Yevhen Seleznyov, che eliminò il Napoli in semifinale di Europa League, ricorda l’attuale centravanti della Roma: “Appena si sarà ambientato del tutto, inizierà a segnare a raffica”
In molti probabilmente se lo ricorderanno per i due ganci rifilati al Napoli in semifinale di Europa League, che costarono l’eliminazione alla banda di Benitez. Yevhen Seleznyov, con un gol all’andata e uno al ritorno, spedì a casa Higuain,Hamsik&co. Era la primavera del 2015 e il suo Dnipro perderà poi in finale col Siviglia. In quella stagione nella squadra ucraina in attacco c’erano lui e Kalinic, mentre sei mesi dopo dalle giovanili verrà aggregato alla prima squadra un ragazzino con gli occhi di ghiaccio e la voglia di spaccare il mondo: Artem Dovbyk. Che però quell’anno non giocherà mai. “Si vedeva che era un gran lavoratore. Non si è mai lamentato. Guardava, studiava e rubava con occhi”. Poi si sbilancia sul futuro. “Non ci sentiamo spesso, ma so che diventerà un grande attaccante. Entro un paio d’anni sarà capocannoniere”
Partiamo dal presente. Come lo vede Dovbyk in giallorosso?
“Credo che il fattore principale sia il tempo. La chiave è aspettare, dargli modo di ambientarsi e di prendere confidenza con il vostro calcio. Più tattico di quello spagnolo. Ma attenzione: se aspetterete un minimo, vedrete il vero Dovbyk”.
In cosa lo vede migliorato?
“Artem ha tutte le caratteristiche per fare bene nel vostro campionato. È veloce, forte fisicamente e sa attaccare la profondità. Appena si sarà ambientato del tutto, inizierà a segnare a raffica. Così come ha fatto in Spagna, lo stesso farà in Italia. Entro un paio d’anni sarà capocannoniere”.
È anche una questione di testa secondo lei?
“Assolutamente sì, è soprattutto una questione mentale. Parliamo di un ragazzo sensibile, un gran lavoratore. Però sa, a Roma, non è semplice. Hai tante pressioni e tante aspettative, non conosci la lingua e tante altre cose. Anche il feeling con i compagni sta migliorando”.
Che giocatore era quando è arrivato da voi al Dnipro?
“Si vedeva che era un gran lavoratore e aveva già dei bei colpi. Parlava poco. Ma non si è mai lamentato. Guardava, studiava e rubava con occhi. E si vedeva già che le qualità c’erano. Lottava senza risparmiarsi. Sembra banale da dire, però è proprio così. Lui con noi all’inizio ha faticato, non trovava spazio. Anche lì, ci è voluto un po’ di tempo”.
Si ricorda qualcosa di lui in particolare?
“Come detto, ricordo una grande attitudine al lavoro e al sacrificio. È uno di quelli che ti stupisce. Poi in allenamento non voleva mai perdere. Lottava come fosse una partita di Champions… ora gli auguro di arrivare a giocarla con la Roma”.
Ha un aneddoto o un dettaglio che lo lega a lui?
“Mi sono rimasti impressi i suoi occhi. Freddi, glaciali. Sono gli stessi ancora oggi. E si rivede davanti alla porta. Ma è una caratteristica innata: o la hai o non si può imparare. Poi, devo dire che non siamo rimasti in contatto, ma l’ho sempre seguito. E sono molto felice di vederlo adesso, arrivato così in alto”.
Quanti gol può fare in Italia secondo lei?
“Penso che sia sbagliato dare un giudizio adesso. A volte dopo le partite leggo delle critiche e credo siano ingiuste. Non le merita. Non è facile fare bene da subito. Ma i gol stanno arrivando, lasciatelo tranquillo e vi farà esultare”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA