Trapattoni alla guida, i sogni di un presidente che non esitò a fare la rivoluzione sul mercato, il bomber Diaz arrivato al posto di Madjer. Opposta al Milan degli olandesi nasceva l’Inter dei panzer tedeschi, con una formazione che ancora oggi è leggenda: Zenga, Bergomi, Brehme…
Èl’estate del 1988 quando il sogno di Ernesto Pellegrini prende forma concreta. L’uomo che ha costruito il suo impero su un’intuizione che anticipa i tempi – la mensa aziendale come cuore pulsante della socialità nell’ambito lavorativo – scopre che anche nel calcio è questione di ingredienti, organizzazione, staff che funziona, contesti che facilitano il lavoro in corso d’opera: così, dopo anni in cui ha fatto e disfatto, nasce il capolavoro di Ernesto Pellegrini nella stagione dove luccicano l’oro e le stelle, un campionato attraversato di corsa, in cui l’Inter fa la lepre di se stessa e poi va a tagliare il traguardo a braccia alzate, sbaragliando una concorrenza agguerritissima, che va dal Milan di Sacchi al Napoli di Maradona, ma costretta a cedere alla legge del più forte. È l’Inter dei record, la squadra che premia Pellegrini, al quinto anno di presidenza, in una Serie A che – in quel decennio favoloso – è davvero l’Eldorado.