Una delle ali più forti del calcio italiano si racconta: “Con l’Hellas l’abbiamo vinto a Capodanno. All’Inter finii fuori rosa, il Trap voleva giocatori più difensivi. Ora il calcio non lo seguo più, ma Osvaldo Bagnoli è rimasto il mio secondo padre”
C he vita si risolva trovando un equilibrio, Pierino Fanna l’ha scoperto a Clodig, dove è cresciuto, nel Friuli nord-orientale, un centinaio di anime sparse tra i monti al confine con la ex Jugoslavia, oggi Slovenia, tra case che come bicchieri sbeccati si incastrano nei ritagli di cielo. Figlio di Gregorino, un “casaro” friulano che si occupava della lavorazione di latte, burro, formaggi, e di Marta, una casalinga slovena, tre sorelle, un pallone, uno spiazzo per giocare, la casa dove abitava duecento metri più su. Pierino – così all’anagrafe, Piero è arrivato dopo e il Pietro che si trova negli almanacchi è un borghese tentativo di edulcorare un nome – ha consumato la libertà della sua infanzia correndo per i prati.