Conceicao e Motta non danno garanzie di poter arrivare fra i primi quattro. Non farcela, però, sarebbe insostenibile
Almeno fino all’anno scorso si apriva un paracadute. Perché se proprio andava male ma non malissimo nei gironi di Champions League, una squadra non raggiungeva gli ottavi ma da terza veniva ripescata in Europa League, con playoff meno complicati di adesso. Il Milan della scorsa stagione, dopo la retrocessione dalla coppa più prestigiosa, proseguì fino ai quarti di finale del secondo torneo, prima di venir fermato dalla Roma. Qualche euro-notte in più, con incassi da botteghino, premietti Uefa, speranza anche di Supercoppa europea; e si ingrassava anche il ranking (a proposito: diventerà materia scolastica, visto che è diventato di uso e interesse comune). Anche la Juve due stagioni fa scese di un gradino, ma continuò fino alla semifinale di Europa League, quando mancò il derby in finale con la Roma perché perse ai supplementari contro il Siviglia. Milan e Juve adesso non hanno avuto un regolamento a cui aggrapparsi, per salvare la loro disastrosa annata europea. Si sapeva, la nuova formula era più buonista nella prima fase, tanto che i rossoneri erano a zero dopo due partite ma poi potevano anche passare tra le prime otto, senza il tracollo dell’ultima giornata a Zagabria. Ma nello spareggio il meccanismo diventa impietoso. La mentalità da campionato, obbligatoria nella prima fase, ha forse ingannato le nostre rappresentanti. Non hanno capito che era iniziato il dentro o fuori, che un errore non sarebbe stato più recuperabile. Anche Milan e Juventus di sbagli ne hanno mostrati troppi. Senza paracadute ci si schianta. Come proseguire? Rincorrendo di nuovo questa coppa, per forza. Anche se non è l’ultimo obbiettivo possibile, visto che le due big sono ancora in corsa in Coppa Italia, ma perché è un traguardo che indirizza il futuro. Porta tanti soldi, incide sulle scelte di mercato e su quelle degli allenatori. Il Milan è uscito dalla Champions con circa 60 milioni di euro in cassaforte, la Juve viaggia sui 65. Questo bottino si completa con le entrate dei biglietti allo stadio, le sponsorizzazioni, altri premi connessi. Ecco perché la rifondazione di una rosa passa dall’obbligo della grande Europa da almeno otto partite assicurate. Una stagione da comprimarie non era nei piani di Milan e Juve, viste anche le spese in tripla cifra per nuovi giocatori. I rossoneri hanno ammesso il loro fallimento cambiando l’allenatore, ma da Paulo Fonseca a Sergio Conceiçao non è stata migliorata la continuità, non è stata trovata la serenità necessaria per affrontare un periodo delicato. Il mercato aggressivo di gennaio, con spese che non erano in preventivo, ha sconfessato quello estivo. In totale sborsati 110 milioni, ma quasi 50 sono usciti nelle trattative chiuse a inizio mese, con il solo Santi Gimenez che ne è costati circa 30 e non ha indebolito il Feyenoord. Anche il tifoso più ottimista non chiedeva un’annata con scudetto o Champions. Però nemmeno un addio ai sogni sui fronti più importanti già in inverno. Al Milan va affrontata una ricostruzione totale, attorno a Gimenez e Christian Pulisic, con un allenatore che sappia evitare le tensioni, le ripicche, i blackout mentali. Conceiçao ha nel contratto un bonus di un milione per la conquista della qualificazione in Champions. Più che i soldi, il tecnico si gioca il futuro nei prossimi mesi, fino ai verdetti di maggio. Anche la credibilità della Juve di Thiago Motta vacilla dopo questa uscita contro il Psv, battuto 3-1 nella prima fase e 2-1 all’andata. Il rinnovamento (da 230 milioni) era necessario e fortemente voluto, però la stessa fama nome del club non lascia troppo tempo per riammodernare, costruire un gruppo solido e duraturo. La Juve ora non ha bisogno di ripartire da zero, ma di crescere con più maturità e una mentalità diversa. Meno timorosa quando le difficoltà aumentano, più determinata a imporre la sua gestione della partita e non ad abbandonarsi alle paure quando sono gli avversari a comandare. E per far crescere il carattere serve un allenatore che sia più pratico e meno teorico, che capisca il momento della partita in cui dalla panchina si possono gestire le emergenze. I tanti, troppi pareggi, avevano dimostrato che Motta non era abile nell’evitare ai suoi tremori e ansie. Le quattro vittorie consecutive da inizio mese sembravano aver stabilizzato la Juve e la posizione del suo allenatore. Ma tutte le certezze sono svanite a Eindhoven, anche quella sul futuro di Motta.