L’allenatore alla vigilia del debutto nel Mondiale per club: “Non abbiamo obiettivi minimi, ma noi partecipiamo sempre per vincere. I ragazzi hanno apprezzato la visita del presidente”
L’etichetta del traghettatore ormai non esiste più, Igor Tudor se l’è strappata di dosso con forza facendo parlare il campo. Sono passati meno di tre mesi da quando è diventato l’allenatore della Juventus, subentrando all’esonerato Thiago Motta, e tutto intorno a lui si è evoluto molto in fretta. L’ex difensore ha raccolto i cocci di una Signora disorientata e relegata al quinto posto e in 9 giornate l’ha condotta nel porto sicuro della Champions League. Una qualificazione conquistata all’ultima giornata, preludio di un rinnovo di contratto fino al 2027 (con opzione al 2028) che non era affatto scontato. Ora Tudor è a tutti gli effetti il titolare della cattedra e forse sarà anche per questo che i lineamenti del suo volto sono più distesi. Eppure ha fatto solo pochi giorni di vacanza nella sua Spalato prima rimettersi al lavoro: adesso l’attenzione è tutta sul Mondiale per Club, competizione che il tecnico croato potrà godersi senza l’incognita del futuro e che farà da ponte tra la vecchia e la nuova stagione. Con l’ambizione di arrivare più avanti possibile. Perché la Juventus è nata per vincere e Igor sa benissimo che cosa significa indossare il bianco e il nero.
Tudor, il Mondiale per Club per lei è un nuovo inizio?
“Io non lo definirei così, è piuttosto una prosecuzione. La squadra è la stessa, a parte Rugani e Kostic che sono rientrati dai prestiti ed è un vantaggio poter continuare e lavorare su ciò i giocatori che hanno assimilato nei mesi scorsi. Non si riparte dell’inizio, c’è un lavoro dietro che aiuta molto e ci sono sicuramente meno cose che loro non sanno. Io e i ragazzi ci conosciamo bene, sia umanamente che professionalmente”.
A fine campionato c’era incertezza sul suo futuro, adesso invece ci sono un nuovo contratto e un progetto chiaro. È stato difficile lavorare da precario?
“Sia in campionato sia in queste tre settimane non ho mai avuto la sensazione che dentro la squadra regnasse un clima di incertezza. Per me è sempre stato tutto molto chiaro, forse da fuori potete aver avuto una sensazione diversa da quello che ho vissuto io, ma vi assicuro che mi sono sempre sentito bene e i ragazzi sono stati eccezionali per professionalità e predisposizione al sacrificio. Io ero in una bolla mentale con la concentrazione massima”.
Alla fine nella Juventus è cambiato tanto ma non l’allenatore. Stupito?
“Sono scelte della proprietà in cui non entro, io faccio il mio lavoro”.
Appena insediato, alla squadra aveva detto ‘Andremo in Champions’, e così alla fine è stato. Sul Mondiale fin dove si è spinto?
“È vero, ero sicuro che avremmo centrato l’obiettivo e ci siamo riusciti. Il Mondiale per Club però è diverso, abbiamo fatto una preparazione non usuale per gli impegni delle nazionali, ho avuto il gruppo non al completo. I giocatori però sanno bene quali sono gli obiettivi se fanno parte di questo club: si partecipa sempre per vincere”.
Però avrà fatto alla squadra un discorso motivazionale.
“A motivarci è stato il presidente Elkann, che è voluto venire a trovarci alla Continassa per spingerci ad andare al Mondiale con la voglia di vincere. È stato molto chiaro, l’ho visto bello pimpante, ha ribadito messaggi forti, da Juve, e i ragazzi hanno apprezzato”.
Quando si parlava di Conte e Gasperini come candidati per la panchina della Juventus la squadra spingeva per la sua conferma, come ha raccontato Cambiaso qualche giorno fa: la stima del gruppo le ha fatto piacere?
“Normale che Andrea dica così, sennò lo faccio fuori… Scherzi a parte, è bello perché alla fine quello che conta sono i giocatori e il loro pensiero. Io sono esigente come allenatore, anche in un mondo in cui si sta perdendo la coerenza e si tende a non risolvere i problemi che si presentano, io resto me stesso. Non sono uno che mette la polvere sotto il tappeto. Un calciatore in una settimana tra partite, viaggi e riposo fa due-tre allenamenti in cui esce con la lingua di fuori: ecco, quello per me è il minimo indispensabile. Non puoi non farlo. Un allenatore ora è molto di più, deve riuscire a gestire tutto e cercare di essere giusto”.
Stagioni infinite, tante partite e altrettanta stanchezza. Sarà un Mondiale in cui bisognerà gestire le energie, ricorrendo quindi spesso al turnover?
“Io vedo un calcio in cui si gioca sempre di più ma si smette anche più tardi, perché si mangia meglio, ci sono gli allenatori privati e tante cose che aiutano ad allungare la carriera. La gestione dipende sempre da un allenatore, io posso dire che quando si sente la musichetta della Champions League non c’è più stanchezza e tutti vogliono giocare. Bisogna essere bravi ad andare sempre con la miglior squadra ma senza stancarsi troppo. Sicuramente c’è molto entusiasmo per questo Mondiale, abbiamo recuperato Gatti e Koopmeiners, oltre a Locatelli che si era fatto male in Nazionale. Adesso c’è molta competizione e più concorrenza, le partitelle sono di alto livello”.
Che obiettivo vi siete dati per questo Mondiale?
“È tutto nuovo e quindi è difficile avere un’opinione, non si conoscono bene gli avversari e la competizione è tutta da scoprire. Andando avanti avremo le idee più chiare, ma non abbiamo un obiettivo minimo. Non mi sono mai fissato su quello, ci si focalizza solo sul lavoro e su noi stessi”.
Ripartirete dal 3-4-2-1, il modulo più utilizzato da lei in campionato?
“Avremo un sistema di gioco base che poi andrà interpretato di volta in volta. Anche in questo caso io non non sono un maniaco dei numeri. Ci saranno delle varianti, io non credo a quelli che dicono che un modulo è più moderno e altri lo sono meno. Solo lo stile di gioco e le scelte dei giocatori determinano se una squadra è più o meno offensiva”.
La sua Juventus sarà aggressiva come quella di Marcello Lippi, nella quale lei è stato protagonista in difesa?
“Il pressing mi piace, lo fanno tutti, è bello andare avanti ma poi bisogna anche andare verso la propria porta. Non si deve rinunciare a niente. È un calcio sempre più esigente, non bisogna essere superficiali ma essere aperti e non farsi condizionare dalle etichette che ci vengono messe addosso”.
Mercato: pensa ancora che in estate basteranno tre colpi per completare la rosa?
“Certo, quello che ho detto lo penso ancora. Con tre acquisti la squadra è competitiva, in più ci sarà il ritorno di un giocatore importante come Bremer, che qui negli Stati Uniti si sta allenando insieme a noi, e di Cabal. Sono contento dei miei ragazzi, la società farà il massimo. Sono sicuro che saremo più forti dell’anno scorso”.
Che idea s’è fatto delle prime due avversarie della Juventus, ovvero l’Al Ain e il Wydad Casablanca?
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“Sono due squadre da non sottovalutare, vengono da campionati poco seguiti ma sanno vincere. Non è facile preparare una partita contro club che si conoscono così poco, li abbiamo studiati ma restano delle incognite. Anche per questo noi dobbiamo avere il massimo di attenzione. Dobbiamo andare forte, in fondo siamo noi contro noi stessi”.
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