Re indiscusso dell’ultimo passaggio, il croato Pallone d’oro porta in rossonero il suo calcio antico ma moderno, coltivato da piccolo rifugiato ed esplosa a livello mondiale nel Real
Luka Modric porta in dote al Milan un calcio antico riverniciato di modernità. I suoi quarant’anni – da compiere a settembre – stanno lì a dare contezza di un campione eterno, uno dei quattro-cinque che hanno segnato l’ultimo ventennio. Non vi è dubbio che sia stato lui il più fenomenale facilitatore di gioco del football di questi anni, il sacro custode delle geometrie definitive che regolano le trame delle partite, un riassunto vivente di sapienza calcistica. Modric è l’Intelligenza Artigianale, nel senso più nobile del termine: conosce le leggi del calcio e ne farà dono a Max Allegri. Stile e stiletto, le doti del croato sono riferibili a una tecnica di prim’ordine, al portamento regale, alla disinvoltura – massima qualità dei rari – che risiede in ogni gesto. Lo si è spesso definito uno straordinario direttore d’orchestra, ed è vero, poiché se c’è una qualità che più di altre lo distingue è la padronanza assoluta della posizione e dello spartito. È come se la partita venisse in qualche modo calamitata dalla sua luce, per poi, dopo il suo tocco, dirigersi altrove.
lezioso mai
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Poiché tutti i fili di ogni storia personale s’intrecciano con destini che appartengono ad altri, va qui ricordato con quel favore che si riserva alle coincidenze che, quando gli venne consegnato il Fifa Best Player 2018, Modric fece commuovere Zorro Boban, dichiarando che era stato proprio lui, un fuoriclasse che ha diritto di cittadinanza nel pantheon del Milan, la fonte d’ispirazione per la sua generazione. È una storia che si ricuce, nel segno del rosso e del nero. Quando Zvone, nel 1992, arrivò al Milan, Modric aveva sette anni. Era cresciuto a Zaton, borgo dalmata sui Monti Velèbit. Padre stradino, madre operaia e sindacalista, nonno ucciso – poiché scambiato per un partigiano croato – mentre stava pascolando le pecore; da un anno il piccolo Luka era ufficialmente un profugo, scappato da casa dopo la Guerra d’Indipendenza croata, rifugiato in un hotel di Zara, dove rimase per sette lunghi anni, grattando alle giornate spazi di felicità solo quando aveva il pallone tra i piedi. Inventava arabeschi nel cemento di un parcheggio, affinando l’arte dell’assist che anni dopo, negli stadi più nobili del mondo, l’avrebbe reso celebre. Il segreto degli assist risiede certamente nell’intuizione e nel piede che la assiste, ma più di altro nel baricentro basso, nel movimento del bacino, nell’elasticità di un corpo allo stesso tempo ben piantato e miracolosamente agile. Eppure: anche se con quel piede destro potrebbe dipingere la Dama con l’ermellino, Modric si è sempre sfilato dalla leziosaggine, rimanendo ancorato a un’idea di calcio rotonda e semplice. Che in fondo è la stessa filosofia del suo nuovo allenatore in rossonero.
è un harry potter
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Le statistiche ci dicono che la pratica dell’assist l’ha allontanato dall’esercizio del gol (tre di media in campionato nei suoi 13 anni a Madrid) ed è chiaro che nel Milan a Modric verrà chiesto soprattutto di mettere gli attaccanti nella condizione migliore di fare gol. Leao prenda nota. In campo aperto, certe imbucate di Luka sono quanto di meglio si possa sperare. Da Vinicius a Benzema fino a Cristano Ronaldo, negli anni al Bernabeu sono stati in tanti a beneficiarne. Ad assisterlo ci penseranno Fofana, Ricci, Loftus-Cheek: sappiano che la vicinanza del nuovo 14 milanista ha aumentato lo status dei tanti che gli hanno giocato accanto, dall’inarrivabile Kroos a Casemiro, da Marco Asensio a Lucas Vazquez, da Valverde a Camavinga. Anche da un punto di vista fisico, Modric costituisce un’anomalia. Il suo, in un football sempre più extralarge e muscolare, è il corpo di un adulto che trattiene dentro di sé un bambino, un Harry Potter con le cose più robuste e qualche ruga feroce sugli zigomi. Modric ha cominciato a giocare ad alto livello vent’anni fa, quando il calcio era ancora lungo e largo. Col passare del tempo, l’evoluzione è stata violenta, il gioco si è fatto corto e stretto. Ma i cambiamenti non ne hanno scalfito la postura, non l’hanno spodestato. Negli anni la levità è stata sostituita dal trionfo dei bicipiti e la leggerezza è sparita, evaporata – per usare la più bolsa delle immagini – in una nuvola di “sportellate”, ma Modric ha sempre mantenuto la sua diversità. Il principe croato è sempre lì, sul piedistallo del centrocampo.
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il colpo di coda
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Modric arriva a Milano carico di gloria e trofei. Il croato sarà il tredicesimo campione che si è fregiato del Pallone d’oro a impreziosire la storia del Diavolo e a rinverdire una tradizione che dura da più di cinquant’anni. Il primo fu Gianni Rivera, l’ultimo in ordine di tempo Kakà. In mezzo Roberto Baggio e Weah, Sheva e Ronaldinho, Gullit e Van Basten, Ronaldo e Rivaldo, Papin e Pablito Rossi. Quando ha vinto il Pallone d’oro, nel 2018, l’ex metronomo del Real Madrid l’ha fatto interrompendo una diarchia durata un decennio, punto esclamativo tra Messi e Cristiano Ronaldo che si sono divisi cinque trofei a testa, segnando non solo un’epoca, ma l’immaginario di una intera generazione. Sembrava, quel premio, il punto più alto della carriera, invece Modric, che all’epoca aveva ampiamente scavallato i trent’anni, ha messo la prolunga alla sua straordinaria carriera. Certo che nella sua parabola ormai declinante (l’anagrafe non mente…) la cosa più semplice sarebbe leggere nell’approdo al Milan il colpo di coda di un campione che ha rimandato, forse per vanità, di un anno il suo congedo. Non dovrebbe essere questo il caso di Modric. Tutta la sua carriera, tutta la sua vita verrebbe da dire, è stata accompagnata dal rigore, dal senso del dovere, da una disciplina che è prima di tutto conoscenza di se stessi. Modric è custode dei segreti del gioco. Gli appartengono, ne dispone a piacimento. Molto dipenderà da come e quanto il Milan – inteso come Allegri, i compagni di squadra, San Siro – saprà (ri)accendere la scintilla che gli brucia dentro, motivandone l’orgoglio. La giovinezza è uno stato d’animo.
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