L’attacco continua a essere inconsistente, la difesa si fa sorprendere sempre sulle palle alte e poi manca quel “piglio”, quella cattiveria negli ultimi metri
Un mese dopo il suo arrivo a Torino al posto di Thiago Motta, Tudor ha visto come mai in queste ultime quattro settimane tutti i difetti della Juve che in questa stagione a volte diventa gambero. Imbattuta fino a che non ha sbattuto sul muro di un Parma che al Tardini non ha concesso alcun tiro in porta fino al 65’. Dopo un’ora e cinque minuti di niente, nessun pericolo, nessuna parata di Suzuki, il primo squillo è arrivato da parte di Kolo Muani che aveva iniziato la partita insieme a Vlahovic e poi l’ha proseguita da solo per il problema alla coscia che ha costretto il serbo a lasciare il campo dopo appena un tempo.
cosa (non) succede negli ultimi 20 metri
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I difetti della Juve – quelli contestati a Motta e alcuni prima ancora ad Allegri – sono tornati a galla tutti insieme. Il primo è l’inconsistenza dell’attacco: Vlahovic (al di là dell’ultimo guaio fisico) è a secco da due mesi e Kolo Muani, peggio ancora, da due e mezzo. A febbraio le ultime reti dei due centravanti, poi più niente. È meglio il serbo da solo? Oppure si dia più spazio al francese da titolare? Altrimenti tutti e due insieme? Le stra-sentite riflessioni sul come e quanto impiegarli ora lasciano spazio a un’altra domanda: cosa succede negli ultimi venti metri? Tudor ha provato a rispondere: “Davanti non siamo stati decisivi ed è mancato qualcosa. Dusan e Randal potevano fare di più”. E poi ha insistito: “Tu giochi poi però quando arriva palla negli ultimi 20 metri devi metterla dentro, altrimenti rischi di perdere. A noi manca la cattiveria di andare dentro l’area, ci manca quel piglio di voler fare gol”. E un’altra ramanzina, come quella alle sostituzioni dopo Juve-Lecce, è servita. Contro il Parma, il primo tiro nello specchio è arrivato solo dal 65′ minuto di gioco (opera di Kolo Muani) e questo proprio a Igor che predica un calcio tutto proiettato in avanti proprio non è andato giù.
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“senza piglio”
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Il secondo difetto tornato manifesto al Tardini è quello della difesa smarrita sulle palle alte, uno dei talloni d’Achille di Madama, e il gol di testa di Pellegrino è stato il decimo stagionale incassato in questo modo. Tutte situazioni in cui la Juventus non è riuscita a essere all’altezza dell’avversario, nel vero senso della parola. Il terzo neo è quello della cattiveria, la famosa cazzimma sdoganata in altre piazze o per dirla alla Tudor “il piglio”. “A noi manca quel piglio di voler fare gol – ha detto il croato –. Bisogna lavorare su questa cosa, bisogna crescere e avere più cattiveria per fare gol. L’ho detto ai ragazzi: non si vince con gli schemi, con i sistemi e le combinazioni, si vince anche e soprattutto con altre cose”. Quelle che dovrà tirare fuori in questo ultimo mese di campionato, altrimenti raggiungere e soprattutto finire il campionato al quarto posto diventerà più impresa che obiettivo.
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