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Vita e imprese di Colledani: «La mia prima gara in scarpe da calcio … – MTB Magazine

September 24, 2023 | by allcalcio.it

La vita è strana: dall’iniziare per caso ad andare in bici, gareggiando con le scarpe da calcio, a giocarsi il podio nelle gare più importanti del mondo. Questa è la storia di Nadir Colledani, con cui abbiamo ripercorso la sua carriera: gli inizi, i successi e gli ultimi anni. Ma anche le delusioni («La scelta di non avermi portato al Mondiale di Les Gets è stato un brutto colpo») e i ricordi felici, quelle cose che dalla tv non si possono capire. L’ex campione italiano però non è un fervido nostalgico, è ambizioso e ha ben chiari i suoi obiettivi e i suoi sogni, sia per le prossime gare che per il futuro. Proprio il prossimo anno potrebbe essere quello chiave per la sua carriera grazie ai due obiettivi che ci ha dichiarato, non sa se li raggiungerà, ma sicuramente lavorerà per provarci.
Come hai iniziato ad andare in mtb? E quando?
«Ho iniziato per caso nel 2009, vedevo mio zio che aveva sempre tanta voglia di andare in bici e ad un certo punto mi portò ad una gara. La corsi con le scarpe da calcio ed una maglia normale e feci secondo contro i ragazzi che correvano da un po’. Lì è iniziata la mia avventura con le gare».
Perché la bici e non il calcio?
«Io giocavo a calcio dai pulcini ma non ero un tipo da squadra, anzi per me è sempre stato difficile stare in quell’ambiente. Con la bici se vincevo vincevo io, se perdevo perdevo solo io, senza dovermi scontrare con nessuno. La bici è arrivata da sola e non si è scontrata con la mia personalità».
Com’è andata nelle categorie giovanili?
«Ho iniziato come esordiente 2° anno quindi ho fatto solo 2/3 anni di giovanili. Da allievo ho vinto il titolo italiano e ho iniziato a battagliare con Bertolini tra ciclocross e mtb, per me è stato sempre un gioco. Poi il periodo da junior tra scuola ed altre cose non l’ho vissuto benissimo, solo quando ho fatto qualche stage lavorativo con la scuola ho capito che preferivo andare in mtb che lavorare. Da U23 ho cambiato ritmo e ho deciso di voler fare il corridore».
Il miglior ricordo che hai legato alla mtb?
«A livello sportivo la vittoria in Val di Sole in CdM è qualcosa che mi ricorderò, speciale. Invece per quanto riguarda l’ambiente attorno alla gara mi ricorderò un bagno nell’oceano australiano, in una zona in cui non si poteva andare per via degli squali, con 3/4 miei compagni di nazionale. Dopo il Mondiale, tipo alle 18, io, i gemelli e Tiberi ci siamo divertiti tantissimo, è stata una cosa fighissima. Siamo un super gruppo ed oltre alle gare si creano sempre questi bei momenti».
E l’Italiano del 2021?
«È stato l’italiano che ho preparato meno ed anche quello che sentivo meno. Ci sono arrivato con poche aspettative per la preparazione delle Olimpiadi e tutto quello che è successo in quel periodo è andato talmente veloce che non me lo ricordo benissimo. Il periodo pre-Olimpiadi è stato veramente intenso e l’Italiano sembrava una gara come le altre. Poi ovviamente è stata una bellissima emozione vestire la maglia da campione italiano e vincere con quella maglia, ma nel contesto di quel periodo è stata solo una piccola fiammetta».
Poi però purtroppo un 2022 tutt’altro che fortunato…
«Sì un 2022 tanto sfortunato come quest’anno, nel 2022 il covid mi ha tenuto fuori moltissimo tempo, poi l’ho curato ed ho avuto un buon inverno. Quest’anno a Nove Mesto mi sono rotto le costole, quindi altri 2 mesi non belli anche se sono arrivati dei piazzamenti, poi al Mondiale problemi con la ruota libera. Sono ritornato a casa e di nuovo covid prima della tappa di Andorra, adesso però la gamba c’è. Sicuramente nel 2022 la scelta di non avermi portato al Mondiale di Les Gets, nonostante lo avessi preparato e nonostante sia un percorso in cui rendo molto, è stato un brutto colpo. È stato un brutto periodo sportivo, ho la mia famiglia e i miei valori quindi è un periodo che è passato, ma non è stato un bell’agosto».
Quest’anno hai cambiato squadra, come ti stai trovando?
«Mi sto trovando bene, non ho mai avuto una squadra così preparata. Il livello è molto alto, lo staff è molto preparato e abbiamo tutti i mezzi per fare veramente bene. Anche le bici sono tra le migliori in Coppa del Mondo. Poi in squadra ho un amico, Luca, ed è molto più facile quando vivi tutto con un amico: vittorie, sconfitte e trasferte. Mi trovo bene anche con gli altri e anche con Tiberi, con cui ho corso, che è un ottimo DS ed una persona molto seria. Speravo di ottenere qualcosa di più in CDM ma abbiamo ancora altre 2 gare e la preolimpica. C’è ancora la possibilità di fare un super risultato che riscatti la stagione. Nella prossima, dopo aver rodato la bici e tutto il resto, spero di poter ottenere di più».
