Compagno di squadra anche di Rivera, Riva, Zoff e Altafino e poi allenatore di Roma, Inter e Fiorentina e soprattutto guida azzurra del primo scudetto del Napoli: “È un titolo di tutti, non solo di Diego, c’erano Bagni e Ferrara e in più organizzazione di gioco e collettivo”
O ttavio Bianchi ha una voce pastosa e calda. Gentilissimo, disponibile, ironico. Vive a Bergamo Alta. Nella sua bella casa non c’è un pallone, una maglia, una targa. Il calcio è rimasto fuori dalla porta, da più di 20 anni. Lo ha lasciato, parole sue, «dalla sera al mattino», come quando ha smesso di giocare. Una decina di anni fa gli hanno chiesto: le piacerebbe tornare ad allenare? E lui: «No». È stato un allenatore di ghiaccio. Lo hanno battezzato, o etichettato, in tanti modi. Orso e martello. Antipatico e musone. Duro e aggressivo. Addirittura sgradevole, uno che non sorride mai. Maradona, raccontano, rivelò un dettaglio curioso: «Bianchi ride se siamo tutti seri, fa il serio se ridiamo tutti».