Ardemagni si racconta: “Al trofeo Tim spiazzo Julio Cesar, poi la tournèe al Milan. Folle”

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L’attaccante del Pavia, appena promosso in Serie D dall’Eccellenza, parla della sua carriera: “Feci 30 reti in Primavera al Milan e mi mandarono in C, oggi se ne fai 10 in B l’anno dopo ti ritrovi in A…”

Lorenzo Cascini

Ci sono giocatori a cui non è mai importato il modo, e nemmeno il mezzo, ma solo il fine. Fare gol, come unico obiettivo, in pieno stile machiavellico. Soprattutto se è un concetto che ti inculcano fin da ragazzino. ‘Arde stai tranquillo, il gol arriva. L’importante è stare qui, al posto giusto’. Era l’estate del 2006 e quelli erano anni in cui Milanello, per un giovane centravanti, diventava Harvard, con Pippo Inzaghi in cattedra: il professore del gol. Matteo Ardemagni, appena ventenne, lo guardava con occhi sognanti. “Ho cercato di mettere in pratica i suoi consigli per tutta la carriera. Con Pippo siamo buoni amici, condividiamo l’ossessione per il gol”. Oggi Ardemagni ha 38 anni, si diverte e vince in Eccellenza con il Pavia, piazzando ancora zampante decisive e gol pesanti. “Quest’anno ne ho fatti cinque, tutti nei minuti finali”. 

Partiamo proprio da qui. Il fiuto del gol le è rimasto… 

“Non credo passerà mai. Io ne sono ossessionato, indipendentemente dalla categoria. Vivo per il gol. Secondo lei cosa è che a 38 anni mi fa alzare dal letto e andare al campo? La passione, sconfinata”.

Quest’anno a Pavia si è tolto una bella soddisfazione. Come è nata l’opportunità?

“Le dico la verità, finalmente volevo andare a giocare vicino casa, dopo una vita in giro. E al primo colpo ho vinto. Mi sono divertito, fisicamente mi sento molto bene e aiuto la squadra con esperienza e… gol. Quest’anno ne ho fatti cinque, tutti decisivi e nei minuti finali”. 

Restiamo sui gol. Sono 109 in carriera in B. Non pensava di meritarsela una chance in A? 

“Eccome… ma sa il calcio è particolare. Io su questo penso di aver avuto un po’ di sfortuna. Le faccio un esempio: io con il Milan in Primavera ho fatto 30 gol e sono stato mandato in C1 a giocare. Oggi…”

“Ma sì. Oggi fai 10 gol in B e l’anno dopo sei in Serie A a guadagnare un milione di euro. Ma non lo dico io, sono fatti. Eppure sono molto contento della mia vita e del mio percorso: ho sempre scelto con la mia testa e ho seguito il cuore”. 

Adesso riavvolgiamo il nastro. Lei nel 2010 è stato il primo acquisto dell’era Percassi. Cosa non è andato in nerazzurro? 

“Io arrivavo da Cittadella, un’oasi tranquilla dove puoi sbagliare quanto vuoi. A Bergamo era tutto diverso. Mi presentano in una festa con 10 mila persone, un altro mondo. Ma è anche più complicato: fai due errori e partono i mugugni, i fischi. Io non ho retto e a gennaio sono andato via”.

Poi in tante altre occasioni, però, ha fatto molto bene. Modena, Perugia, Avellino e via… 

“Sono state tante le piazze dove sono stato bene, con i gol sempre come biglietto da visita da mostrare con orgoglio. Penso anche di essermi fatto apprezzare come uomo. A volte, però, ho pensato di poter meritare un po’ di più…” 

“Ecco, lì forse l’unico vero rimpianto. Anche se non mi piace guardare al passato. Ero un po’ immaturo e impaziente. Io volevo giocare, ero dipendente dal gol e andai via. Chissà con un’altra testa… ma è andata bene così lo stesso”. 

Il suo primo maestro fu Inzaghi. Se li porta nel cuore i suoi consigli? 

“Assolutamente sì, non sa quante volte al Milan ci siamo fermati dopo l’allenamento per consigli vari e sessioni aggiuntive: mi diceva ‘Arde stai tranquillo, il gol arriva. L’importante è stare qui, al posto giusto’. Io ero giovane e lo guardavo con occhi sognanti. Ho cercato di mettere in pratica i suoi consigli per tutta la carriera. Oggi siamo buoni amici, condividiamo l’ossessione per il gol”. 

C’è un ricordo di quel Milan che porta nel cuore? 

“Nell’estate del 2006 Ancelotti mi porta al trofeo Tim. Gioco titolare le due partite e contro l’Inter segno un rigore spiazzando Julio Cesar. Un sogno. Finisce la partita, Ancelotti mi prende sotto braccio e mi chiede ‘Vuoi venire in tournée con noi?’ Mi sembrava impossibile, ma alla fine ci andai davvero”. 

Sembra un’altra vita. Adesso è felice a Pavia? 

“Si, ho trovato una società seria. Il Pavia merita la Serie D ma anche oltre. Ha uno stadio e una tifoseria assolutamente non da Eccellenza, ma nemmeno da D. Proveremo a riportarla dove merita”.



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