Da Ranieri a Conte ad Allegri (il tecnico più conteso). Da Donnarumma a Vicario a Meret. Da Kean a Retegui. La stagione appena conclusa conferma: la scuola italiana è più viva (e vincente) che mai
Anche nel calcio, ci sono le mode. E ci sono gli slogan, che servono a pubblicizzare questa o quella tendenza. Anche per questo negli ultimi anni ci siamo infilati in dibattiti assurdi, originali, nel tentativo di dimostrare che della scuola italiana c’era ben poco da salvare, anzi da proteggere. Così si sono affermati, o hanno provato ad affermarsi, movimenti di pensiero apparentemente più sofisticati. Basta, hanno provato a dirci, con un tipo di calcio “tradizionale”: in cui gli allenatori provano a portare a casa la vittoria senza spettacolo (?), privilegiando l’equilibrio alla spregiudicatezza, nel grottesco confronto tra risultatisti e giochisti. Anche perché, hanno provato a convincerci addirittura di questo, non ci sono più le radici, le basi, nei ruoli dove eravamo tradizionalmente più forti: i portieri e gli attaccanti. Già, perché gli allenatori di una volta spiegavano il calcio molto semplicemente: “Datemi un portiere che para e un centravanti che segna e il più è fatto”. Ma dove sono – dicevano i detrattori – calciatori del genere? Fatto sta che il campionato appena concluso ha spazzato via, d’un colpo, tutti e tre questi “pregiudizi”. Allenatori, portieri, bomber: la scuola italiana è tornata, e non fa nulla che a qualcuno possa dispiacere, prepotentemente di moda.