Il modus operandi dell’allenatore italiano per vincere nonostante le difficoltà
Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che… vince. Nel calcio funziona così e Antonio Conte l’ha ribadito al termine di Lecce-Napoli. “Nessuno si ricorda di chi arriva secondo, la storia la scrive chi vince”. È tutto o niente, per l’allenatore, che ha l’indiscusso merito di essere riuscito a cambiare radicalmente la concezione del lavoro quotidiano, instaurando una mentalità vincente pressoché ovunque. Non bisogna mai perdere gli occhi dall’obiettivo, la gloria è l’unica strada percorribile, anche per una squadra che l’anno scorso ha finito al decimo posto e aveva come obiettivo minimo quello di rientrare nelle prime quattro per tornare in Champions League. In nome di questo ideale, Conte ha un modus operandi ben preciso e l’ideologia non è troppo diversa dalla sua prima Juventus. Riparte dalla compattezza. La sua formazione, per poter vincere, non deve subire. Il Napoli, nella fase cruciale del campionato, ha serrato i ranghi. Non subisce gol da quattro partite consecutive, è la miglior difesa della Serie A con 25 reti al passivo, almeno sei in meno di chi gli succede in questa classifica (Atalanta e Juve a 31).
corto muso
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In nome di questo ideale, Conte è disposto a sacrificare il furore della fase offensiva. A meno che non segni dieci gol nelle restanti tre partite – ed è un’ipotesi che al momento appare remota – il Napoli potrebbe diventare la squadra campione d’Italia col minor numero di reti all’attivo. Ora ne sono 55. Il Milan nel 2011 era arrivato a 65. Ironia della sorte, l’Inter è ha fissato invece il primato a 89 sia nel 2021 che l’anno scorso. E quattro stagioni fa la allenava proprio Conte. Ma quel gruppo non aveva bisogno di essere riprogrammato, questo invece sì. E allora va bene anche segnare poco e vincere ben sette partite per 1-0.
romelu lukaku
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Nei primi mesi del campionato, quando si faceva ancora fatica a immaginare che il Napoli potesse reggere al vertice fino alla fine, Lukaku è stato spesso bersaglio delle critiche. L’attaccante così voluto da Conte è poco prolifico. In effetti, il belga ha siglato 12 reti in Serie A. In nerazzurro, durante il biennio di sodalizio con l’allenatore, andava a tutt’altra velocità (34 reti nel 2020, 30 nel 2021). Ma col tempo l’attenzione si è spostata anche su un altro dato: Lukaku, insieme a Pulisic e Bellanova, è il miglior assistman del campionato con 10. E solo lo statunitense è in doppia cifra di gol come lui. Nelle 130 partite disputate con Antonio Conte in panchina, l’attaccante ha segnato o servito un assist in 103 occasioni. I numeri sono tutti a sostegno della realtà che osserviamo ogni settimana: il Napoli è consapevole dei propri limiti, ma ha saputo esaltarsi lo stesso. Anzi, sembra quasi che abbia tratto forza dalle difficoltà. È stato martoriato dagli infortuni, a gennaio ha perso il suo calciatore migliore che non è stato degnamente sostituito e non è stato preso quel rinforzo d’esperienza in difesa che a Conte sarebbe tornato utilissimo specialmente adesso che Buongiorno è fuori dai giochi. Eppure, la bussola non è stata mai smarrita. Merito di un ottimo generale.
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