Simone Palombi, l’intervista: “L’Alcione e il passato alla Lazio. Ancora sento Inzaghi”

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In pochi mesi in biancoceleste aveva vinto la Supercoppa contro la Juve, esordito in A e pure in Europa League, ma questo è il passato. Ora l’attaccante ha 29 anni e ha appena raggiunto la doppia cifra in C

Andrea Barilaro

La Lazio dal settore giovanile alla prima squadra (“A ripensarci mi vengono i brividi”), il rapporto con Simone Inzaghi (“Lo sento ancora oggi”), gli allenamenti con Miro Klose (“Il più forte con cui ho giocato”). E ancora: la salvezza con la Ternana (“La situazione era critica”), la promozione in A con il Lecce (“Il momento più bello”), il giro d’Italia da nord a sud “ma sempre in prestito e no, questo non mi ha mai aiutato”. Poi l’Alcione, presente e futuro: “Qui mi sono rilanciato, siamo la terza squadra di Milano. Serie B in tre anni? Beh, l’ambizione non manca”. Simone Palombi in pillole. Attaccante da Tivoli, 29 anni appena compiuti, doppia cifra… appena raggiunta. “Ho aspettato all’ultimo, questo benedetto gol sembrava non arrivare mai. E in mezzo ho anche sbagliato due rigori”. 

Tre mesi e dodici partite tra il nono e il decimo gol, ha mai pensato fosse una maledizione? 

“Assolutamente sì (ride). Arrivato a quota nove, avevo una voglia matta di arrivare a dieci. Qualche guaio fisico mi ha rallentato, poi le ultime otto partite per me sono state una rincorsa a questa benedetta doppia cifra. Anzi, maledetta e poi benedetta: non l’avevo mai raggiunta in tutti questi anni”. 

È il momento migliore della sua carriera? 

“Senza dubbio e ci ho creduto dal primo giorno in cui sono arrivato. È stata una stagione esaltante, sia per la squadra e sia per me: sono orgoglioso del percorso che abbiamo fatto”. 

Alcione: 32 punti all’andata, 15 al ritorno: come lo spiega? 

“Semplice: all’andata probabilmente abbiamo raccolto più di quanto avremmo meritato, mentre nel girone di ritorno è successo l’opposto. Il risultato finale credo rispecchi la nostra stagione: una volta raggiunta la salvezza abbiamo provato a guardare in alto e puntare ai playoff, non ci siamo riusciti ma ci riproveremo”. 

Una volta ha detto che l’Alcione è una piazza particolare: perché? 

“Anzitutto per il ruolo del settore giovanile: la forza di questa società, storicamente, sta proprio il vivaio. E poi il senso di famiglia, quella sensazione che percepisci ogni volta arrivi al campo. Qui ti puoi permettere di ‘sbagliare’, cosa che è più difficile in altre piazze tipo Catania, Avellino o Padova. Però noi siamo l’Alcione e siamo a Milano: credo che nel giro di qualche anno le cose cambieranno”. 

“Essendo in una città così grande, il bacino d’utenza è impressionante. Dal momento in cui si avvicineranno più persone, anche questa diventerà una piazza pesante. Anche perché l’ambizione non manca…”. 

A proposito, il presidente Giulio Gallazzi ha sempre parlato di voler andare in B entro tre anni. 

“Dal primo colloquio in estate ho percepito questa ambizione, questa voglia di fare le cose per bene e pensare in grande. Le basi ci sono, poi dalla nostra parte c’è anche la storia: fino a qualche anno fa la prima squadra era in Promozione, oggi abbiamo raggiunto la salvezza in Serie C”. 

Com’è la sua vita a Milano? 

“Il centro della città lo frequento tutti i giorni. Non nascondo che è stato un aspetto che ho tenuto in considerazione nella mia scelta di venire a giocare qui. Mi trovo bene e così anche la mia famiglia”. 

