L’ex rossonero oggi è sindaco di Tblisi, la capitale della sua Georgia: “Mi dà la stessa gioia di quando vincevo la Champions con il Milan”. E sul figlio Levan: “Mi somiglia parecchio, può diventare più forte di me”
Ex campione d’Europa con il Milan di Ancelotti, sindaco di una capitale, Tbilisi, che nelle elezioni di ottobre si candida ad amministrare per il terzo mandato consecutivo, padre di un calciatore che gli somiglia e che porta il nome (Levan) del fratello, rapito nel 2002 e ritrovato morto anni dopo. Intervistare Kakhaber Kaladze è facile: ha talmente tante cose, belle e brutte, da raccontare che quasi non servono domande. Basta ascoltarlo.
Kaladze, iniziamo da suo figlio che a fine luglio, a 16 anni, ha esordito tra i professionisti.
“Sono orgoglioso e felice perché lui ama il calcio e aspettava questo momento. Vedremo cosa gli riserverà il futuro, ma la voglia di diventare calciatore ce l’ha: deve lavorare e impegnarsi al massimo se vuole riuscirci”.
Il cognome pesante che porta lo aiuterà o sarà un ostacolo?
“Non lo so. Di certo da lui tutti si aspetteranno molto. Dalla sua parte avrà l’aiuto di un padre che come giocatore ha vissuto anni nel mondo del pallone. Tra l’altro, facevo il suo stesso ruolo, centrale di sinistro e anche terzino sinistro. Qualche consiglio posso darglielo”.
“Parecchio perché fisicamente è molto grande, un metro e novanta a sedici anni. Tecnicamente con il sinistro è bravo, ma può e deve crescere. Spero che diventi ancora più forte di me: lo so che non è facile, ma se ci mette sacrificio e impegno, carattere e voglia di fare, con un briciolo di fortuna, può arrivare al massimo”.
Quando è nato, nel 2009, gli ha dato il nome di suo fratello che è stato rapito e poi ucciso.
“Quella che è accaduta a mio fratello è stata una cosa terribile: ha fatto soffrire tremendamente la mia famiglia e ha distrutto il mio primo anno al Milan. La notizia del suo rapimento (nel 2001, ndr) e poi della sua morte (accertata nel 2006, ndr) sono stati dolori che porterò dentro tutta la vita. Non riesco a darmi pace per ciò che è successo a mio fratello”.
Come è riuscito ad andare avanti?
“Non so dove ho trovato la forza, ma mi ha aiutato tantissimo essere al Milan e avere accanto un gruppo di ragazzi eccezionali. E poi di carattere sono forte e sapevo che se fossi caduto io, la mia famiglia sarebbe stata travolta. Sono andato avanti e abbiamo superato questo dramma. Il fatto che mio figlio porti il nome di mio fratello fa vivere in me ancora di più il suo ricordo”.
Con tutti i suoi impegni di sindaco di Tbilisi riesce a seguire la carriera di suo figlio?
“Il tempo lo trovo anche se amministrare la capitale del mio Paese, una città di un milione e mezzo di abitanti, è complicato. Nel calcio come nella politica, uno da solo non può far niente. Neppure se è Ronaldo… Serve una grande squadra di persone che lavora con te e, sotto questo aspetto, sono stato fortunato. Ecco perché ho deciso di candidarmi per il terzo mandato alle elezioni del 4 ottobre e sono convinto di vincere anche questa battaglia: con il nostro partito, Sogno Georgiano, vogliamo far crescere la nostra capitale e il nostro Paese”.
La guerra tra Russia e Ucraina che dura da oltre tre anni, com’è vista da vicino, dalla sua Georgia?
“La situazione nella nostra regione è preoccupante, ma più in generale mi preoccupa quello che sta succedendo nel mondo, tutti gli altri conflitti che ci sono e portano morte e distruzione. Noi come Georgia siamo parte dell’Europa e stiamo facendo il possibile perché la guerra finisca”.
A Tbilisi aiutate gli ucraini fuggiti dal loro Paese.
“Alcuni sono arrivati e sono rimasti qua, altri sono nelle città vicine. Vivono una situazione terribile: alcuni hanno perso i familiari, la casa e tutto ciò che avevano. Mi auguro che la guerra finisca presto”.
Era più a suo agio come difensore o adesso come sindaco?
(Ride) “Fare il sindaco è un impegno importante: le responsabilità sono tante, ma quando riesco a fare cose belle per la città e gli abitanti sono contenti, provo una gioia grande come quando vincevo con il Milan”.
Che messaggio vuole lanciare a Franco Baresi che sta passando un momento di salute delicato?
“Me lo hanno detto e spero che Franco si riprenda presto. Sono al suo fianco e gli voglio bene”.
Con i ragazzi del suo Milan siete sempre in contatto tramite Whatsapp.
“Eravamo un gruppo eccezionale e siamo rimasti amici a distanza di tempo. Giocare in quel Milan per me è stato un orgoglio e una soddisfazione incredibile. Grazie al presidente Berlusconi, a Galliani e a Braida si era formata una famiglia e noi dovevamo pensare solo a giocare: per tutto quello che succedeva fuori dal campo, loro c’erano. Mi hanno aiutato anche con la vicenda di mio fratello. Il Milan per me sarà sempre una seconda casa, non solo un club con una storia eccezionale alle spalle”.
Se le chiediamo un ricordo degli anni rossoneri, sceglie la prima o la seconda Champions vinta?
“La seconda ci ha permesso di vendicare la sconfitta di Istanbul contro il Liverpool, ma la prima è stata qualcosa di eccezionale perché nel gruppo c’erano diversi giovani che non avevano mai provato un’emozione del genere. Battere la Juve a Manchester è stato un qualcosa di unico e buona parte del merito è stata di Ancelotti, una persona speciale”.
Adesso sulla panchina del Milan c’è Allegri.
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“Allegri è un vincente e Modric un fuoriclasse. Al Milan auguro di tornare in Champions, che è la casa del Milan, e poi di vincere di nuovo. Anche se sono lontano, io sarò sempre milanista”.
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