L’argentino faro a centrocampo degli spagnoli: “Vedrete che spinta dai nostri tifosi. Puntiamo al 5° posto in Liga per andare in Champions”
Gli occhi chiari, un gran sorriso, la calma di chi è abituato a prendere il calcio e la vita con fiducia nei propri mezzi. Questo trasmette Gio Lo Celso, centrocampista del Betis e della nazionale argentina colpito spesso sotto la cintura da infortuni più o meno gravi che gli hanno fatto perdere tra le altre cose il trionfale Mondiale in Qatar (fu sostituito da Dybala) ma non la voglia di guardare il mondo con una notevole pace. L’abbiamo incontrato al centro sportivo del Betis intitolato a Luis del Sol, grande giocatore tra gli altri di Juve e Roma, per farci guidare alla scoperta della squadra sivigliana che sfida la Fiorentina in semifinale di Conference League.
“Il Betis è un super club, ambizioso, sostenuto da una grandissima tifoseria, con uno stadio da quasi 60 mila posti che è sempre pieno e che spinge da morire. Lo dico da argentino, con cognizione di causa”.
“Si, una città che come Siviglia ha due grandi club, Rosario Central, il mio, e Newell’s. Si respira calcio, e il fatto che lì siano nati calciatori come Messi, Banega, Di Maria, il ‘Pocho’ Lavezzi o Mascherano dice tutto dell’aria che ci circonda. La cantera di Rosario è inesauribile. A Siviglia ho trovato la stessa rivalità, la stessa competizione per il prestigio cittadino”.
Per anni il Siviglia ha dominato, vincendo tanto in Europa. Ora andate forte voi.
“Si, però ci manca quel passo definitivo in Europa, per questo la semifinale con la Fiorentina (la prima per il club) è importantissima e attesissima. Dobbiamo conquistare la finale per continuare a crescere, così come dobbiamo arrivare al quinto posto in Liga (il Betis è sesto, ndr.) per tornare in Champions dopo tanti anni. L’ambizione c’è”.
Che dice della Fiorentina?
“Che è forte, non si arriva per caso a due finali consecutive in Conference League. In questo senso loro sono più avanti di noi. Squadra che gioca bene a calcio, con individualità importanti e con la nostra stessa ambizione. Sarà durissima e non si deciderà qui a Siviglia, domani nella gara di andata, anche se speriamo di chiudere il primo round in vantaggio”.

E la Conference? A voi giocatori piace?
“Eccome! Chi non la gioca magari non dico che la disprezzi però si la può sottovalutare, ma noi calciatori vogliamo giocare e se è vero che è un grande sforzo perché si gioca il giovedì sera spesso in città un po’ sperdute e scomode da raggiungere, però è anche vero che affronti squadre piene di passione, stadi piccoli ma con ambiente contagioso. E poi ora c’è questa semifinale tra due club storici, e chi vince con ogni probabilità sfiderà il Chelsea che ha vinto due Champions. Non è roba da poco”.
Il suo rapporto con l’Italia?
“Molto stretto, ma mai definitivo. Parenti di Verona da parte di mia madre, tanti contatti con le squadre italiane che non si sono concretizzati, tanti amici argentini che sono in Serie A. Prima o poi voglio venire anche io: ho giocato in Spagna, Inghilterra e Francia, mi manca l’Italia. Da ragazzino mi voleva il Sassuolo, prima di andare al Psg sono stato vicinissimo alla Roma, poi al Napoli. Ora sto benissimo qui, in futuro vedremo”.
Da argentino, cosa pensa di Lautaro Martinez?
“Che è fortissimo e che sono stracontento di averlo come compagno in nazionale. Per noi è punto di riferimento fondamentale, e in campo i numeri che sta facendo in A da anni parlano da soli. Qualità spettacolari, e sappiamo quanto sia difficile far gol in Serie A”.
Il Betis ha preso il brasiliano Antony.
“Grandissimo colpo che dimostra l’ambizione del club. Allo United non giocava, qui si è ritrovato. L’affetto della gente e dei compagni l’hanno riportato al suo livello. Il Betis ha fatto uno sforzo e ora sta a noi fare il passo successivo”.

La Liga ha tolto alla Serie A la quinta squadra in Champions League per la prossima stagione.
“E noi speriamo di approfittare dell’opportunità! A me piace il calcio, guardo tante partite e seguo la Serie A. Sono due campionati di grande livello, con giocatori fortissimi. Da voi prevale un senso tattico di grandissimo livello, qui c’è sempre la palla al centro del gioco, e la Liga è cresciuta tanto a livello di stadi e infrastrutture. Betis-Fiorentina è una bella fotografia di queste due realtà, vediamo che va in finale”.
Lei è argentino, come ha vissuto la scomparsa di Papa Francesco?
“Un colpo duro, per noi argentini di più, ma per il mondo intero. Sabato ho seguito i funerali ed è stato impressionante e toccante. Era il nostro faro, la guida, un simbolo per tutto ciò che ci ha insegnato e per l’eredità che ci ha lasciato. Ora sta a noi continuare a seguire la sua stella. E poi era così appassionato di calcio, quanto teneva al San Lorenzo… È stata una perdita molto grande anche per la comunità calcistica”.
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