I bianconeri pagano gli errori di mercato del passato: serve vendere (bene). E che fare con i costosi esuberi: andare allo scontro o farli giocare? È compito del nuovo dg trovare soluzioni
La Juve è prigioniera. Prigioniera delle sue scelte recenti, molte delle quali sbagliate: calciatori che sono stati strapagati, hanno fallito e per questo sono diventati quasi invendibili; calciatori che guadagnano troppo rispetto a quanto hanno dimostrato di valere; calciatori di livello modesto per le ambizioni bianconere. Già, perché la Juventus è in qualche modo prigioniera anche della sua storia, che le impone sempre, se non di vincere, quanto meno di lottare per riuscirci. Non sono previste stagioni di transizione quando indossi quella maglia o hai la responsabilità di gestire quella società: devi stare ai vertici ogni volta, senza scusanti, senza attenuanti; una meravigliosa condanna. Perciò, oggi, il mercato della Juve – sofferto, soffertissimo – crea inquietudine e apprensione nel mondo bianconero: come potremo competere con l’Inter che era solida e continua a comprare campioni, Lookman per ultimo; con il Napoli che sta ampliando la rosa con tanti elementi di qualità; con il Milan che deve essere perfezionato ma ha Allegri, dirigenti con le idee chiare e non ha nemmeno le coppe? E poi ci sono l’Atalanta che non sbaglia quasi mai le scelte, la Roma pronta a investire per soddisfare il pressing di Gasperini, il Bologna, la Fiorentina, la Lazio… Tante avversarie, alcune forti e altre comunque fastidiose: qualificarsi per la Champions, obiettivo imprescindibile, non appare affatto scontato.
mercato juve, tutti i nodi
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Almeno adesso, a questo punto del mercato. La Juve è prigioniera. Dei centocinquanta milioni, euro più euro meno, investiti un anno fa su Koopmeiners, Douglas Luiz e Nico Gonzalez (in ordine di prezzo decrescente). Dei ventiquattro milioni lordi di ingaggio promessi a Vlahovic nell’ultima stagione di contratto. Perfino del braccio di ferro con Weah, voglio andare al Marsiglia, nemmeno per sogno, ti vendiamo in Inghilterra. Vicende complesse da gestire sotto ogni punto di vista: finanziario, tecnico, ambientale (già, perché tutte queste situazioni rischiano di creare forti tensioni nel gruppo). La Juve ha bisogno di acquisti: occorre un centravanti, va potenziato anche numericamente il centrocampo, dietro serve ancora qualche rinforzo in attesa di capire le condizioni di Bremer e quando (e come) tornerà Cabal. Ma la società bianconera non può aggiungere calciatori se ha ancora in organico gli elementi che abbiamo appena ricordato, perché i costi di gestione della rosa diventerebbero mostruosi. E allora, che fare? Come venire fuori da questa gabbia fatta di milioni e incertezze? Quale strada prendere per convincere i costosi giocatori in esubero a lasciare Torino, metterli in un angolo come accaduto un anno fa con Chiesa o utilizzarli in campo fino all’addio, se mai ci sarà?
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mercato juve, comolli deve trovare soluzioni
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La Juve è prigioniera. Ma, sia chiaro, non è una squadra priva di giocatori importanti, di livello internazionale. Tutt’altro. Da Yildiz a Bremer (se tornerà quello di un tempo), da Cambiaso e Thuram a David (finora l’unico vero rinforzo dell’estate), Tudor ha risorse di spessore. E ne avrebbe altre, se solo potesse sfruttarle in pieno: vi ricordate quanto valgono Vlahovic, Nico Gonzalez, Koopmeiners quando stanno bene di testa e di gambe, e com’erano decisivi nella Fiorentina e nell’Atalanta? Adesso è scivolato tutto nelle mani di Comolli, dirigente giramondo, successore di Giuntoli. Tocca a lui risolvere queste grane, eredità di un recente passato infelice. Il compito non è facile, ma l’uomo che oggi ha in pugno le sorti di un club come quello bianconero deve – dovrebbe – avere capacità, intuizioni e conoscenze per venirne fuori. Partendo dal presupposto che adesso, alla Juve, non è tanto importante chi acquisti, ma chi vendi (e a quanto lo fai). I primi passi di Comolli alla Juve non sono stati giusti: ha provato a portare in bianconero Gasperini – uno che non aspettava altro che tornare a casa – e non ci è riuscito. Va giudicata in modo positivo l’operazione David, convinto a trasferirsi a Torino da svincolato al solo costo delle commissioni (che nel bizzarro mondo del pallone, lo sappiamo, oggi sono spesso un male necessario). Sembra un affare più finanziario che tecnico lo scambio Joao Mario-Alberto Costa con il Porto, dal quale è arrivato – a una cifra non irrilevante – Conceicao. Resta il fatto che finora Comolli non ha sciolto alcun nodo tra quelli che rendono la Juve prigioniera di se stessa. Il tempo non manca, la chiusura del mercato è lontana. Ma forse nemmeno tanto.
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