Bologna, Orsolini sul futuro: “Mal di pancia? No qui sto bene, ma…”

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L’ala che piace: “Non ho mai chiesto di andare via, sarebbe un dispiacere partire, poi il mercato dirà”

Matteo Dalla Vite

Giornalista

La caccia all’Orso va fermata? “Non ho mal di pancia e non ho mai espresso la volontà di andare via, alla società e tantomeno al mio entourage. Poi…”. Poi. Riccardo Orsolini, dieci giorni fa a Valles, restò vago sull’idea di diventare bandiera del Bologna con allungamento fino al 2029. Ora Orso spiega perché, percome, varie ed eventuali. Perso anche Ndoye, Bologna non vuole salutare il ragazzo che è diventato simbolo con i gol e i sorrisi da quel lontano gennaio 2018. “Il sorriso per me è come gli spinaci per braccio di ferro. Ma a volte è pure una maschera…”.

Come le disse Gianni Morandi: sarebbe un peccato se lei se ne andasse.

“Sono tanti anni che sto qui, vuoi o non vuoi ti affezionai alla piazza, ai tifosi, come con una fidanzata con cui stai da molti anni e se ti ci lasci ti dispiace. Confermo: sarebbe un peccato”.

Ma il rischio c’è o no?

“Quando mi avete visto serio in conferenza è che non volevo parlare della mia situazione, volevo evitare certi argomenti: quando parlo dico sempre la verità con schiettezza, bella o brutta che sia, e così oggi le dico che non ho mai espresso la volontà di andare via, alla società e tantomeno al mio entourage. Ho detto solo che eventualmente se dovessero verificarsi offerte concrete, prima bisogna passare dalla società e poi se dirà sì allora la palla passerà a me. Non fasciamoci la testa. Telefonate ce ne sono state ma…”.

Dall’Arabia, dall’Italia e dall’estero: ma?

“Io non voglio mettere punti interrogativi, creare situazioni ambigue: ho il piacere di rimanere, non ho mal di pancia, non ci sono frizioni, sto bene qui. Di Vaio ha detto che sul mercato può accadere di tutto tranne che per me? L’ha detto un esponente del club, quindi è un attestato di stima notevole. Ma lo sappiamo: il calciomercato è folle, gli ultimi giorni sono una centrifuga. Però ripeto: Orsolini non sta a fare le guerre per andare via”.

Cosa può accadere per farle mettere l’elmetto?

“Queste cose sono scelte personali, come per Beukema: ci può essere ambizione a palcoscenici top, voler cambiare aria, il fascino dell’estero, la questione economica, oppure famigliare. Tanti fattori possono entrare nelle valutazioni. Quando ci si troverà davanti alla situazione, e se, si rifletterà. Faccio il professionista sì, ma sono legato indissolubilmente a Bologna”.

Rinnovare significa anche alzare l’ingaggio oltre il tetto che già tocca: è lì il problema?

“Non mi piace parlare di cifre. Se c’è un tempo limite? Mi trova impreparato…”.

Questa la sa: perché Orsolini è così amato?

“Mi fa enormemente piacere l’affetto che vedo. Non solo nei tifosi del Bologna: quando vado in giro anche altrove accade, avrò la faccia da schiaffi, simpatica. La spiegazione? Forse è l’elogio della normalità: penso di essere una persona normale in un mondo che da fuori sembra poco normale. Cerco di essere me stesso sempre: ed è questo forse che piace alla gente, che ci avvicina. Non c’è segreto, non c’è finzione, sono trasparente”.

Italiano è il miglior tecnico avuto: conferma?

“Per me sicuro, visto il livello realizzativo raggiunto lo scorso anno che mi ha anche ridato la Nazionale. La prima volta che l’ho visto ho pensato subito bene di lui: mi sembrava di conoscerlo da tutta la vita, caratterialmente siamo molto simili, ci piace ridere, ci facciamo le battute, ci prendiamo in giro. Ci punzecchiamo anche: capitava pure con Sinisa, penso che la battuta sia alla base di un buon rapporto, c’è stima per l’altro; te la devi guadagnare e poi permettere”.

Il capitale umano del Bologna è quasi unico.

“Ho avuto la fortuna di avere tanti gruppi: come in questi due anni, perché inserisco anche l’annata con Motta, sono rari da trovare. Anche i nuovi arrivati hanno detto ‘Mio dio come state bene insieme’. Anche per i nuovi arrivati è più facile inserirsi. Secondo me un gruppo così non ti dà nemmeno modo di rovinarlo, c’è uno scudo invisibile. Spogliatoio stupendo, confermo. Il Bologna ha un bel gruppo ed è ambizioso: e lo sarà ancora”.

Ma Spalletti le ha detto qualcosa per il toc toc?

“Sì, una battuta me l’ha piazzata a Coverciano… (ride). Il toc toc l’ho visto fare anche al Sindaco di Bologna. Ormai è iconico. Ho depositato il brevetto”.

La telefonata con Gattuso?

“Piacevole, mi ha fatto molto piacere”.

Il gol all’Inter è stato il più bello?

“Non so ancora dove mettere tutte le mozzarelle, i casatielli, i babà che mi hanno mandato da Napoli dopo quel gol e lo scudetto. Pazzesco. Io vorrei andare a Capri in vacanza: mi devo mettere barba e baffi? – sorride. – Quanto al gol, beh, il più bello è stato quello al Genoa in casa”.

Riveda il film della Coppa Italia.

“Ci siamo divertiti tanto, anche i giorni precedenti, c’era il giusto grado di tensione che veniva stemperata dal gruppo: è lì che l’abbiamo vinta, perché sulla carta eravamo spacciati, l’idea era che il Milan quando vuole spingere, gioca e ti asfalta. Quella sera si sono allineati i pianeti: entrati sul campo ho detto ‘C’è un’atmosfera tale che io non posso non vincere'”.

In tutto ciò, in questa annata pazzesca, lei ha cantato assieme a Morandi, Carboni e Cremonini.

Ride. “Una follia… Sì, una follia…”.



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