Negli Usa il primo contatto fra lo staff del giocatore e Comolli
La porta è socchiusa. Sembrava serrata, a doppia mandata, e invece è presto per considerare finita l’avventura di Dusan Vlahovic alla Juventus. La strada è in salita ed è necessaria una prova di elasticità da parte di entrambe le parti, ma gli Stati Uniti d’America possono essere il collante necessario perché il sodalizio continui, tra il centravanti e il club per cui gioca ormai da tre anni e mezzo. Dopo tutto, ciò che importerà all’ombra delle bandiere a stelle e strisce è che l’attaccante serbo si ricordi quanto gli serve la maglia bianconera e allo stesso tempo che la Signora stessa non dimentichi quanto l’ex Fiorentina può essere prezioso a Torino. E in questo scenario ci sono due figure che hanno ruoli fondamentali, uno da intermediario e uno da decisore. In una situazione intricata che coinvolge aspetti economici, emotivi e di carriera, la palla passa soprattutto dai piedi dell’allenatore Igor Tudor (che oggi firmerà il rinnovo fino al 2027) e da quelli del direttore generale Damien Comolli, oltre che dal mancino del bomber.
Lo sponsor
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Il successore di Thiago Motta, infatti, non ha mai nascosto la sua profonda stima per Vlahovic e non ha sorpreso nessuno che con lui il serbo sia finito subito titolare a discapito di Randal Kolo Muani. Per il primo mese di “gestione Tudor” il numero 9 ha avuto il suo posto in campo fruttando tre assist nelle prime tre partite, ma a fine aprile un sovraccarico al retto femorale della coscia destra lo ha bloccato: indisponibile per due match e subentrato per altri tre. La sostanza non cambia: il feeling tra Tudor e Vlahovic è buono e all’ex difensore non dispiacerebbe continuare a lavorare con l’attaccante, a sua volta molto affezionato ai colori con cui ha fatto il salto di livello. Se non ci fosse la grana contrattuale, insomma, per il tecnico non ci sarebbe bisogno di mettere mano al portafoglio per un sostituto. E Igor ha le idee chiare per il torneo: «La Juve gioca sempre per vincere – ha detto alla Fifa -, faremo il meglio lottando in ogni gara. Qui mi sento al posto giusto».
La soluzione interna
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In più, adesso Vlahovic e il suo entourage hanno un nuovo interlocutore in società, il dg Comolli al posto dell’ex direttore tecnico Cristiano Giuntoli. Nel giorno della sua presentazione, il manager francese si è espresso sul centravanti: «È un top player, ho parlato con lui la scorsa settimana. Capiremo la situazione e prenderemo una decisione». Il nodo, però, rimane quello che aveva complicato i rapporti in passato. Dal 1° luglio inizierà l’ultimo anno di contratto per Dusan, a 12 milioni di euro netti: troppi, come sarebbero troppi anche i 10,5 percepiti quest’anno. Per avere un’idea, guadagna almeno il doppio di qualsiasi compagno. L’unica soluzione per non dirsi addio in estate è – ed era – un prolungamento con ingaggio ridotto o spalmato, tale da diventare sostenibile per il nuovo ecosistema societario. Ma che cosa è cambiato, quindi, rispetto a prima? Che la stima di Tudor per il centravanti sta permettendo alla situazione di restare in stand-by, facendo sponda anche sulle oggettive criticità degli altri tavoli: un sostituto degno non si trova per meno di 40-50 milioni di euro e l’unico club oggi concretamente interessato al numero 9 è il Fenerbahçe, con la Turchia che però non sembra scaldare Dusan.
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La missione
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Il risultato di questo scenario è che ora Vlahovic ha nuovi stimoli per approcciare il Mondiale per Club: può dimostrare a Tudor e alla società quanto è attaccato alla maglia, dedito alla causa e in grado di determinare i risultati di squadra. Ritrovare il sorriso in bianconero faciliterebbe tutto, anche se il passo decisivo verso la dirigenza resterebbe comunque quello di abbassare le pretese. Nel caso rimanessero le stesse, brillare negli Usa scalderebbe il mercato delle contendenti, non proprio rovente dopo 15 gol stagionali in 41 partite. Il contatto tra il dg Comolli e l’entourage di Dusan non c’è ancora stato, ma ci sarà nelle prossime settimane statunitensi. L’ideale sarebbe un primo passo dal sapore di apertura perché, ora, quella porta è almeno socchiusa.
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