Come l’ulivo maestoso di 3000 anni, il 37enne centrale dell’Inter dopo altri bomber ha cancellato con il mestiere pure Retegui
Il Patriarca, un ulivo maestoso di 3 mila anni, è successo nel 2005: considerato “scarsamente produttivo”, è stato deportato in un vivaio emiliano. A Francesco Acerbi, un po’ più giovane, nel 2013: per la stessa ragione, è stato scaricato dal Milan nella stessa regione (a Sassuolo). Il Patriarca ha rischiato di morire di freddo e nostalgia, ma ora è stato trasferito e piantumato in Puglia, a Gravina. Simbolo della rinascita in una terra martoriata dalla xylella. È ancora forte, affamato di futuro e ha bisogno di meno acqua di quanto immagini Conte. Il Patriarca diventerà l’attrazione del Museo degli Olii, accoglierà i bambini e conforterà gli anziani, considerati un peso, perché “scarsamente produttivi”, i primi da sacrificare, come ci ha ricordato il Covid.
fino in fondo
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Anche all’Inter rimproverano l’età, troppo alta per tutte queste partite ravvicinate. Ma intanto Acerbi, 37 anni, si è ingoiato il giovane Retegui come un’oliva, dopo aver messo a letto il bambinone Haaland. In certe partite, l’esperienza e il controllo delle emozioni è tutto. L’esperienza è una valigia piena di risposte. Thiago ce l’ha vuota. Un ulivo impiega 3-4 anni prima di fruttare, il tempo di Inzaghi all’Inter. Lo insegnava già Cicerone nel ‘De Senectute’: “Non con le forze, non con la prestanza e l’agilità del corpo si fanno le grandi cose, ma col senno, con l’autorità, col pensiero”. Viviamo l’era High-Tech, ma la potenza di ogni ordigno si misura in memoria, l’arte dei vecchi e degli ulivi. Il Patriarca Acerbi accompagnerà l’Inter fino in fondo, come fanno i nonni col giubbotto catarifrangente e la paletta da vigile.