All’inizio il cambio potrebbe averti penalizzato un po’ rendendoti un “diesel”?
«In realtà no, forse ad inizio stagione andavo addirittura troppo forte, ho subito avuto feeling con la bici e con lo staff e nel mentre ho anche cambiato la nutrizione. Col senno di poi sono partito troppo convinto ed ero troppo in forma in un momento in cui non serviva. Serviva capirmi invece con il cambio alimentazione ecc… per capire tutto: il dopo gara, il pre gara e tutto il resto».
L’altra domenica un buon undicesimo posto a Les Gets, vuoi parlarci della gara?
«Da dopo l’infortunio faccio sempre degli ottimi finali di gara, in partenza tra la confusione e la mia poca esplosività, dovuta ai problemi di quest’anno, rimango un po’ indietro. Il livello ora è così alto che è difficile recuperare anche se alla fine fai tutti “best laps”, a Les Gets partendo 26° sono riuscito ad arrivare 11°. In Coppa del mondo oramai per fare top 5 tra noi Elite devi essere già davanti in partenza. Basta vedere il tempo al giro dei primi, la velocità media è alta, bisogna far bene c’è poco da fare. Ho fatto risultati migliori in CdM ma quest’anno è stato il mio miglior risultato, dalle XCC mi sono qualificato solo 2 volte post infortunio, nonostante prima riuscissi sempre a centrare la qualificazione visto che mi piacciono molto questo tipo di gare. Partendo da dietro non sai mai come può andare la partenza, ad un certo punto ero in 20ª posizione senza troppa fatica, ho aspettato un po’ e quando mancavano 3 giri ho dato tutto. Mi è dispiaciuto per la top 10 mancata di un soffio, ma queste sono le gare… Mi ha comunque dato un po’ di morale. Ora le gare in Coppa del Mondo sono adatte a me quindi speriamo di far bene».
Che voto daresti a questa stagione?
«Come preparazione e mentalità questo è l’anno in cui mi sono dedicato di più da dicembre ad ora senza avere cali. So quello che ho fatto, sapendo anche di avere una famiglia quindi per me è difficile stare tanto tempo fuori. Mi darei un 8.5, non a livello di risultati perché avrei voluto di più, ma per la preparazione e la costanza nel lavorare ho fatto quasi il massimo. Se non avessi avuto i 2 problemi precedentemente citati sarebbe andato tutto diversamente, sicuro. La caduta a Nove Mesto mi ha scompensato per il poco tempo di recupero, in stagione non è mai facile risistemarsi. Senza avrei potuto fare un’altra fase cruciale della stagione, ma in ogni caso ho imparato molto per il prossimo anno. Proverò a prepararmi meglio per le 2 parti della prossima stagione con l’obiettivo di arrivare alle Olimpiadi non tanto per esserci ma per fare davvero bene».
Quest’inverno praticherai un po’ di ciclocross?
«Io sono un crossista dentro quindi se mi danno una bici volentieri. Magari qualche gara vicino a casa mia potrei farla, anche avendo mio suocero che mastica ciclocross. Però solo gare nazionali al massimo, non di più, avendo una famiglia ho bisogno di staccare e di stare con loro. Dopo il Canada staccherò e a metà novembre riprenderò. Vedrò se riuscirò in caso a fare il campionato italiano se non coincidesse con il ritiro della squadra. Il ciclocross può aiutarmi ad avere più brillantezza ed esplosività in partenza».
Che obiettivi hai per il prossimo anno?
«Il prossimo anno voglio andare a Parigi quindi dovrò essere competitivo fin da subito in Coppa del Mondo, già in Brasile o comunque nelle gare di riferimento che il ct ci dirà. Il team è super organizzato quindi si può andare a fare bene anche fuori dall’Europa. Se sarò convocato per Parigi ovviamente darò anima e corpo sapendo di essere anche in Europa e, quindi, di non avere problemi di fuso orario e di clima. Poi il secondo obiettivo, che potrebbe anche diventare il primo, è il Mondiale di Andorra. Mi piace molto il percorso ed amo stare in altura quindi anche il Mondiale sarà un mio grosso obiettivo. Poi chiaramente anche ogni tappa di Coppa del Mondo ha il cerchietto sul calendario, voglio prendermi il podio in Coppa del Mondo che ancora mi manca, lavoro per quello».
Cosa non andò a Tokyo?
