Milan, Ibrahimovic a Sanremo e cosa è cambiato – La sveglia di Luigi Garlando

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Quattro anni fa al Festival della Canzone piacque a tutti perché era stato se stesso. Poi ha deciso di diventare “il boss che comanda”

Luigi Garlando

Giornalista

Stasera parte il Festival di Sanremo. Ricordate Ibra? Edizione 2021. Intrappolato nel traffico, fermò un motociclista, tale Franco, e si fece portare all’Ariston per la prima serata. Poi affiancò Amadeus in tutte le altre. Un successone. Zlatan piacque a tutti, perché non aveva recitato, era stato se stesso. Uomo, non superuomo. Diceva cose come: “Il fallimento non è l’opposto del successo. È una sua parte”. Dopo una vita a dividere, campione di mille maglie, aveva sperimentato l’affetto trasversale di tutti gli italiani sul palcoscenico più popolare del Paese, in frac. San Ibra che riunisce. Mentre correva in un bosco, una nonnina lo fermò: “Zlatan, eri bellissimo a Sanremo! Hai un bel sorriso, usalo di più”. 

Più felice di quel complimento che di un’ovazione di curva, sulla soglia dei 40 anni, con la paura crescente per il dopo-calcio: “Dove troverò l’adrenalina che mi dava il pallone?”. Si è risposto: nel potere. È diventato “il boss che comanda”, come ha spiegato ruvidamente a Boban. È tornato l’eroe di una parte sola, ma non più amato incondizionatamente. Nella crisi gli hanno rimproverato inesperienza e latitanze. Lo hanno fischiato. Alla festa per i 125 anni è entrato dall’ingresso laterale. Dopo Zagabria, ha strigliato la squadra con toni sgraditi agli ex compagni. “E il sorriso?” chiederebbe la nonnina. Ora, grazie al mercato (e a Mendes) che ha riparato gli errori estivi, il Milan sta meglio. Ieri Ibra ha ringhiato agli arbitri: i tifosi hanno gradito. Imparerà, crescerà, vincerà. Ma forse oggi fermerebbe ancora Franco per farsi riportare a Sanremo, su quel palco, dove tutti gli italiani gli volevano bene.



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