Milan, così RedBird sta cambiando filosofia

allgossip9@gmail.com
6 Min Read

Le linee guida di base restano le stesse di Elliott, ma il fallimento della scorsa stagione ha imposto un cambio di filosofia in diversi ambiti. E ciò che prima era “tabù”, ora viene vagliato

Marco Pasotto

Giornalista

Da una parte, il modello aziendale. Dall’altra, le esigenze dell’area sportiva, ovvero quelle chiamate a generare risultati. Le due facce della luna devono necessariamente convivere, e parlarsi. Se c’è una cosa che il Milan ha imparato – a sue spese – negli ultimi anni, è che le linee guida gestionali non possono sempre viaggiare al di sopra di tutto il resto. Devono esserci, è chiaro, ma talvolta occorre metterci mano. Non significa sconfessarle, ma rimodularle in base alle esigenze del club. Dopo lo sprofondo finanziario del club a trazione cinese, occorreva innanzitutto riconsegnare al Diavolo un assetto finanziario credibile per tre motivi: mettersi al riparo dalle sanzioni Uefa, tirare a lucido i conti nell’ottica di una futura cessione e, ovviamente, potersi permettere di rinforzare la squadra. Il fondo Elliott, che si è ritrovato fra le mani il club a causa dell’inadempienza di Mister Li, ha iniziato un’opera di risanamento che equivaleva più o meno a scalare un Ottomila senza ossigeno. Tra Elliott e RedBird, i virtuosismi finanziari sono andati a buon fine e il bilancio è tornato al colore verde dopo ben diciassette anni di rosso. Ora, però, stanno subentrando altre esigenze perché il modello – così com’era impostato anche solo tre-quattro anni fa, non regge più. Nel senso che la mancanza di risultati sportivi sta generando perdite, mancati ricavi, giocatori che ringraziano per l’avventura e si accasano dove possono avere tutto e subito. E quindi è un modello che si sta trasformando. Quelle che parevano linee guida inscalfibili e inderogabili in certi casi non sono più così rigorose.

mix

—  

La prima cosa che balza agli occhi è l’anagrafe. Uno dei mantra più “celebri” era la fascia d’età dei giocatori da portare a Milanello: possibilmente under 25. Con qualche debita eccezione, certo, come fu per Ibra e Kjaer per esempio. L’idea era – e, di base, è ancora – quella di mettersi in casa gente relativamente giovane, brava ma non troppo famosa, e da potenziale plusvalenza. Il corso del tempo ha però fatto capire che senza qualche senatore è molto dura. Ecco perché sono arrivati Giroud e Florenzi, per esempio. Ma è soprattutto quest’anno che la questione spicca particolarmente. In teoria la mediana della stagione ’25-26 potrebbe essere composta da Modric, Xhaka e Fofana. A parte il francese, che ha 26 anni, parliamo di giocatori che a settembre compiranno rispettivamente 40 e 33 anni. Si è parlato anche di Rabiot, che ne ha 30. Assistere a uno scenario simile sarebbe stato impensabile fino a pochissimi anni fa. Certo, non siamo a un passo da quell’instant team che la proprietà rossonera di base vede quasi come blasfemia calcistica, ma negli ultimi tempi l’orientamento è cambiato. D’altra parta quella scorsa non è semplicemente stata una brutta annata. E’ stata disastrosa, e per ripartire serve uno stacco dal passato perché bissare l’esclusione dalle coppe europee avrebbe risvolti finanziari drammatici. Quindi: occorre prelevare dal mercato un sapiente mix tra 25enni di buona prospettiva e gente di esperienza che sappia prendere in mano lo spogliatoio.

figure d’esperienza

—  

Un altro cambiamento radicale si è verificato a livello dirigenziale. Il Milan, per un lasso di tempo colpevolmente lungo (colpa riconosciuta informalmente anche all’interno del club), si è di fatto gestito senza un’area sportiva. O meglio: senza figure che avessero esperienza specifica in tal senso. I risultati sono stati sotto gli occhi di tutti e la proprietà è corsa ai ripari – in ampio ritardo -, ingaggiando un direttore sportivo “di professione”. Poi c’è la parte relativa agli stipendi. Se fino a qualche tempo fa le operazioni di mercato e i rinnovi avevano come stella polare un tetto indicativo – comunque mai ufficializzato e dichiarato dal club – di circa 4 milioni netti, con rarissime eccezioni, ora i parametri sono meno rigorosi. Ciò non significa scialacquare, ma in presenza di acquisti o rinnovi particolarmente importanti e funzionali, si può salire. C’è infine anche un altro cambio di filosofia. Che non può essere radicale, ma è comunque un segnale: il tentativo di re-italianizzare il Milan, anche perché il modello Usa non è sovrapponibile alle esigenze del nostro calcio. E quindi: Allegri in panchina, Tare (italiano acquisito) al timone dell’area sportiva, sul taccuino della dirigenza nomi come Leoni, Comuzzo e Lucca. Transizione in atto nella casa del Diavolo, alla ricerca del modello aziendale migliore.



Share This Article
Leave a Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *