La proprietà bianconera dopo le diverse delusioni di questa stagione ha deciso di interrompere il rapporto con l’uomo mercato scelto per la rifondazione: i motivi
Cristiano Giuntoli ha provato a spiegare in tutti i modi di aver forzato la mano con i tagli per rimanere coerente alle richieste del club, nell’idea di ridurre i costi. Ma gli obiettivi finanziari raggiunti (almeno in parte) sono stati messi in discussione dalla sequenza dei risultati sportivi: 2 dei 3 obiettivi sono stati mancati, la decisione di cambiare la guida tecnica a stagione in corso ha poi richiesto un ulteriore pronto intervento della proprietà. E dunque il responsabile dell’area sportiva, rimandato in un primo momento alla possibilità di farlo convivere con una figura manageriale di riferimento a garanzia dei prossimi investimenti (Damien Comolli, che sarà il nuovo direttore generale), è stato fermato direttamente da John Elkann.
ASPETTATIVe
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Le aspettative su Cristiano Giuntoli erano alte fin dall’inizio, ma probabilmente – ai piani alti del club – si è peccato anche sulla decisione di affidargli le chiavi della Juve con pochi filtri sopra, se non quello dell’a.d. Maurizio Scanavino. Il dirigente toscano arrivava dalla parentesi di otto anni da direttore sportivo al Napoli, dopo la bella scalata dalla Serie D fino alla promozione in massima serie col Carpi: a Torino, però, gli hanno affidato un ruolo ben più politico, oltre che tecnico, a capo di un ramo d’azienda che andava sanato sul piano economico, oltre che ricompattato e ricostruito in prospettiva. Giuntoli si è ritrovato a fare da solo ciò che nel ciclo precedente veniva portato avanti da almeno 2-3 figure professionali, insieme ai collaboratori fidati Giuseppe Pompilio e Stefano Stefanelli che lo hanno raggiunto al suo secondo anno di Juventus. Quest’ultimo non è un dettaglio: la proprietà aveva concesso al dirigente un primo anno di studio, dal secondo di mandato avrebbe dovuto essere impeccabile.
LA ROSA
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Ci sono almeno cinque capi d’accusa che hanno reso debole la tesi di Giuntoli, che fino a mercoledì ha incontrato Tudor per discutere il mercato in vista della finestra straordinaria pre Mondiale: lo stesso allenatore aveva concordato sulla necessità di inserire 2-3 rinforzi mirati per rendere la rosa competitiva per lo scudetto, posizione che teneva il punto sul valore dell’organico attuale e dunque su alcune scelte fatte l’estate scorsa, anche quelle che nel corso della stagione hanno tradito le attese. La rivoluzione attuata da Giuntoli nelle ultime sessioni di mercato non ha portato ai risultati sperati: la Juve ha speso abbastanza, ma i colpi più onerosi (Koopmeiners, Douglas Luiz, Nico Gonzalez) hanno deluso. Così, hanno fatto meno breccia i colpi riusciti come Thuram o Di Gregorio, che nelle prime valutazioni venivano indicati come scommesse. L’organico attuale è ancora instabile e non ha trovato equilibrio durante l’anno, mettendo in luce i limiti dettati anche dalla scelta di azzerare drasticamente tutti i giocatori d’esperienza.
la strategia sugli esuberi
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L’estate scorsa Giuntoli ha replicato la gestione che aveva già creato qualche perplessità al suo arrivo, mettendo fuori rosa tutti i calciatori che non rientravano nei piani dell’allenatore. Lo aveva fatto anche nella sua prima estate alla Juve, comunicando a Bonucci di essere fuori dal progetto e di doversi allenare con gli esuberi in attesa di nuova collocazione: senza alcuna attenzione nei confronti di un pezzo di storia del club, oltre che capitano della squadra. Scenario che si è poi ripetuto lo scorso gennaio con Danilo, ma che è pesato sul mercato soprattutto a luglio, quando una serie di giocatori importanti si sono ritrovati in uscita ma senza offerte adeguate: l’effetto conseguente è stato il congelamento dei movimenti di cassa, che ha poi spinto a vendere qualche giovane a cifre modeste. Non solo: la Juve si è esposta economicamente per indirizzare alcune cessioni, riducendo ulteriormente il budget e dilatando i tempi.
la gestione
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Nella scelta Giuntoli, la proprietà aveva individuato un uomo di mercato con buone abilità di compravendita. Le situazioni da risolvere in casa Juve erano molte e per buona parte di complessa risoluzione: al dirigente va riconosciuto il merito di aver abbassato il tetto degli ingaggi e aver risparmiato una buona fetta di ammortamento sul bilancio, ma alcuni dei fronti scottanti sono rimasti irrisolti e in alcune cessioni le scelte di Giuntoli sono state indebolite dai fatti. Giusto alcuni esempi chiave per contestualizzare ciò che ha catturato l’attenzione della proprietà, assolutamente scontenta dei risultati. Esuberi: dopo tanti mesi di confronto (e una apparente tranquillità sul trovare una soluzione) Chiesa è andato via per la cifra residua a bilancio, all’ultimo giorno di mercato, facendo perdere l’investimento del club; Szczesny è stato pagato con una sostanziosa buonuscita per chiudere la carriera in anticipo, ma poi al Barcellona ha dimostrato di essere ancora performante; Huijsen è stato venduto per 13 milioni e mezzo (più il 10% sulla rivendita) e un anno dopo il Real Madrid lo ha preso dal Bournemouth per 60 milioni. Rinnovi: gli ultimi dialoghi con Vlahovic sono fermi allo scorso autunno, aumenta il rischio di dover pagare per intero quel bonus fedeltà che andava spalmato in tempo; la proposta di rinnovo a Mckennie ha cifre simili alle stesse per cui l’estate scorsa era stato messo fuori rosa.
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le scelte
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Nell’industria del calcio, i risultati contano. In questa storia, sarebbe bastato qualche passaggio diverso per cambiare la trama e alleggerire la lista delle motivazioni che hanno fatto saltare il banco. Su Giuntoli è pesata la scelta della guida tecnica: non tanto per il valore di Thiago Motta, che aveva mostrato il suo valore al Bologna e nelle altre esperienze precedenti, quanto per la libertà concessa nel gestire dinamiche interne all’area sportiva, specie per l’assenza di risultati. Quando il dirigente ha proposto il cambio dell’allenatore (con contratto pluriennale), evidentemente ha palesato anche delle responsabilità proprie: la proprietà ha dovuto fare un nuovo potenziamento finanziario. La Juve nel frattempo ha mancato l’accesso agli ottavi di Champions League, è uscita malamente ai quarti di finale di Coppa Italia pur puntando la finale e ha raggiunto solo all’ultima giornata la qualificazione alla prossima Champions con l’obiettivo minimo del quarto posto (non senza difficoltà). Le performance sono state limitate dagli infortuni (alcuni traumatici), ma a quel punto non è stata premiata la costruzione della rosa, per la quale – in virtù dei tagli – sono stati sacrificati degli investimenti anche in alti settori del club: dal settore giovanile alla Next Gen, da dove sono venuti fuori i talenti che l’estate scorsa ha permesso di fare mercato.
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