Balotelli a Belve: “La non esultanza in Italia-Germania? Tamarrata. La depressione e…”

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Supermario intervistato da Francesca Fagnani: “Italia-Germania è l’unica partita che vorrei rivivere. Non mi sono mai sentito onnipotente. Trasgressioni? Qualche volta. Ma droghe mai. Ora sogno di giocare in America”

Guendalina Galdi

Giornalista

Che belva si sente? “Un uomo”. Perché? “Perché è la belva più furba”. A Mario Balotelli non piacciono le interviste ma per una delle domande più famose della televisione, da uno sgabello sul quale non è per niente comodo e non fa nulla per nasconderlo, si è preparato bene e a Francesca Fagnani dà una risposta che alla fine lo rispecchia. Ragionata. Lui è Mario (“sono sempre stato Mario”) e toglie quel Super che è stato per così tanto tempo davanti al suo nome.

chi è mario balotelli

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“Potevo fare anche di più ma non ho nostalgia. Sono felice di quello che ho fatto”. Troppo esaltato e troppo criticato: “Non c’è stato mai equilibrio con me”, dice a Belve dove davvero riesce a essere Mario e a parlare di Balotelli senza filtri. Ma chi è davvero? “Vulnerabile in qualche modo sì, insicuro no. E non è vero che rido poco, in privato rido sempre”. Ha paura degli spiriti (“Mi è capitato di avvertirli… Una volta per questo ho cambiato casa. Succedevano fatti strani, si accendevano le luci da sole quando ero solo in casa”) e piange poco. L’ha fatto quando se n’è andato suo padre (l’unica persona che riporterebbe in vita e alla quale chiederebbe un consiglio) e “forse un’altra volta ancora. Vorrei piangere di più ma questo sentimento si trasforma troppo velocemente in rabbia. Ne ho avuta troppo e non è mai stata necessaria. Ma oggi se mi arrabbio faccio una passeggiata”. Timido o bad boy? “Tutte e due”. Qualche aggettivo per questo carattere tanto chiacchierato: “Difficile, buono, sensibile, protettivo, incazzoso”. Un pregio? “Empatico”. 

l’infanzia, il razzismo

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Ha dovuto aspettare i 18 anni anni per la cittadinanza italiana: “Non penso sia la normalità. Dai 16 ai 18 anni il Ghana insisteva. Se fossi nato lì ci avrei pensato ma visto che sono nato qui… Sono cresciuto qui e mi hanno dato la cittadinanza solo a 18, un po’ l’ho sofferto”. Un’infanzia con alti e bassi per lui che l’affido l’ha vissuto “come un abbandono”. E poi il razzismo, l’episodio del lancio della banana addosso a Ponte Milvio, a Roma: “Quei due, quella cosa, ti assicuro, non la rifanno. Non lo rifanno, penso se lo ricorderanno. Quando ci vuole, ci vuole. Ma da bambino chiedevo alla mia maestra delle elementari se fosse nero anche il mio cuore”. 

dalla tamarrata contro la germania alla depressione

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Dal Lumezzane all’Inter, fino alla prima squadra con Mancini. La prima volta che ha capito di essere un fenomeno? “Mai. Potevo dire che ero forte, ma basta. Magari potevo diventarlo (un fenomeno, ndr) ma non me lo sono mai detto. I fenomeni nella storia del calcio sono pochi”. Poi il City: “Ho fatto qualcosa sopra le righe, sì, ma non mi sono mai sentito onnipotente, nemmeno lì. La mia famiglia non me l’avrebbe mai concesso”. Passiamo all’Europeo, al secondo gol con la Germania e a quell’esultanza indimenticabile che Balotelli archivia come “tamarrata”. E ride. Ma non sarà arrivato tutto troppo presto? “Magari avessi sentito un po’ di pressione… La sento più qua che in situazioni come quell’Italia-Germania. Capii solo dopo l’importanza di quella partita”. Avanti veloce fino ai Mondiali del 2014: “Io capro espiatorio di quel fallimento? Si gioca in undici. Ci vuole sempre uno di carattere che si prenda la responsabilità, alcuni grandi e grossi si nascondono”. “Ci sono errori miei nelle scelte di alcune squadre. Nella mia carriera sono molto più professionista oggi che prima. Poca tenuta psicologica? Assolutamente no”. La depressione a Marsiglia è un baratro che l’ha segnato: “Non volevo vedere nessuno, volevo stare a casa. Mi ero isolato. Per me è strano, ho una cerchia di persone piccola ma presente intorno a me e mi stavo negando anche quella. Mi sono fatto seguire in un percorso terapeutico che ho finito l’anno scorso”. E cosa ha capito dalla terapia? “Che dovevo iniziarla prima. E che ci sono state situazioni in cui ho esagerato. Avevo traumi che mi davano una tristezza in più. Quali? Traumi del passato”. Non approfondisce. 

