L’impatto del nuovo tecnico giallorosso stupisce, l’Inter ha cambiato atteggiamento rispetto alla Champions. L’ultima uscita del tecnico del Napoli, invece, preoccupa
E ribaltone è stato. Due nuove capolista, Inter e Roma, che avrebbero potuto essere tre se il Milan non avesse sprecato sabato sera un doppio vantaggio, cinque squadre in tre punti col Bologna che si affaccia anche in questa stagione in zona Champions e la Juve, fermata nel derby dal cuore Toro, non troppo distante. Siamo sull’ottovolante in cima alla classifica e tutto fa pensare che ci rimarremo a lungo, se non proprio fino alla fine. Tutte rallentano a turno, se è vero che anche le prime della classe hanno già subito tre sconfitte, esattamente come il Napoli, il Milan una sola (alla prima giornata con la Cremonese), ma ha perso 7 punti contro squadre che lottano per salvarsi e non ha la solidità per blindare le partite, una volta passato in vantaggio. I nerazzurri sono a +14 di differenza reti, mentre la Roma degli attaccanti poco prolifici è a +7, indicatore che sembra suggerire due vie diverse di arrampicata in vetta.
la mano del tecnico
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Sono gli allenatori ad aver lasciato la propria impronta sulla giornata: Chivu, Gasp, Italiano, Conte. L’Inter si presenta decisamente più famelica dei due ultimi match in campionato (Verona) e Champions (Kairat) in cui aveva vinto senza esaltare. Le urla di Chivu devono essere servite. Risultato: vantaggio dopo 127 secondi, Lautaro che placa il suo apparente perenne malumore da capitano incontentabile (non segnava in A dal 4 ottobre) e se è vera la storia dei gol come il ketchup, ovvero che escono tutti assieme, può ripartire ad aggiornare le statistiche (intanto ieri ha raggiunto Mazzola), partita che resta a lungo sull’1-0, ma senza dare mai l’impressione di essere a rischio. Solo nel finale, quando Bonny aveva già dato maggior tranquillità (ancora una volta non facendo rimpiangere Thuram) c’è stato un ritorno di Lazio con una traversa di Gila e una paratona di Sommer. I nerazzurri però nel complesso sono sembrati più attenti e meno presuntuosi, mettono in campo un’intensità che non si era vista nell’ultima settimana e che si traduce in un pressing feroce dal quale scaturiscono i due gol e anche i maggiori pericoli, dati da tre ammonizioni, tutte per fermare le ripartenze di Zaccagni. Ma insomma, una vittoria prepotente in pieno Chivu style.
l’effetto gasp
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La Roma, esattamente come il Bologna, non risente dell’impegno infrasettimanale in coppa. Al contrario: reduce dalla non banale trasferta di Glasgow, ripete il successo. Ha avuto meno di 72 ore per recuperare e, benché per nove undicesimi la formazione di partenza sia la stessa di quella schierata in Scozia, batte una squadra fisica come l’Udinese. I buoni risultati cancellano la stanchezza, che dipende sì dai muscoli ma anche e soprattutto dalla testa. Difficile immaginare all’inizio un impatto simile di Gasperini. Tenendo conto che le sue squadre fioriscono in primavera c’è da chiedersi dove la Roma possa arrivare. Intanto è lì, a guardare tutti dall’alto, ci resterà per le due settimane della sosta e Gasp non ha paura di accendere una piazza incandescente di suo, che non prova l’ebbrezza di essere prima all’undicesima giornata dai tempi di Garcia (“È giusto che la nostra gente creda nello scudetto”).
disfattismo
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Tempesta a Napoli che scende dal trono e si deve accontentare dello sgabello della terza posizione, con gli stessi punti dello sciagurato Milan di Parma (ma per differenza reti e scontri diretti è pure dietro). Sconfitto da un ottimo Bologna di Italiano che sale al quinto posto (verrebbe da dire che è l’Atalanta di questa stagione in cui sta mancando l’Atalanta, ma in realtà è il Bologna degli ultimi anni che è riuscito, dopo la storica vittoria della Coppa Italia, a migliorarsi ancora), che pur aveva due giorni di riposo in meno e aveva giocato 70’ in Europa League in dieci, ma ieri è arrivato primo su tutte le palle. Per il Napoli un’ulteriore conferma di come fatichi a gestire il doppio impegno, in Champions al momento è 24esimo (l’ultimo posto utile per qualificarsi ai playoff), in tutta la stagione le sconfitte sono cinque. Ma non è questa la notizia peggiore e non lo è nemmeno il gioco, involuto, dei campioni d’Italia, praticamente senza tiri in porta e un attacco che, senza Lukaku, fatica terribilmente. La notizia peggiore sono le frasi di Antonio Conte, che ha smesso di attaccare nemici interni ed esterni, dopo averli accusati di disfattismo, per un’analisi che più disfattista non potrebbe sembrare: “Manca alchimia. Non ho voglia di accompagnare un morto”. Difficile capire se una metafora così lugubre sarà la chiave giusta per rivitalizzare i campioni d’Italia.
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