«Io a Tokyo ci sono entrato un mese prima della gara quindi non mi do tante colpe, ho fatto davvero il massimo da gennaio a maggio. Ogni gara era veramente selettiva, tutti noi in lista per il 3° posto abbiamo dato tutto. Poi una volta convocato ho fatto quanto previsto: altura, scendere ed andare in Giappone. Purtroppo non ho dato la giusta importanza al clima e soprattutto al fuso orario, inoltre non avendo un nutrizionista ho fatto sempre tutto da solo, ma il mix delle cose è stato devastante. Tutti noi non abbiamo reso, io soprattutto ho avuto la mia peggior giornata in carriera: non riuscivo neanche a finire le salite. Il rammarico magari è stato non aver pensato in grande, la selezione però è stata così tosta che magari tutte le energie sono andate là. Mi dispiace non aver vissuto le Olimpiadi bene per il covid, il pubblico ecc… sembravamo dei clandestini. Ho comunque imparato molto e se il prossimo anno andassi sarebbe tutto più facile. Per adesso però testa bassa e lavorare, io ci sono e se le cose andassero bene potrei starci là, anche se oggi i gemelli Braidot sono meritatamente davanti».
Che obiettivi hai per il test event?
«L’obiettivo sarà divertirsi e provare il più possibile il percorso, di cui ancora non sappiamo nulla, facendo mille giri. Arriveremo tra giovedì e tra venerdì e sabato gireremo tantissimo, io correrò la domenica insieme ai gemelli. L’obiettivo sarà fare una bella gara ma senza pretese perché non darà alcun punto, è solo un test. Cercherò di ottenere più dati possibili, monterò il power meter per studiare il percorso e studierò la telemetria successivamente. Voglio definire la miglior strategia per arrivare là al meglio tra alimentazione e preparazione».
Che tipo di ciclista sei?
«Diciamo che ho due personalità, amo lo scorrevole così come amo il fango o la linea dura più lenta. Il percorso del Mondiale è stato uno dei più belli in cui ho corso tra quelli moderni».
In cosa pensi di poter ancora migliorare? E come ci stai lavorando?
«Sto lavorando molto sull’esplosività ma anche a livello tecnico bisogna tenersi aggiornati, in salita invece ho una buona dote quindi vado forte di mio. Io e gli altri siamo gli ultimi ad arrivare da un ciclismo un po’ vecchio, le gare erano senza salti e altro. Proprio sui salti, come su tanto altro, ho dovuto imparare da solo, lavoro tanto sulla tecnica con l’elettrica e da settembre lo farò anche con l’enduro. Ovviamente bisogna lavorare ma divertendosi, altrimenti non ti migliori. Poi ci sarebbero tantissime cose da fare come un po’ di pump track con la bici da dirt, però la giornata dura solo 24h, tra stretching, allenamenti, gare, figli, famiglia e casa non è semplice».
Tappa di CDM preferita?
«Come luogo mi piace tantissimo Moint Saint-Anne, anche Val di Sole mi piace molto sia per il luogo sia per come vado lì».
Il tuo ciclista o sportivo di riferimento?
«Non seguo molto il ciclismo, in realtà sognavo di diventare un pilota di auto e mi piace tanto il motorsport. Però stimo van der Poel, l’ho conosciuto e ha la mia età, se vince sono contento. Poi ovviamente stimo anche altri atleti come Sagan, Roglic, Van Aert, ma i 2 atleti che mi piacciono di più sono Mathieu e Cristiano Ronaldo. Non sono molto un “fan boy” ma mi piacciono le storie di quelli che si sono costruiti da soli e che, nonostante potrebbero già considerarsi “arrivati”, continuano a dare tutto. Mi piace molto anche la storia di Jacobs».
Qual è il sogno nel cassetto che hai ancora come atleta?
«Da atleta vestire l’iride, è davvero il mio sogno. Nella vita normale invece non penso ai sogni, sono felice di quello che ho».
Cosa diresti oggi, se potessi tornare indietro nel tempo, a quel bambino che fece secondo alla sua prima gara di bici in maglia da calcio?
«Non gli direi nulla, guarderei e lo lascerei fare. Il percorso è stato molto casuale e senza obiettivi, non avevo il fine di diventare professionista, anzi non me lo aspettavo. Se a 18 anni mi avessi chiesto cosa avrei fatto dopo, ti avrei risposto che sarei andato a lavorare. Poi nel bene e nel male conoscerei anche le stesse persone, buone o cattive mi hanno insegnato molto. Per fortuna da adolescente ho fatto l’adolescente, non ho dovuto sacrificare nulla. Qualcuno magari non se l’è goduto quel periodo, poi ha vinto di più o è entrato nei corpi armati però io sono felice del mio percorso. Da quando avevo 23 anni ho iniziato a fare le cose per bene e quindi penso di avere ancora un bel margine, non sono stanco».
Se dovessi dire grazie a qualcuno, a chi lo diresti?
«Alla mia famiglia, a mia madre e mio padre. Poi ho trovato subito una figura che, nel bene e nel male, mi è stata sempre accanto dal 2011: Claudio Cucinotta. Intanto ho conosciuto mia moglie e devo ringraziare la mia famiglia, senza delle belle basi a casa non è facile, io sono fortunato in questo».
 
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