Per il suo debutto alla regia, Zamora, Neri Marcorè sceglie di realizzare un film classico. Una struttura classica, dei personaggi classici, un conflitto classico. Anche il periodo, a suo modo, è classico. Il decennio dei sessanta che non è più “quello che è stato”, ma non è ancora “quello che sarà”, dove tutto sta diventando diverso, ma ci vorrà ancora tempo perché il cambiamento risulti tale.
È di certo l’epoca dell’arrivo delle minigonne, dell’odore di divorzio nell’aria, di quiz guardati tutti insieme davanti allo schermo televisivo. È il periodo dell’azienda come famiglia e della famiglia che ti vuole nella propria azienda, e in cui le partire di calcetto tra scapoli e ammogliati non fa parte soltanto dell’immaginario fantozziano di Paolo Villaggio, ma sono tragicamente (rimanendo a tema) e disastrosamente realtà.
Gli anni sessanta sono l’ambientazione del film di Marcorè, sono i costumi e le lenti portate dai suoi personaggi, sono i cartelloni appesi fuori dalle sale cinematografiche e le tute con cui allenarsi e scendere in campo. È il narcisismo del suo protagonista Walter Vismara (anche questo nome tipico e soddisfacente da pronunciare come quelli dei film dei sixties), che pur proiettandosi verso l’uomo moderno, ha ancora i difetti del “tipico maschio italiano” – ma togliamoci anche “italiano” e lasciamo “maschio” in generale.
Timido e riservato, il protagonista è incapace di fare la prima mossa nel lavoro e nella vita, il cui massimo della seduzione sono gli sguardi scambiati in salotto con la figlia degli amici di famiglia e che il coraggio di spostarsi dalla periferia alla metropoli non ce l’ha poi così tanto.
Zamora
Commento breve
Centrato
Data di uscita: 04/04/2024
Cast: Alberto Paradossi, Marta Giustini, Neri Marcorè, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Antonio Catania, Alessandro Besentini, Francesco Villa
Regista: Neri Marcorè,
Sceneggiatori: Neri Marcorè, Maurizio Careddu, Paola Mammini, Alessandro Rossi
Durata: 100 min
La Milano industriale
Per Walter, però, arriva il momento di andare a Milano. Nella Milano industriale. La Milano delle grandi opportunità. Di Ermanno Olmi e il suo Il posto del 1961, dove “Per la gente che vive nelle cittadine e nei paesi della Lombardia, intorno alla grande città, Milano significa soprattutto il posto di lavoro”. La Milano che lo svezzerà, lo metterà a terra prima di farlo rialzare. Che ne tirerà fuori i difetti, ma solo per dargli la maniera di migliorare.
E, a sostenerlo, un aiutante magico, un maestro delle parate, un altro uomo crogiolato e logorato dal suo egoismo, che per soldi comincerà ad aiutarlo e per amicizia continuerà a sostenerlo. Ex portiere, interpretato dallo stesso Marcorè, incapace di parlare con il figlio. Un uomo dedito all’alcol e alla solitudine, altra faccia di quel narcisismo che entrambi i personaggi cercheranno di superare, imparando che la vita fuori e dentro il campo non è mica poi tanto diversa e che bisogna sempre saper giocare ogni palla che ci arriva.
Zamora è scritto a più mani da Neri Marcorè insieme a Maurizio Careddu, Paola Mammini e Alessandro Rossi, prendendo ispirazione da un altro esordio del 2002, ovvero il libro omonimo del giornalista Roberto Perrone. È debutto semplice, come semplici sono i migliori schemi di gioco, e che sorprende con alcuni tocchi di tacco inaspettati, gli stessi che ti fanno andare in porta.
Zamora: schema semplice, palla in porta
È un protagonista, il Walter Vismara di Alberto Paradossi, erede di una tradizione di maschere italiane, ma che le sorpassa non diventando magari un fuoriclasse, ma comunque un dignitosissimo professionista. Uno schivo che non è il solito schivo e un introverso che ha comunque la voglia di prevaricare.
Che ha sicuramente imbarazzo a parlare con la segretaria Ada – interpretata da Marta Gastini – che tanto gli piace, ma sa cogliere l’occasione, quando si presenta, di accompagnarla a casa. Riesce anche a fare dei falli clamorosi, soprattutto quando si tratta di avere qualche pregiudizio o di mostrare tutta la sua vigliaccheria da ego ferito, difetto che le persone insicure possono avere e con cui non si risparmiano nel fare male agli altri.
Zamora è una storia dal respiro passato, che si consuma sul campo di calcio/battaglia. Riflesso di tutti quegli inetti che hanno paura di cambiare, ma che poi cambiano. Che hanno paura di farsi valere, ma che poi si fanno valere. Che sbagliano, e che dobbiamo anche lasciar sbagliare. Perché, alla fine, qualche goal lo hanno preso tutti.
L’Italia del boom economico a servizio di un film piccolo, ma mirato, centrato, diretto. Un esordio appagante come i camei di Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Antonio Catania, Alessandro Besentini e Francesco Villa. Una partita da cui non è detto che si debba uscire totalmente vincitori, ma che dimostra che a raggiungere la coppa ci si è certo provato. Ed è di gran lunga questo il più importante degli insegnamenti.
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