lampi e vette del suo vissuto. Poi ancora Genova, La Spezia, Lecce e Verona. E c’è un passaggio fondamentale da fare sulla salute mentale: Riccardo da ragazzino, quando giocava nella Primavera dell’Empoli, aveva già un mental coach, per superare “quella specie di blocco che mi impediva di giocare come sapevo. Avevo il pensiero fisso alla famiglia, alla città, agli amici. Non ero riuscito a staccarmi veramente da tutti loro”. 

Gli allenatori

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Avrà poi modo di prendere ispirazione. Ha avuto grandi maestri, Allegri, Sarri & Co. Negli ultimi mesi è stato da De Zerbi a Marsiglia, a Bologna da Italiano e ha raccontato di divorare partite su partite su Wyscout. Studiare per farsi trovare pronto a entrare in uno staff. Sarri in un’intervista al Corriere l’ha citato tra i giocatori più forti mai allenati, lo voleva portare a Napoli e l’ha sempre cercato di valorizzare. Allegri, invece, l’ha lanciato da titolare in un derby senza dirglielo in anticipo, per non far vincere l’ansia. A Milano ha avuto l’onore di giocare con Kakà, anche lui trequartista, anche lui Ricky. Uno da cui imparare in ogni movimento, sia in campo che fuori. Da oggi avrà da insegnare tutto questo, a partire dalla sua sensibilità, lo porterà in spogliatoio. A Carrara lo aspettano.



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