Spesso infortunato, ma anche quando è in campo non fa girare i nerazzurri come negli anni scorsi: dietro il calo di rendimento di Hakan
Errore determinante nel derby contro il Milan, doppia prova opaca contro la Fiorentina sia al Franchi che a San Siro, poche idee e sostanza parecchio limitata anche ieri nella sconfitta contro la Juventus: no, il vero Calhanoglu non è ancora tornato. E a dirla tutta, il regista splendido che ha preso per mano l’Inter nella stagione della seconda stella non si rivede da troppo tempo. È vero che la stagione del turco fin qui è stata pesantemente influenzata dagli infortuni – tutti muscolari tra coscia e polpaccio, le gare forzatamente saltate (10) hanno raggiunto la doppia cifra già a gennaio -, ma neppure prima dei guai fisici Calhanoglu era riuscito a determinare come lo scorso anno. La Gazzetta di oggi lo ha nuovamente bocciato: “Un’altra serata senza il vero Calhanoglu. Regia con idee limitate, poco coraggio, gambe molli ed errori. Adesso è un problema: voto 5”. È la quarta insufficienza consecutiva che Hakan incassa, come 4 sono le partite giocate da quando è tornato dall’ultimo infortunio.
così no
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È inevitabile che lo scudetto passi anche (se non soprattutto) dalla regia nerazzurra. Inzaghi aveva scelto di “rischiarsi” subito la carta Calha nel derby di inizio febbraio – anche per mancanza di alternative, considerando che Asllani spesso si lascia risucchiare dalle pressioni -, ma l’azzardo non ha pagato. Che si trattasse di un problema di condizione? Il pensiero del tecnico nerazzurro quello era stato, tanto che ha continuato ad insistere lanciando Hakan sempre titolare anche nel doppio impegno contro la Fiorentina e nella trasferta di Torino. Il campo però ha dato verdetti diversi. O quantomeno parzialmente diversi: perché è indubbio che Calhanoglu non abbia lo stesso smalto dell’anno scorso, ma il problema non si può ridurre solo alla condizione atletica. Calha va troppo morbido nei duelli, ha poche idee, lancia meno, segna e fa segnare poco. E ha perso fiducia. Chissà, se gli venisse chiesto oggi in che posizione tra i migliori registi al mondo si piazzerebbe da solo, se Calhanoglu risponderebbe “Il migliore, anche meglio di Rodri e Kroos” come affermava con forza non più tardi di 365 giorni fa. Il mondo del turco si è capovolto, eppure la responsabilità non è solo sua.
centrocampo giù
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Calhanoglu non è l’unico ad aver abbassato il livello rispetto alla stagione scorsa. Perché ad inizio stagione sembrava che l’Inter fosse una macchina costruita perfettamente, con un centrocampo da grande (se non grandissima) d’Europa: protagonisti di livello assoluto, rincalzi ottimi. A destra Dumfries e Darmian (e fino a gennaio Buchanan), a sinistra Dimarco con Carlos Augusto e Zalewski, in mezzo Calha con Asllani in caso di assenza del turco, poi Barella e Mkhitaryan con Zielisnki e Frattesi appena dietro nelle gerarchie. Sembrava che dove non arrivasse un titolare potesse serenamente arrivare il panchinaro. E invece, specialmente nel mezzo, la delusione è stata abbastanza generale: Barella a parte – anche ieri l’ultimo e mollare nonché unico a salvarsi -, tutti faticano. Mkhitaryan a 37 anni patisce l’infinità di partite giocate, da Zielinski ci si aspettava qualcosa in più, Frattesi si è fatto fuori. Insomma, se Calhanoglu è un altro è anche perché pure i compagni di reparto non rendono al livello top della scorsa stagione. Ma per puntare a scudetto e tutto il resto, Inzaghi ha bisogno di più, da tutti.
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