Ranieri, i motivi del no alla Nazionale

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All’entusiasmo iniziale per la chiamata della Federcalcio ha fatto da contraltare il dubbio di fare un torto alla Roma

Alessandro Vocalelli

Opinionista

Sono state, sicuramente, le sue 48 ore da allenatore più sofferte. Sì, da allenatore. Perché Claudio Ranieri, è naturalmente di lui che stiamo parlando, per due giorni si è sentito di nuovo allenatore. Anzi, di più: commissario tecnico della Nazionale italiana. In un crescendo di dubbi, ascoltando se stesso e non solo, ha poi deciso di rinunciare. Con un travaglio emotivo, personale, che – come in un romanzo di Giorgio Faletti – si può riassumere in un titolo: “Tre atti e due tempi”. I due tempi sono quelli – pensate un po’ – di una partita di calcio. I tre atti, anzi le tre scene, si sono svolte così. Si possono ricostruire così.

scena 1

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È domenica e il telefono squilla in continuazione. Non c’è tempo neanche per concentrarsi sull’epica sfida tra Alcaraz e Sinner. La Figc ha già correttamente chiesto e ottenuto dai Friedkin il via libera a parlare con Ranieri. La proposta è chiara, circostanziata, con un doppio ok a mantenere parallelamente la consulenza con la proprietà giallorossa. Si tratta di traghettare l’Italia nel momento più complicato, più delicato, della recente storia azzurra. Perché solo l’idea di star fuori per la terza volta dai Mondiali è insopportabile. Ranieri ha – anche in questo caso correttamente – solo un retropensiero: certo, è, sarà, un dispiacere comunicare la cosa a quelli non cui ha diviso e condiviso gli ultimi giorni a Trigoria. Ma, d’altra parte, “come si può dire no all’Italia?”. Perchè il Cagliari è la mamma, la Roma è la moglie, ma “l’Italia siamo noi, siamo io e te, siamo tutti noi. E come si può dire di no a se stessi?”. Sono i momenti in cui le parole e i pensieri si confrontano con poche persone, anche se il telefono continua a squillare in continuazione. La cena in famiglia, due dita di bianco, si allarga al confronto con le poche persone con cui è legato da una stima profonda. “Claudio, vedrai che ci sarà anche qualcuno che proverà a dubitare della tua buona fede, il giorno in cui convocherai un calciatore della Roma… Ma dai, non scherziamo”. Non scherziamo, perché qui è in gioco la credibilità di un movimento, una qualificazione che stavolta non può sfuggirci. Provate a mettervi nei suoi panni, con quell’interrogativo – con la risposta incorporata – che continua a rimbalzagli in testa. Ma come si può dire di no all’Italia?

scena 2

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La notte non ha portato consiglio, nel senso che lo stato d’animo non è cambiato. E la risposta – ma come si può dir di no all’Italia? – è sempre la stessa. No, non si può. È arrivato il momento di allertare anche i collaboratori più stretti: non andate in vacanza, non prendete impegni, perché si ricomincia. La Figc, ed è ovvio che sia così, è disposta ad accontentarlo in toto: vice, preparatori, tutto insomma. Si lavora alla stesura dei contratti. È il momento di parlare più a lungo con Friedkin. Nessuna norma gli vieta il doppio ruolo, anche se – e non è un dettaglio, per mille motivi, anche di cuore – il nuovo contratto non potrà più essere con l’As Roma, ma direttamente con il gruppo. La durata? Ci sarà tempo per definire ogni cosa, alla luce delle ultime novità. Chissà se qualcuno glielo fa notare, con una battuta affettuosa, ma dal profondo – una vocina che si fa più insistente – c’è qualcosa che finisce per insinuargli un dubbio. Ma se avessi voluto continuare ad allenare, perché non hai accettato di farlo alla Roma? La squadra grosso modo era pronta, non c’era bisogno di rivoluzioni… Sarebbe stato anche più facile gestire le due prossime sessioni di mercato. Insomma, il doppio ruolo va bene, ma se c’era un margine decisionale, anche la Roma sarebbe stata felice – Claudio – di vederti ancora in panchina. Ma la Roma ha accettato la situazione, senza fare pressioni.

scena 3

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L’entusiasmo e le certezze cominciano ad incrinarsi. Però è tutto pronto. Il contratto già fatto nei particolari, il vademecum con le poche regole da non trasgredire nel doppio ruolo: roba più che accettabile. Il dubbio però si fa più invadente e diventa una certezza: qualcuno alla fine ci rimarrà male. La Figc nel caso di un clamoroso rifiuto. La Roma, che – visto come vanno le cose – avrebbe continuato a chiedersi perché allora non continuare con il giallorosso. Inutile continuare a macerarsi in un dilemma senza soluzioni. È ovvio, comprensibile, che non si voglia rispondere sì – sì, si può – alla domanda della prima scena: ma è possibile dire no alla Nazionale? E allora la spiegazione, a se stesso più ancora che agli altri, è che “se ho deciso di smettere di allenare, non posso tornare indietro. Ed è una decisione solo mia”. Ed è quello che è stato comunicato in nottata alla Federazione. Ma allora, perché non dirlo alla prima chiamata, al primo contatto? Perché? Perché non è mai facile mettere ordine nei propri pensieri, figuriamoci in quelli degli altri.



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