Negli ultimi dieci anni è successo altre due volte, una sul campo e l’altra extra: raccontiamo come ci si arrivò e che cosa accadde al Diavolo la stagione successiva
In casa Milan è tempo di processi. E anche di rivoluzione, tecnica e societaria. La sconfitta di Roma ha sancito ufficialmente la mancata qualificazione alle prossime coppe europee. Per demeriti sportivi, non accadeva dalla stagione 2015-16. L’ennesima notizia negativa in una stagione fallimentare sotto ogni aspetto. Se la Champions era ormai un miraggio da mesi, la sconfitta in finale di Coppa Italia contro il Bologna ha fatto sfumare anche l’accesso diretto nella prossima Europa League. Il 3-1 subito contro i giallorossi in campionato ha inferto il colpo finale, vanificando persino la possibilità di ottenere un posto in Conference. Dall’era Berlusconi a oggi, sono quattro le volte in cui il Milan ha mancato l’appuntamento con l’Europa: l’ultima risale alla stagione 2018-19, ma in quel caso per motivi extra-campo.
2015-16: che incubo
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L’attuale stagione del Milan rievoca da vicino quella del 2015-16. Due cambi di allenatore in corsa (Mihajlovic-Brocchi), una finale di Coppa Italia persa contro la Juventus, oltre cento milioni spesi sul mercato tra estate inverno, un derby di campionato vinto 3-0 e, infine, la mancata qualificazione alle coppe europee. Quel Milan di nove anni fa chiuse al settimo posto, fuori da tutto, lasciando compiere la storia al Sassuolo, qualificatosi per la prima volta in Europa grazie al sesto posto. Erano anni di buio profondo in casa Milan, che viaggiava sulla chiglia della parte sinistra di classifica, tra decimi e ottavi posti. Era, soprattutto, il tramonto dell’era Berlusconi, che nell’agosto 2016 avviò – con le firme sul preliminare – la cessione alla cordata di investitori cinesi capeggiata da Yonghong Li.
la ripartenza
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I rossoneri, dopo quella stagione fallimentare – l’ennesima di quel periodo -, ripartirono l’anno seguente con un nuovo proprietario, un nuovo allenatore (Montella), diversi prestiti (Pasalic, Mati Fernandez…) e poche spese contenute: Lapadula a 9 milioni, José Sosa a 7,5 e Gustavo Gomez a 8,5. Montella fece di necessità virtù: chiuse il girone d’andata all’ottavo posto e a gennaio conquistò la Supercoppa italiana ai rigori contro la Juve, che si sarebbe poi rifatta nei quarti di Coppa Italia. Carlos Bacca fu il capocannoniere della squadra con 13 gol, trascinando il Milan fino al sesto posto, nonostante le undici sconfitte, lo stesso numero registrato questa stagione in Serie A. Curiosità: la qualificazione ai gironi di Europa League, dopo tre anni di assenza, i rossoneri la conquistarono battendo proprio il Bologna per 3-0 alla penultima giornata. Otto anni dopo, saranno gli emiliani a prendersi la rivincita.
2018-19: caos e rivoluzione
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Sono anni di continui cambiamenti in casa Milan, segnati anche da numerosi problemi extra-campo, in particolare legati al fair play finanziario e agli obblighi di bilancio. Il Tas, inizialmente, esclude il Milan da tutte le competizioni Uefa, salvo poi riammetterlo ai gironi di Europa League. Ma l’estate 2018 resta rovente in via Aldo Rossi: Gattuso viene confermato in panchina, ma in società è rivoluzione. Il 10 luglio subentra il fondo americano Elliott, che in pochi giorni fa piazza pulita: il lavoro delll’ad Fassone e del ds Mirabelli finiscono lì, mentre Leonardo assume il ruolo di direttore generale dell’area sportiva e Paolo Maldini quello di direttore dello sviluppo strategico area sport. A dicembre si aggiunge anche Ivan Gazidis come nuovo amministratore delegato. Sul mercato vengono spesi oltre 150 milioni, di cui 70 solo a gennaio per Piatek e Paquetà (35 milioni ciascuno). I risultati, però, sono deludenti: il Milan perde la Supercoppa Italiana contro la Juve, viene eliminato malamente ai gironi di Europa League e in seminale di Coppa Italia, chiudendo comunque al quinto posto in campionato, sufficiente per confermare la presenza in Europa l’anno successivo. Il 28 giugno, però, il Tas esclude ufficialmente i rossoneri dall’Europa League per aver violato le normative del fair play finanziario durante i trienni 2014-17 e 2015-18.
ripartenza
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La stagione successiva, 2019-20, è una delle più travagliate in casa Milan. In società, Leonardo si dimette, Maldini diventa direttore tecnico, Boban viene nominato Chief Football Officer e il ruolo di direttore sportivo viene affidato a Massara. Al posto di Gattuso, viene scelto Giampaolo come allenatore, ma la sua avventura dura appena tre mesi: quattro sconfitte nelle prime sei partite – un inizio di stagione che non si vedeva da 81 anni – e l’esonero risulta inevitabile. Sarà Pioli a subentrare e risollevare il Milan dalle ceneri, grazie anche all’aiuto di Ibrahimovic e Kjaer, arrivati nel mercato di gennaio. In quella che è stata la stagione più assurda della storia, falcidiata dal Covid, e ripresa solo ad agosto, il Diavolo raggiunge la semifinale di Coppa Italia, persa contro la Juventus. In campionato, i dodici risultati utili consecutivi nel periodo post-pandemia permettono ai rossoneri di chiudere sesti, un posto valido per il secondo turno preliminare di Europa League.
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altri precedenti
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Ampliando gli orizzonti a partire dall’era Berlusconi (quindi da febbraio ’86), la prima volta che il Milan rimase fuori dalle coppe europee fu la 1996-97. I rossoneri, campioni d’Italia in carica, terminarono undicesimi in Serie A, fuori da ogni competizione europea. Un fallimento totale, sotto la guida prima dall’uruguaiano Tabarez e poi dal Sacchi-bis. L’anno successivo, 1997-98, fu un altro disastro, stavolta con Fabio Capello: il Milan chiuse la stagione al decimo posto, perdendo anche la Coppa Italia in finale contro la Lazio.
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