Parla il figlio dell’indimenticabile allenatore della Lazio, quella dello scudetto 1973-74: “Io credo che abbia fatto più da morto che da vivo, perché il tricolore lo vince un tecnico ogni anno, ma pochi restano nel cuore della gente come lui”
s i somigliano, questa è cosa nota. “Ho soprattutto l’attaccatura dei capelli come babbo”. No, ha soprattutto l’attenzione verso gli altri, la cura nel volerli rendere felici che aveva il suo babbo. Massimo è uno dei quattro figli di Tommaso Maestrelli, il “maestro”, l’uomo capace di regalare alla Lazio il suo primo scudetto nel 1974 e di restare nel cuore dei suoi tifosi, tutti. Anche quelli di Bari, Reggina e Foggia, dove non ha sempre avuto successo. “Il percorso di mio padre è stato particolare. Ovunque sia andato è stato capace di lasciare il segno. Immaginate 5 mila persone che da Reggio Calabria partono per Lecco per la partita che può regalar loro la Serie A… Gara persa, ma i tifosi hanno continuato a volergli bene, così come è successo a Foggia. Tante cose di lui, come il fatto che abbia rischiato la vita in guerra, le ho scoperte cercando in cantina materiale per il documentario ‘Tommaso – Maestrelli e il calcio a colori’ (disponibile su RaiPlay, ndr): non sapevo avesse avuto il compito di formare 360 soldati a 22 anni. Era un uomo di ideali. Quando dopo il Foggia venne cercato dalla Roma, che stava solidamente in A, e la Lazio, in Serie B, lui scelse la Lazio… Per lui il percorso più logico non era sempre quello giusto, era retrocesso in B e da lì voleva ripartire, le cose se le doveva guadagnare”.