L’ex promessa (non mantenuta) del Milan riparte dalla Virtus Verona in Serie C, a 27 anni dopo un lungo pellegrinaggio. Storia di un talento che ha accarezzato il paradiso del pallone senza essere mai riuscito a entrarci davvero
Il palleggiatore di arance è ancora dentro di lui. Impossibile cancellarlo, e poi non sarebbe neanche giusto perché certe cose fanno parte della propria natura. Diciamo che magari, arrivati alla ragionevole età di 27 anni – ci siamo: candeline pronte da spegnere il 15 giugno -, Hachim Mastour può cercare di tenerlo a bada. All’epoca i suoi video sui social nei quali si esibiva in numeri a metà tra free style e pura giocoleria, si portavano dietro milioni di visualizzazioni. Probabile che a un certo punto Hachim abbia pensato che il successo era quello, che saper giocare a pallone era quello. Probabile anche che nessuno si sia preso la briga di capire realmente quale fosse il canale migliore per comunicare con lui, in modo da spiegargli che il calcio è altro. Ruolo? Fantasista, ovviamente. Ma la storia è piena di ragazzi di talento ai quali il talento non è bastato. Qualsiasi calciatore di buon livello almeno una volta nella vita ha raccontato quanto sia imprescindibile l’abbinata: talento più testa. Mastour si è perso presto, come un piccolo Ulisse sedotto dalle sirene rossonere che l’hanno sedotto e abbandonato. Adesso riparte, per l’ennesima volta. E lo fa dalla Serie C, con la maglia rossoblù della Virtus Verona, nuova alba di una carriera che prometteva lustrini e paillettes prima di iniziare a mettersi di traverso.
giocoliere
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E dire che il Milan ci ha provato, a metterlo in riga. Senza soffocare il talento, è ovvio, perché nel Diavolo di Berlusconi quello era uno degli ingredienti più graditi. Quando Mastour – nato a Reggio Emilia da genitori marocchini e prelevato a 14 anni dalla Reggiana – nel 2014 viene aggregato alla prima squadra da Inzaghi nella tournée Usa, il percorso pare già tracciato. E siccome la fama di “giocoliere” a Milanello è già ben nota, viene preso in consegna dai senatori dello spogliatoio. Tradotto: giù randellate quotidiane – viste con i nostri occhi – in allenamento, per fargli capire l’effetto che fa ed educarlo calcisticamente alla concretezza. Lui incassa, cade, si rialza e non fa una piega. Inzaghi gli concede anche l’orgoglio di giocare qualche minuto in amichevole contro il Real Madrid. Ma quando arrivano le partite ufficiali, la magia si spezza. Hachim verrà convocato in prima squadra una manciata di volte senza riuscire a esordire col Milan dei grandi.
premesse e promesse
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Da lì inizia il suo pellegrinaggio in prestito. Il Milan lo aspetta e lo monitora un paio d’anni – Malaga, Pec Zwolle, fino a quando non lascia decadere il contratto. E’ il 2018 e anche la fine del grande sogno di Hachim. Promesse e premesse non mantenute. Da lì in avanti, l’asticella si abbassa considerevolmente, quanto meno ripensando alle premesse. Un percorso a tappe – Lamia (Grecia), Reggina, Carpi, Renaissance Zemamra (Marocco), Union Touarga (Marocco) – fino al rientro in Italia a Verona. La Virtus gli ha allestito un contratto di un anno con opzione per il secondo, offrendogli l’ennesima ripartenza. In un’intervista di qualche mese fa si era confidato con la Gazzetta, raccontando che il suo sogno è ancora quello di imporsi in Italia e ripercorrendo le tappe di questi anni: dalla depressione (“prima del Covid, non trovavo più il piacere di andare in campo, ora ne sono uscito”) alla fede, passando dagli allenamenti con Kakà e da un mondo dorato che “mi aveva fatto sentire un supereroe. Dribblare con un tunnel o un sombrero poteva dare fastidio, ma non capivo che sarebbe stato meglio non farlo”. E allora Mastour riparte ancora una volta, a 27 anni appena compiuti, col pallone vero, ruvido e sporco di C. Il tempo delle arance è finito da un pezzo.
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