Il futuro del pallone a Brescia resta ancora nebuloso. Una delle piazze più iconiche del calcio dello stivale sta fronteggiando la crisi societaria probabilmente più grave della sua lunga storia. La bellezza di 114 anni potrebbero andare in fumo tra pochi giorni. Doveroso il condizionale, perché dietro le quinte si stanno muovendo dei fili che potrebbero ancora offrire ossigeno alle Rondinelle.
La situazione attuale a Brescia
La situazione è molto chiara e di recente ha destato scalpore, ampie discussioni, e opinioni estremamente contrastanti. Parliamo della possibile fusione tra il Brescia e il Feralpisalò. La pista, al momento, pare essere l’unica percorribile per non provocare la totale sparizione del sodalizio biancoblu. La tifoseria organizzata delle Rondinelle, però, ha esternato senza mezzi termini il disappunto verso questa operazione. In sostanza il club operante nella città bagnata dal celebre Lago di Garda dovrebbe cedere il proprio titolo sportivo al Brescia Calcio, spostando di conseguenza anche la sede dell’attività agonistica. La società verdeblu, nata nel 2009, gioca le partite interne attualmente presso lo stadio Lino Turina: 2364 posti a sedere.
La pista Feralpisalò
Dicevamo dei cori di protesta recapitati con forza dai tifosi del Brescia. Dall’altra parte della barricata gli ultras della Feralpisalò hanno praticamente condiviso il concetto dei colleghi di curva a parti invertite. Qui entra in scena il protagonista del progetto “salvezza”, almeno per quanto concerne il campionato di Serie C, per l’immediato futuro del calcio a Brescia. Parliamo di Giuseppe Pasini. L’attuale patron della Feralpi, infatti, fin dal principio ha caldeggiato il probabile passaggio di consegne tra i sodalizi. Gli ostacoli, però, non mancano e abbracciano spine burocratiche e mal di pancia popolari.
La gloriosa storia delle Rondinelle
Doveroso riavvolgere il nastro dei ricordi e fornire una breve ma minuziosa cronistoria delle due realtà direttamente interessate. Sul Brescia bisognerebbe scrivere un lungo romanzo. Le Rondinelle hanno dato tanto al pallone del Belpaese. Gli anni ’30 del secolo scorso videro i biancoblu alternare Serie A e Serie B, guadagnandosi l’appellativo di “squadra ascensore”. Il club ha mantenuto un forte legame con la città, superando anche le interruzioni dovute alle guerre mondiali. Tra gli anni ’60 e ’70, il Brescia divenne la “Regina della B” per le sue frequenti promozioni. Gli anni ’80 furono molto intensi, con una prima promozione in A al termine della stagione 1979-1980 e un’altra 1986. Il periodo più iconico è quello a cavallo degli anni duemila, sotto la presidenza targata Gino Corioni, quando il club portò al Rigamonti campioni del calibro del Divin Codino Roberto Baggio, Andrea Pirlo e Pep Guardiola, portando il Brescia a risultati storici e visibilità internazionale. Amata e indimenticabile la figura di mister Carletto Mazzone, un autentico padre per tanti giocatori.
La repentina scalata della Feralpisalò
Curiosamente la Feralpisalò nel 2009 è nata proprio da una fusione. AC Salò e la Feralpi Lonato, la squadra ha scalato le categorie del calcio italiano fino a raggiungere, in un’ascesa sorprendente, la Serie B, scrivendo pagine indelebili nella sua giovane ma intensa storia. L’idea di fondere le forze nacque dalla consapevolezza che due piccole realtà avrebbero faticato a competere ad alti livelli individualmente. L’AC Salò, con una storia più radicata nel calcio dilettantistico bresciano, e la Feralpi Lonato, espressione di un territorio limitrofo con una propria tradizione sportiva, decisero di unire intenti e risorse. Il risultato fu la nascita della Feralpisalò, un nome che unisce le identità dei due comuni, Salò e Lonato del Garda, sotto un’unica bandiera.
Gli esempi nel calcio italiano
Esistono esempi simili in Italia? In contesti di alto livelli troviamo casi risalenti alla notte dei tempi. Basti pensare alla nascita dell’AS Roma nel 1927 dall’unione delle seguenti compagini: Fortitudo-Pro Roma, Alba Audace e Roman. Il pensiero va subito anche alla Sampdoria che nacque dalla fusione di due storiche società genovesi, la Sampierdarenese e l’Andrea Doria, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Un matrimonio che ha dato vita a un club con una forte identità e successi importanti. Leggermente differente invece il concetto della Virtus Verona. Il secondo club della città veneta infatti non è frutto di una fusione, ma ha saputo sintetizzare in un’unica forza societaria le diverse realtà giovanili del territorio limitrofo.
Negli ultimi anni, si sono visti diversi casi in Serie D in cui una società, in difficoltà economica, ha ceduto il proprio titolo sportivo a un’altra, che poi ne ha assunto il nome o lo modifica leggermente. Ad esempio, una squadra può acquisire il titolo di un club blasonato fallito per riportare il calcio in quella città. Pensiamo all’Aglianese che ha ceduto il titolo alla Pistoiese, o il Franciacorta al Palazzolo.