“Ci sono andato due volte, entrambe per seguire mister Inzaghi: mi ha allenato nel vivaio della Lazio e ci sentiamo ancora. Poi ho anche seguito Monza-Inter, sempre per Simone”. 

Di Inzaghi si dice sia uno che conosce tutti i giocatori di tutte le categorie: conferma? 

“E sottoscrivo. È un ‘maniaco’ del calcio: conosce tutto e tutti. Quando sono andato a Pordenone mi ha scritto un bel messaggio, con lui ho un bel rapporto ma in generale segue ancora tutti i suoi ex giocatori. Ha fatto di questo mondo la sua vita, così come suo fratello Pippo: si vedono qualunque partita, poco importa la categoria”. 

In pochi mesi alla Lazio ha vinto la Supercoppa contro la Juventus, esordito in A e pure in Europa League: ci ripensa mai? 

“Lo faccio e mi vengono i brividi. Un sogno realizzato. Tutta la mia famiglia tifa Lazio da sempre, ricordo ancora le partite seguite del cucinone di casa a Tivoli, in taverna con amici e parenti. Essere arrivato a giocare con quella maglia è qualcosa di magnifico. A posteriori credo che fu tutto eccessivo per me in quel momento, ero troppo giovane per potermelo godere. Pensi, la partita d’esordio contro la Spal non me la sono mai rivista, io che riguardo tutto più e più volte. Era un’emozione talmente grande che non ebbi il coraggio”. 

Il giocatore che più l’ha impressionata? 

“Dico Miroslav Klose, il più forte con cui ho giocato. Ma poi anche altri, per esempio Stefan Radu, che tra l’altro ho incontrato di recente proprio a San Siro. E ovviamente Ciro Immobile, uno dei miei idoli d’infanzia come Signori, Rocchi e altri bomber che hanno fatto la storia della Lazio”. 

Qualche rimpianto ce l’ha? 

“Direi di no. E rifarei tutto, anche se le stagioni in prestito non mi hanno aiutato. Non è facile ambientarsi, giocare un campionato e poi ricominciare da zero da qualche altra parte. E questo discorso per un attaccante vale anche di più”. 

Altri allenatori che le hanno lasciato qualcosa? 

“Oltre a Inzaghi dico Moreno Longo e Fabio Liverani”. 

Cosa pensa dalla promozione del Padova? 

“In estate, prima di venire all’Alcione, ho fatto il ritiro con loro e non sono sorpreso della cavalcata che hanno fatto. Partivano già da un’ottima base, poi un ruolo importante ce l’ha avuto mister Andreoletti, uno dei più preparati dell’intera categoria. Sono tornati in B e lo meritano”. 

Lei non è l’unico Palombi calciatore. 

“Gioca anche mia sorella Claudia, un anno più piccola. Siamo nati praticamente insieme e nella nostra vita il pallone non è mai mancato. Vicino casa avevamo un campetto e lo sfruttavamo. Siamo molto legati, ci confrontiamo sia sulle vicende calcistiche sia in generale sulla vita”. 

C’è mai stata rivalità? 

“Rivalità no, però da piccoli non mancavano gli sfottò su chi segnava più gol. Poi lei fa l’attaccante come me, quindi il confronto era una normale conseguenza. Ma una cosa devo dirla: tra Roma e Lazio lei ha giocato in Serie A per più tempo rispetto a me e… ai rigori non c’è storia. Lei è molto più brava, quindi si immagini quando ne ho sbagliati due quest’anno… (ride)”. 

“Restare a lungo all’Alcione e migliorarci stagione dopo stagione. E dal punto di vista personale io e mia moglie Valeria vorremmo diventare genitori”. 

Verrà su calciatore o calciatrice? 

“La scelta spetterà a lui/lei. Ma le strade sono due: o giocherà a calcio come papà, oppure si darà ai cavalli come mia moglie, che è una professionista nel salto a ostacoli”.



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