I tifosi che lasciano lo stadio al 75′ della sfida persa (0-4) con l’Atalanta sono la spia di una missione che, finora, Motta ha fallito
Fino alla fine? Macché. Al 75’ di Juve-Atalanta, lo Stadium ha cominciato a svuotarsi in ogni settore e metà del pubblico è scivolata fuori. Difficile ricordare un esodo di delusi così massiccio e precoce. La Signora piantata in asso, un plateale due di picche, alla faccia dell’inno urlato: “Storia di un grande amore. Bianco che abbraccia il nero. Coro che si alza davvero”. Sì, ma per urlare: “Andate a lavorare!”. Chi è uscito a un quarto d’ora dalla fine si è perso lo scivolone fantozziano di Vlahovic che ha innescato il 4-0 di Lookman e il primo tiro in porta bianconero, all’86’. Ha fatto in tempo invece a godersi il bellissimo gol di Zappacosta, assistito da un tacco di Kolasinac, e ha notato in area anche Bellanova e Hien. L’Atalanta ha aggredito con quattro difensori e, al fischio finale, stava ancora pressando, sul 4-0. Questione di educazione. Per questo, al Gewiss Stadium, restano tutti seduti fino alla fine come si usa a teatro, anche se la Dea perde, perché sanno che può sempre arrivare della bellezza, anche un secondo prima del sipario. E non si alzavano neppure al Dall’Ara, perché il Bologna di Motta era diventato un orgoglio cittadino, la perfetta espressione di una terra che onora la qualità della vita. Per questo, l’hanno chiamato alla Juve, nel tempio del risultato-è-la-sola-cosa-che-conta; per questo, lo Stadium che si svuota al 75’ è la spia di una missione, per ora, fallita. Ma Thiago avrà ancora tempo per trasformare lo stadio in un teatro. Nell’attesa, la Signora merita amore, nella cattiva, come nella buona sorte. Anche se caduta ai piedi di una Dea.