le belvate che diventano balotellate

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“Il calcio è un mondo che per come vivo io la vita è finto. Molto”. Ma perché non è come Cristiano Ronaldo? “Perché è stato un professionista dall’inizio alla fine e si massacra di allenamenti, cosa che io non ho fatto. E alla fine ha fatto bene lui che ha anche più soldi, Io talento sprecato? Esagerato. Ho peccato tanto a livello di costanza. Non faccio spogliatoio? Cosa assolutamente non vera. Non so perché lo dicano”. Una smorfia viene fuori quando emerge il nome di Mancini: “Mah… io gli voglio bene, penso anche lui”. E Mourinho? “Eravamo due teste di cavolo, caratterialmente lui è peggio di me”. Amici in campo? “Boateng, Neymar, Materazzi, che non mi ha picchiato, è una ca…”. E qualcuno con cui non è mai andato d’accordo? “L’allenatore Brendan Rodgers. Non lo saluto neanche, mi sta troppo antipatico”. Il peggior fallo mai subìto? Una parola: “Totti”. “Qualche volta sono un provocatore. Fai un tunnel, dici ‘sei scarso’. Ma ormai in campo non puoi più fare niente”. Ora è il momento delle belvate, che per l’occasione diventano balotellate. Mario si pente del rosso in Champions con l’Inter dopo pochi minuti a Kazan “sono stato un po’ pollo, ma José mi fa arrabbiare perché non dice mai che segnai e feci assist al ritorno”, rivendica quella in cui un suo amico si è buttato in acqua col motorino “ma non lo pagai e nessuno mi denunciò, tirammo il motorino subito fuori dall’acqua”, si pente dei fuochi d’artificio sparati a Manchester che provocarono un incendio “ero lì ma non sono stato io”, rivendica il battibecco con i poliziotti inglesi quando a loro replicò “perché ho tutti questi soldi? Perché sono ricco”, e si pente di quando ha buttato a terra la maglia dopo i fischi nella semifinale tra Inter e Barcellona. 

quel test di paternità…

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“Adesso sono innamorato. Abbastanza. Non è un momento semplice ma spero si risolva presto. Ho più amato di quanto sia stato amato”. La storia più mediatica è stata quella con Raffaella Fico: “Tanto gossip ma non per colpa mia”. Traditore? “No, non sono un traditore”. Trasgressore? “Qualche volta è capitato di bere, di far tardi. Sesso? Quando ero più giovane qualche situazione… Con più donne. Con un uomo invece non sono mai andato, quello sicuro. Droghe? Mai. Sono contro”. Tornando alla famiglia: che padre è Mario Balotelli? “Paziente, moderno, gelosino” Un voto? “Sette e mezzo. Non 8 per le situazioni che ho con le madri. Ma non ho rimorsi perché in tutti e due i casi non è stata colpa mia”. E sul test di paternità chiesto a Fico per appurare che Pia fosse sua figlia… “Lo rifarei. L’ho amata tantissimo e le voglio bene anche oggi ma ha sbagliato tanto. L’ho scoperto prima degli Europei, ero in ritiro. Mio fratello mi gira una foto di lei con la pancia. Erano mesi che non ci sentivamo, per questo lo rifarei. Disse che era ingrassata ma dopo mesi che non ci vedevamo volevo esserne sicuro, mi dispiace solo per mia figlia”.

un futuro in america

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Il meglio, sportivamente parlando, è alle spalle o Balotelli può tornare a livelli importanti? “L’esperienza di quest’anno è stata una sfiga dopo l’altra. L’unica cosa che ho scelto io è stato andare lì, altro sbaglio. Mi dispiace per i tifosi che mi vogliono bene e ringrazio, ma non per il tipo di società. Non mi hanno saputo trattare ma non era difficile, ci voleva solo un po’ più di cuore. Sarà difficile comunque che possa tornare a grandi livelli. Devi stare nei grandi campionati. Forse altri due o tre anni. Smettere sarà sicuramente un trauma a livello atletico, senza allenamento costante, senza partita, senza un gruppo. Tutto il resto non mi mancherà mai. Mi sono divertito ma non c’entro io con questo mondo. Fisicamente sto bene e ho voglia ma è difficile che resti in Italia o in Europa. Ho un’idea… Sono un po’ stanco di quello che c’è intorno al calcio, soprattutto qui. Guardo all’America adesso”. E quindi, goodbye Mario.



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