Ancora a secco in campionato – tra gol annullati, pali ed errori clamorosi -, eppure più passano le partite e più appare funzionale per il gioco di Allegri. Che infatti è soddisfatto e non perde occasione per elogiarlo
A confortarlo non ci sono soltanto le carezze dell’allenatore, ma gli applausi dei tifosi quando gli capita di essere sostituito. E la “pancia” della gente è un ottimo indicatore sull’aria che tira intorno a un giocatore. Strana, davvero molto strana la stagione di Santiago Gimenez: dopo un inizio decisamente laborioso, con errori in serie sottoporta che avevano generato un alert grosso come Casa Milan, la sua situazione in termini personali si è man mano aggiustata. Talmente aggiustata da essere arrivati a un evidente paradosso: Santi è diventato un punto fermo dell’attacco nonostante in campionato sia ancora a secco, con buona pace dei suoi 455 minuti in campo.
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L’unico timbro è arrivato in Coppa Italia, nei sedicesimi contro il Lecce. Ma in A il piatto è vuoto e l’appetito cresce smodatamente settimana dopo settimana. Anche perché sino a questo momento tra pali (due), gol annullati (due) ed errori madornali (almeno tre), in termini realizzativi i primi due mesi stagionali del messicano somigliano a una corsa su un prato di chiodi. Per sua fortuna però Allegri ha disegnato un Milan che in qualche modo riesce a percorrere le vie per il gol senza passare necessariamente dal suo centravanti. Le mezzali hanno compiti evidenti di inserimento maggiore rispetto a quanto capitava l’anno scorso, Pulisic è un punto interrogativo costante per le difese avversarie e la fase offensiva viene alimentata anche dai difensori centrali come Tomori e Pavlovic, che si trasformano in ali aggiunte. Ecco perché Allegri non si inquieta di fronte a quello zero nella casella dei gol segnati di Santiago: semplicemente – almeno per il momento – gli basta tutto il resto del lavoro che svolge il messicano. Tutte cose che Max non manca di sottolineare pubblicamente, e non solo perché i complimenti fanno bene al morale, ma perché sono concetti effettivamente visibili sul campo.
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Una cosa infatti è ben chiara, fin dall’estate: Gimenez è l’unico centravanti di ruolo in rosa. La prima considerazione che sgorga spontanea è: un centravanti che non segna, è un problema. In questo Milan, per ora no. Lo sarà se a Natale saremo ancora qui a quota zero. Ma non adesso, perché il messicano offre all’allenatore e alla squadra un lavoro di pressione sugli avversari che due terzi dei colleghi di reparto, per svariati motivi, non garantiscono. L’unico in grado di svolgere – parzialmente – quelle mansioni con costanza è Pulisic. Che infatti è il vero inamovibile del reparto. Ma Gimenez ormai lo segue a ruota, anche per mancanza concreta di concorrenza. Su Leao si è tornati a spremere fiumi di parole e di critiche sull’atteggiamento, e comunque Rafa interpreterà il ruolo di attaccante sempre secondo le sue caratteristiche (almeno su questo, non gli si possono dare colpe). Mentre Nkunku ha sicuramente più attitudine all’aiuto collettivo ma, al di là delle condizioni atletiche ancora precarie, non è una prima punta. Ama svariare, ama arretrare. Ecco perché Gimenez, nonostante tutto, resta per ora ben saldo al centro dell’attacco. Perché spesso si porta via gli uomini e apre corridoi, perché rompe le scatole ai centrali avversari, perché sa dettare la profondità ai portatori di palla. Certo, se iniziasse a buttarla dentro si aiuterebbe parecchio in chiave futura, perché Leao e Nkunku comunque nell’arco di una stagione reclameranno spesso la passerella. Intanto, però, Allegri si gode il paradosso Santi: non segna, ma merita di giocare.
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