L’ex portiere nerazzurro e della Nazionale è il club manager della squadra siciliana, promossa in C dopo 6 anni: “Conquistare un successo è bello ovunque. Abbiamo festeggiato per due giorni. Mi ispiro agli Hartono, i proprietari del Como”
Walter Zenga si divide tra Dubai, Milano e… Siracusa: “Vivo negli Emirati Arabi, per TV8 seguo le partite di Champions. Ma nel weekend sono sempre in Sicilia, non ho mai perso una partita casalinga dei miei ragazzi”. In estate, l’ex portiere dell’Inter è ripartito dalla Serie D. Ha accettato di diventare club manager della squadra allenata da Marco Turati. Dopo una stagione incredibile è arrivata la storica promozione in C: “Abbiamo vinto il girone I all’ultima giornata, chiudendo a +1 sulla Reggina. È stato fantastico. La società torna tra i professionisti dopo sei anni. La festa è durata due giorni di fila. Ho visto la felicità negli occhi di questa gente, dei tifosi. Cosa importa della categoria, vincere è sempre bellissimo. Poi, nella stessa settimana dell’Inter, anche noi abbiamo giocato a Barcellona”.

Pur non essendo in Champions League.
“Sfidavamo l’Igea Virtus in trasferta a Barcellona Pozzo di Gotto, provincia di Messina. Abbiamo vinto 3-1 confermando il distacco sulla Reggina seconda. È partita la festa, siamo tornati in bus a Siracusa. Il viaggio è durato oltre tre ore: cori, balli, docce con lo spumante”.
In città, c’erano migliaia di tifosi ad aspettarvi.
“Ci siamo goduti la festa insieme a loro. Il merito di questo traguardo è del presidente Ricci e di tutta la società. Il mister ha saputo unire il gruppo, ma il campionato l’ha vinto chi è andato in campo. Senza questi ragazzi non ce l’avremmo mai fatta”.
Che cosa l’ha convinta ad accettare il progetto Siracusa?
“È nato tutto per caso. La scorsa estate ero in Sicilia per il mio lavoro da opinionista in tv e ho conosciuto il presidente. Mi ha parlato dell’organizzazione del club, mancava però una figura che potesse legare tra staff tecnico, dirigenza e giocatori. Qualcuno con una visione a 360 gradi a cui affidarsi per avere consigli. Allora hanno scelto me”.
È ripartito dai dilettanti dopo l’ultima esperienza in panchina negli Emirati Arabi.
“Non mi interessava la Serie D, né quello che potevano scrivere sui social: ‘Guarda che fine ha fatto, dov’è finito’. Nella mia carriera non ho mai dato importanza al luogo, soltanto alle persone. Chi vince festeggia, chi perde spiega”.
In che modo ha vissuto il suo nuovo ruolo da club manager?
“Sono sempre stato accanto alla squadra. Arrivavo in Sicilia il venerdì, andavo in ritiro con il gruppo, mi sedevo sulle panche degli spogliatoi insieme ai giocatori. Con il presidente abbiamo avuto un confronto continuo su idee e strategie. Anche con il mister e il suo staff. Le sembrerà strano, ma quando dovevo parlare con uno dei calciatori chiedevo prima il permesso all’allenatore”.
I suoi consigli sono serviti.
“Ho provato a mettere al servizio della squadra la mia esperienza. Nel calcio sono stato raccattapalle, portiere di riserva, titolare, allenatore, dirigente. Conosco tutte le prospettive. La cosa più intensa, per me, è stata il confronto. Ci sono tanti giovani, in campo non sempre si fa bene. Quella parola in più, quel discorso fatto in un certo modo ai ragazzi, fa la differenza. Senza mai entrare nelle questioni tecniche e tattiche”.
Qual è stato il punto di svolta della stagione?
“Da +4 ci siamo ritrovati a +1 sulla Reggina. In quel momento il mister e la squadra sono stati bravi a isolarsi. Il nostro motto è diventato: ‘Dipende solo da noi’. Mentre gli altri speravano che perdessimo, noi guardavamo soltanto al prossimo avversario da affrontare”.
Da Barcellona Pozzo di Gotto… a Inter-Barcellona. Per lei è stata una doppia festa.
“Emozioni diverse. Con il Siracusa l’ho vissuta in campo, accanto alla squadra. Per i nerazzurri ero felicissimo, ma in televisione devi contenere le emozioni ed essere equilibrato”.
Che cosa pensa di quei tifosi che hanno lasciato lo stadio sul 3-2 per i blaugrana?
“È stata una brutta immagine. Ora però tutti cercano i biglietti per la finale di Monaco. Vai via quando vinci 4-0 per non trovare traffico, non in una semifinale di Champions quando tutto può ancora succedere”.
Dove può arrivare questa Inter?
“È la seconda finale in tre anni, la formazione di Inzaghi ha eliminato due corazzate come Bayern Monaco e Barcellona. Eppure, c’è sempre qualcuno che dice: ‘Però lo scudetto…’. Nel calcio non puoi vincere sempre tutto. Contro il Psg conteranno i dettagli, l’esperienza. Ci sono tanti giocatori che conoscono bene i nerazzurri: Donnarumma, Marquinhos, Hakimi, Ruiz, Kvara. Per la finale, dico 50 e 50”.
Tra Donnarumma e Sommer sarà una grande sfida.
“Yann ha fatto una stagione straordinaria. Pur non essendo un portiere fisicamente enorme come Donnarumma, fa del piazzamento e della continuità la sua arma migliore. Contro Bayern e Barcellona ha dato una grande mano alla squadra. Così come ha fatto Gigio con il Psg tra quarti e semifinali”.
Non sarà la Champions, ma pure il suo Siracusa ha un trofeo da conquistare.
“Le vincenti dei nove gironi di Serie D si sfidano nella Poule Scudetto per il titolo di campione d’Italia. Siamo pronti e stiamo già lavorando per la prossima stagione”.
Stavolta qual è l’obiettivo?
“Durante la mia esperienza in Indonesia ho studiato il progetto della famiglia Hartono. In sei anni con il Como sono partiti dai dilettanti e arrivati fino in A. Oggi si giocano il decimo posto. Come hanno fatto? Programmazione, investimenti, strutture, lungimiranza. È l’esempio che seguiremo”.
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