Il gol a Szczesny, la conferma del club, gli avversari più temuti sempre cancellati. Così Francesco rinasce ogni volta
Der Löwe. Anzi, meglio così: der König der Löwen. Vuol dire leone, re leone in tedesco, da ieri lingua ufficiale di casa Inter. E di casa Acerbi, che i leoni – appunto – li ha disegnati lungo tutto il suo corpo. Il tatuaggio è una specie di carta d’identità: sulla pelle di Acerbi si legge chiara la sua voglia di aggrapparsi alla realtà, lo spirito di eterna e continua rinascita, la fermezza e la gioia nel godersi il presente, nell’indirizzare il presente.
quel tocco lì
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Bastava allora guardarlo con attenzione, per capire che sarebbe stato capace di ribellarsi al destino martedì notte. Che avrebbe costretto i tifosi dell’Inter, avviati già verso i cancelli d’uscita del Meazza, a tornare al proprio posto. Dice un proverbio che “un leone non si preoccupa di piacere alle pecore”. Un leone segue il suo istinto. E l’istinto, senza che nessuno lo avesse consigliato in tal senso, ha spinto Acerbi nell’altra area a segnare (col destro, poi). C’è una grafica che ha riassunto la sua partita con il Barcellona: 46 tocchi di palla complessivi, uno solo in area avversaria. Quello. Quel tocco lì.
cura
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Acerbi s’è ribellato al risultato. A un destino che gli stava togliendo la possibilità di una rivincita dopo la finale di Istanbul contro Haaland e no che non sarebbe stato giusto. E l’ha fatto pure rovesciando la sua storia con l’Inter: era destinata a terminare alla fine di questa stagione, il modo feroce con cui è tornato dall’infortunio a febbraio – recupero lungo, troppo, gestito in prima persona perché al nostro non fai mica cambiare idea facilmente – ha spinto i dirigenti a decidere di andare avanti con lui, rispettando quel contratto che recita 2026. Acerbi a febbraio ha compiuto 37 anni: non siamo di fronte alla normalità. Primeggiare con questa carta d’identità vuol dire avere cura del proprio corpo e della propria mente in maniera maniacale, rispettare e allo stesso tempo superare continuamente i propri limiti.
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Controcorrente
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Tra 23 giorni avrà una finale col Psg da affrontare, tra meno di un mese – in linea puramente teorica – potrebbe pure incrociare nuovamente Haaland, a Oslo con la Nazionale. Il ct Spalletti, a marzo, ha chiuso con forza all’eventualità, ma è bene tenere una porticina aperta, anche in considerazione dell’infortunio di Buongiorno col Napoli. Si vedrà, in fondo a giugno non pensa nessuno da queste parti, almeno adesso. Il mondo si ferma a fine mese. E la testa di Acerbi è da ieri sera solo su come fermare gli attaccanti del Psg. Mattina e sera, è bello immaginarlo focalizzato esclusivamente su quello. Magari sul corpo troverà spazio per un altro tatuaggio, l’ennesimo, vicino alle citazioni di Paulo Coelho, di Albert Einstein e del cabarettista milanese Walter Di Gemma. Alto e basso, tutto insieme, come fosse una metafora degli attaccanti che marca e cancella dal campo ogni giorno. Li studia, nella sua casa a due passi dal centro sportivo di Appiano Gentile. Scelta controcorrente. Scelta da leone, quello che non si cura degli altri. Sono gli altri, semmai, a doverlo fare. Il Barcellona non l’ha fatto. “Gol de Acerbi. No me lo puedo creer”, scriveva l’account del Barça due sere fa al minuto 93. Era tutto vero.
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