De Laurentiis: “Seguo quello che dice Conte, amma faticà! Così ho avuto successo nel calcio”

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Sui grandi del cinema: “Abbiamo avuto grandi registi come Rossellini, De Sica, Comencini, poi un momento di ricostruzione del paese che ci ha regalato Oscar con Fellini, ad inizio anni ’60 eravamo la seconda cinematografia del mondo perché avevamo realizzato che il film di genere era quello più appetibile dal pubblico: l’horror di Bava, il western di Leone, ad un certo punto gli americani si sono spaventati quando hanno visto che l’Italia era seconda nel mondo per esportazione. Convinsero un piccolo partito italiano, i socialdemocratici, e nel 1965 c’è stata una legge che ha affossato il cinema a livello industriale, altrimenti non veniva riconosciuta la nazionalità italiana e non si poteva partecipare ai premi governativi. Ora è tutto cambiato: iniziano a venir fuori le varie piattaforme, tutti credono di modificare la creatività raccontando nelle serie tv la realtà che ci circonda, e quando scatta il Covid tutti chiusi in casa scopriamo la validità della compagnia dello streaming, dove possiamo vedere i film del passato e quelli recenti, e possiamo affezionarci a delle serie televisive di successo o ben fatte. Ora al produttore c’è poco spazio per far crescere la propria attività, abbiamo John Boyd che è diventato consulente di Trump e che vuole tornare alle origini, dando titolarità dei diritti ai produttori, che può ri-licenziarli altre volte senza essere soggetto a regole di strangolamento puro”.

Su Napoli: “Napoli è diventata un grande teatro di posa, i napoletani hanno una marcia in più: sono abituati a sofferenza e dominazione ma poi si riscattano”.

Su come rilanciare il cinema italiano: “Per rilanciare il cinema italiano di cosa c’è bisogno? Il problema è di valutazione, siamo un paese che ha cose che altri non hanno: la bellezza. Che però non sappiamo gestire e non sappiamo mettere a sistema. I più bei monumenti, i più bei teatri, le opere d’arte, i musei. Il Gattopardo è una produzione televisiva che si rifà al romanzo ma non al film di Visconti, ma a chi fanno dirigere quattro puntate? Un inglese. A Capodimonte abbiamo avuto un direttore francese, gli stranieri hanno maggior rispetto e consapevolezza dei nostri valori e li fanno risaltare, noi non sappiamo giocare in casa”.

Sul ministero della cultura: “Il ministero della Cultura ha avuto sempre parcheggiate persone che politicamente non sapevano dove parcheggiare, l’unico ministro conosciuto con gli attributi era Dario Franceschini che ha portato immediatamente i 70 milioni destinati al cinema e al mondo audiovisivo fino a 600 milioni. Se però poi il ministero distribuisce male questi fondi, uno si deve arrabbiare e vengono fuori le polemiche.

Sulle polemiche e il suo successo: “Troppe polemiche? Se ad un certo punto io permetto a persone che fanno altre attività, di salumeria, di macelleria, di impadronirsi di determinati fondi per opere che non hanno mai avuto programmazione, il sistema non esiste. Non è detto che il ministro debba avere l’esperienza di me che ho iniziato a 19 anni, a 25 anni ho prodotto e autofinanziato il mio primo film: non mi sono spaventato, ho continuato a fare la gavetta e a 32-33 anni mi sono detto che potevo conquistare il mondo. In America ho fatto film da protagonista, non mi sono spaventato di fronte a film che costavano 70 milioni di dollari. In un ministero serve una sezione operativa, non devono esserci ritardi. Dei 600 milioni, ne erano stati destinati 25 al restauro delle sale o all’apertura di nuove: non sono stati distribuiti. Quest’anno ce ne sono altri 25, per arrivare a 75 milioni, ma ci sono sale che versano in condizioni pazzesche. Si vuole chiuderla ed il cinema italiano si ribella? Uno può fare il politico quanto vuole, ma l’imprenditoria è altro: io perché ho avuto successo nel calcio? Per la grande disciplina che ho acquisito nel cinema, se uno realizza prodotti dell’ingegno attraverso un processo industriale, quella è la più grossa scuola del mondo e puoi fare ogni altra attività, vedi il particolare nel totale. Quando mi inquieto perché non so dove stanno i proprietari di un’azienda perché fanno parte di un fondo, io vedo il fondo e non il cielo”.

Sull’esempio di Conte: “Bisogna mettersi in testa quello che dice Conte, amma fatica’ perché le cose non te le regala nessuno. Quando sento dire che uno fa i film per sé, è bocciato perché il cinema è un ponte per il pubblico che è mio committente. Io devo cercare di dargli un’opera che accontenti tutti, non solo pochi eletti”.

Sugli scudetti del Napoli:“La cosa che mi ha fatto più piacere nella vita? Gli scudetti con il Napoli sono stati un bagno di muto regalo con un popolo. Quando abbiamo fatto la sfilata la Rai in 90 minuti ha fatto 70 milioni di spettatori, questo rende l’idea”. 

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