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Serie A, che disastro: tutte le squadre in rosso – QuiFinanza

September 18, 2023 | by allcalcio.it

Giornalista professionista. Ha lavorato con Mediaset, AGTW, Gazzetta di Parma, Resto del Carlino e Virgilio Notizie. Addetto stampa per diverse campagne elettorali locali e nazionali.
Quella che si appresta a concludersi verrà ricordata come una delle estati più pazze di sempre per quanto riguarda le dinamiche che governano il calciomercato. I primi (fortissimi) segnali di questo cambiamento epocale si erano manifestati già nello scorso dicembre, durante la sessione di compravendite invernali, negli stessi giorni in cui l’Argentina di Leo Messi conquistava la Coppa più ambita vincendo il Mondiale in Qatar in finale contro la Francia. Infatti, proprio in quelle ore, tutto il mondo apprendeva del passaggio in Arabia Saudita di uno dei più forti calciatori della storia.
Stiamo parlando ovviamente di Cristiano Ronaldo. Il campione portoghese, tramite l’accordo siglato con l’Al-Nassr (uno dei club più attivi e facoltosi dell’intero Medio Oriente), ha voluto aggiungere un tassello davvero inedito alla sua strabiliante carriera. Non solo passerà alla storia come il calciatore dei 5 Palloni d’oro, del record di gol segnati nelle competizioni europee, l’uomo che ha spostato verso l’alto l’asticella della prestanza fisica e della dedizione al lavoro. Da quest’anno infatti, la sua controversa figura verrà ricordata anche per aver dato il via libera al grande esodo di massa dei giocatori europei verso la Mezzaluna fertile.
E così, nei mesi più caldi del 2023, milioni di tifosi in tutta Europa hanno imparato a conoscere le società emiratine che ambiscono a diventare le nuove protagoniste del calcio che conta. Lo sanno bene le squadre inglesi della Premier League, scalzate (ancora parzialmente) dal monopolio delle trattative e, al contempo, depredate di alcuni pezzi pregiatissimi che hanno scritto la storia d’oltremanica nell’ultimo decennio (vedi Henderson del Liverpool e Kanté del Chelsea). Stesso discorso vale per la Liga spagnola, con il Real Madrid di Carlo Ancelotti che ha salutato niente meno che il Pallone d’oro in carica, Karim Benzema.
Il fenomeno si è riproposto con gli stessi ingredienti anche in Francia – con la faraonica partenza dal Paris Saint Germain di due stelle globali come Neymar e il nostro Marco Verratti – e in Italia. In particolare, nel nostro Paese sono state l’Inter e la Lazio a vedersi private di due barometri come Brozovic e Milinkovic Savic. L’elenco dei nuovi volti del calcio saudita potrebbe continuare a lungo, ma la domanda che tutti si fanno è una sola: perché oggi le squadre del Medio Oriente possono spendere cifre folli e firmare contratti da sogno, mentre nel Vecchio Continente il potere d’acquisto dei club è calato drasticamente?
La risposta alla prima parte della domanda è di natura geopolitica. Già da diversi anni, l’Arabia Saudita ha intrapreso un percorso di “civilizzazione” agli occhi del mondo, nel tentativo – chissà quanto efficace – di ripulire la propria immagine di Stato dittatoriale, in cui i diritti delle donne, dei lavoratori e delle minoranze (siano esse di natura etnica o sessuale) vengono valorizzati di più rispetto al recente passato, in cui erano sistematicamente calpestati. Un’operazione di maquillage che l’emirato vuole fare attraverso il mondo del pallone (non a caso, ambisce ad ospitare una delle prossime edizioni dei Mondiali)
Tornando invece alle questioni prettamente calcistiche, il calo di appeal delle squadre europee – esclusi alcuni isolati top club come Real Madrid e Manchester City, che ancora mantengono intatta la propria attrattività – può essere spiegato in diversi modi, tutti egualmente validi. Una delle possibili vie d’interpretazione può e dev’essere quella finanziaria. Non è solo un fattore di soft power, come direbbero gli esperti di relazioni internazionali: a contare sono i bilanci e quelli di molte squadre (a partire dalle italiane) non possono che essere molto negativi se osserviamo la mole di entrate e uscite di denaro dell’ultimo decennio.
A tracciare il quadro complessivo sui conti delle società dal 2013 ad oggi ci ha pensato il Cies, il Centro internazionale di studi sportivi che monitora in maniera costante tutto ciò che avviene dentro e fuori il rettangolo verde. Nell’ultimo report pubblicato in questi giorni ha analizzato acquisti e cessioni effettuate da tutte le squadre europee nelle finestre dedicate alle compravendite. Ne è uscita una classifica che pone l’attenzione sui saldi negativi più marcati, quelli in cui il valore di mercato dei giocatori in entrata supera (e, in diversi casi, di molto) quello dei cartellini in uscita.
A primeggiare in questa particolare classifica è il Manchester United, che in questi dieci anni ha accumulato una perdita complessiva di ben 1.396 milioni di euro (anche se scrivere 1,396 miliardi di euro fa più effetto). Una cifra monstre, che rende bene l’idea su quanto i Red Devils non abbiano saputo impostare un sistema virtuoso, puntando tutto sulle spese pazze senza badare agli introiti derivanti dal mercato in uscita. Una politica scellerata, molto simile a quella messa in atto dal Chelsea (2° in graduatoria con -1.033 milioni di euro) e dal Paris Saint Germain (3° con -1.010 milioni di euro).
Ma veniamo alle compagini italiane. La prima a collocarsi in questo speciale elenco di bocciati è il Milan, che si stanzia al 9° posto: negli ultimi due lustri i rossoneri hanno cambiato quattro diverse proprietà (da Silvio Berlusconi al cinese Yonghong Li, fino al fondo internazionale Elliott e ora all’imprenditore americano Jerry Cardinale), finendo per accumulare un bilancio passivo di 545 milioni di euro tra tutte le sessioni di calciomercato. Distanziata di poco c’è la Juventus (al 14° posto con -449 milioni di euro), mentre tra le poche note positive figurano l’Atalanta – con un guadagno di 227 milioni di euro – e l’Udinese (con un saldo positivo di 195 milioni di euro).
La classifica delle squadra europee con saldo negativo nell’ultimo decennio (dati Cies sulle sessioni di calciomercato dal 2013 ad oggi):
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