Fra le cose che non hanno funzionato in stagione, anche l’impiego di diversi singoli da parte dei due allenatori: quattro centravanti alternati, nessuna certezza in difesa e poi…
A Milanello è calato il sipario. La scialba vittoria contro il Monza ha messo il punto a una delle stagioni più fallimentari della storia del Milan, conclusa con la mancata qualificazione alle prossime coppe europee. Sono ormai un ricordo i tempi in cui i rossoneri inanellavano quattro vittorie di fila, a partire da quel 3-0 nel derby di Coppa Italia che aveva restituito – seppur in minima parte – qualche sorriso sui volti dei giocatori. Il Milan 2024-25 ha vissuto nel caos, sia dal punto di vista societario – il valzer del ds si è risolto solo negli ultimi giorni con l’arrivo di Tare -, che tecnico, specie nella gestione paradossale dei giocatori.
un attacco rivoluzionato
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Il Milan 2024-25 è stato una nave che da inizio anno ha navigato senza bussola. Non si sapeva mai cosa aspettarsi: dal risultato finale, all’approccio alle partite, fino alle scelte dei giocatori. Ed è proprio su quest’ultimo punto che emergono le contraddizioni più evidenti. In attacco si è fatto all-in su Morata (15 milioni), salvo poi scaricarlo nel mercato invernale. Si è passati ad Abraham, fino ad arrivare al grande colpo di gennaio: Santiago Gimenez. Doveva essere lui il faro offensivo nella seconda parte di stagione ma, complice qualche acciacco fisico e un inevitabile percorso di adattamento, ha lasciato il posto al dimenticato Luka Jovic, l’eroe della semifinale di Coppa Italia contro l’Inter, diventato il nuovo numero nove titolare, seppur tormentato dagli infortuni. A centrocampo Reijnders è rimasto intoccabile, così come Pulisic, mentre Fofana – pilastro della mediana con Fonseca -, è stato messo più in discussione da Conceiçao, che a volte ha preferito dare fiducia a Musah, fino alla bocciatura definitiva contro la Fiorentina.
difesa a rotazione
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In difesa si sono alternati tutti. Pavlovic è stato rispolverato da SC con il passaggio alla linea a tre, così come Tomori, titolare a inizio stagione e poi scavalcato, almeno inizialmente, da Gabbia. Thiaw, da perno difensivo, è diventato una seconda scelta. Calabria, con il passare delle settimane, ha ceduto il posto a Emerson Royal. Arriviamo così a gennaio, il mese che ha fatto (per poco) sognare i tifosi rossoneri. Cinque acquisti, almeno tre dei quali di buon livello. L’assist di Gimenez per Joao Felix contro la Roma in Coppa Italia, al loro debutto ufficiale, è stato uno dei bluff più clamorosi della storia recente milanista. Il portoghese è diventato un dodicesimo di lusso, mentre il messicano, dopo i gol lampo a Verona ed Empoli, ha finito le munizioni, ritrovandole solo contro Venezia e Bologna due mesi dopo. Bondo ha visto il campo appena cinque volte, Sottil otto, mentre Walker – fino ai primi di aprile – è stato l’innesto invernale più efficace, per poi uscire di scena anche lui. L’investitura di Jimenez largo a destra nel 3-4-2-1 ha relegato l’inglese alla panchina. Da Venezia in avanti – cioè, da quando è tornato dall’infortunio -, Walker non è mai stato titolare.
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triste epilogo
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Nel discorso rientrano anche Leao e Theo Hernandez. Né Fonseca né Conceiçao si sono fatti problemi a rinunciare all’ala portoghese, ancora in cerca della maturità necessaria per il salto di qualità. Per Theo, invece, la concorrenza al Milan non è mai esistita. I suoi comportamenti in stagione hanno fatto discutere – a Roma con la Lazio e a Firenze specialmente – ma, senza un vero vice di ruolo (l’unico è Bartesaghi, ma inserito principalmente nella rosa del Milan Futuro), i rossoneri hanno sempre fatto affidamento su di lui. L’unica vera certezza è stata Christian Pulisic, autore della miglior stagione in carriera con 17 gol e 12 assist. L’americano è stato l’insostituibile della rosa rossonera, al pari di Tijjani Reijnders. Quel filotto di quattro successi consecutivi, tra Coppa Italia e campionato, di inizio mese aveva ridato al Milan quelle certezze – almeno in parte – che sono mancate per tutta la stagione: un undici titolare stabile, una difesa più solida e un equilibrio tattico. Certezze spazzate via nel giro di quattro giorni, tra un trofeo lasciato nelle mani degli avversari e un’altra sconfitta, a Roma, che ha dato il colpo di grazia a una delle stagioni più buie della storia recente rossonera.
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