Le due Champions di Conceiçao: quella perduta e quella da conquistare

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L’eliminazione europea costa prestigio e denaro alla proprietà, che a fine stagione farà le sue riflessioni sul tecnico. Giudizio per ora in sospeso, la media di due punti in campionato è buona ma per ora non sufficiente in ottica quarto posto

Marco Pasotto

Giornalista

Un po’ realista, un po’ orgoglioso, un po’ accusatore. Sergio Conceiçao vorrebbe tanto premere il tasto off del frullatore in cui è finito, ma la lavatrice rossonera è in piena centrifuga. E così, dopo la desolante e umiliante uscita di scena del suo Milan dalla Champions, ci sono tanti Sergio che prendono la parola e si danno il cambio nell’analisi. Si va dal “se sbaglio mi mettono la valigia in mano” a “l’unico trofeo che potevamo vincere, lo abbiamo vinto, e con me in campionato abbiamo fatto 14 punti in 7 partite”, fino a “c’è un’atmosfera che non mi piace intorno al Milan, parlo di ambiente esterno”. Per uno che ama parlare diretto e schietto – lo ha già dimostrato ampiamente anche da quando è a Milanello -, ci si attenderebbe un po’ più di chiarezza nel momento in cui si vuole colpire un bersaglio, e non accuse generiche. E, soprattutto, prima di osservare fuori sarebbe opportuno guardare in casa propria, come chiarisce bene la partita di martedì sera.

approcci

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Il bilancio di Conceiçao, ovviamente, ora come ora è per forza di cose sospeso. Sono avvenute cose egregie (la Supercoppa, primo titolo della gestione RedBird), cose che promettono bene (le semifinali di Coppa Italia raggiunte in scioltezza contro una Roma fatta risorgere da Ranieri), altre che potrebbero incanalarsi nel verso giusto (la media di due punti a partita in campionato è sicuramente buona, ma a causa del ritardo accumulato non del tutto sufficiente per ambire al quarto posto) e altre ancora che sono semplicemente fallimentari. D’altra parte la parola fallimento l’ha usata lui stesso nel dopogara col Feyenoord, e questa è una verità che prescinde dalle modalità con le quali il Milan si è consegnato agli olandesi. La follia di Hernandez è soltanto l’atto conclusivo di un suicidio sportivo iniziato a Zagabria. E se per Theo la responsabilità dell’allenatore è molto relativa – sì, certo, magari poteva “governarlo” meglio, ma a 27 anni un uomo è artefice delle proprie azioni -, quella complessiva per l’uscita di scena dall’Europa invece è ascrivibile al tecnico. Sia in termini di tattica e di gioco, sia – soprattutto – in termini di atteggiamento. Perché se il Milan a Zagabria avesse avuto l’approccio del primo tempo di ieri sera, si sarebbe qualificato direttamente agli ottavi. E lo stesso vale per il Milan di Rotterdam: il match di ritorno non avrebbe vissuto sull’obbligo di rimonta.

peso specifico

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Conceiçao ha ricevuto critiche anche per i cambi, per esempio la sostituzione di Gimenez. Altre volte però ha rimesso in piedi partite balorde proprio grazie alle intuizioni a gara in corso. Ecco perché il giudizio su di lui è ancora forzatamente sub iudice. Parliamo ovviamente del giudizio del club, che a giugno si dovrà comunque concretizzare in una decisione importante: andare avanti con lui (che ha un contratto anche per la stagione ’25-26) o esercitare l’opzione che permette di separarsi dopo sei mesi. Di certo questa eliminazione ha un peso specifico notevole, e non certo perché ai piani alti di RedBird pensassero di arrivare in fondo alla Champions. Ma perché gli ottavi di finale avrebbero portato un’altra ventina di milioni in cassa e sarebbero stati il minimo sindacale per un club storicamente europeo. Un prestigio a cui Cardinale tiene parecchio, anche perché fra le missioni del finanziere c’è quello di spingere molto il marchio rossonero oltreoceano. E uscire ai playoff diciamo che non aiuta molto, soprattutto dopo un mercato di rafforzamento invernale considerevole. A Conceiçao restano dunque due cartucce: provare a vincere anche la Coppa Italia, cosa che probabilmente sposterebbe i giudizi in modo abbastanza relativo, e centrare la qualificazione alla prossima Champions. Alla fine, si torna sempre là, là dove c’è il lasciapassare per la prossima stagione.



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