La pausa per sperimentare e il 22 novembre come data da cerchiare in rosso sul calendario per tornare in campo con una veste diversa: la Juve e i suoi otto giorni per il nuovo modulo
Quattro i giorni liberi per staccare durante la pausa, quattro gli interpreti nella difesa spallettiana che si potranno presto vedere nella sua Juventus. Luciano non è uomo da stravolgimenti immediati, piuttosto mente da riqualificazioni. E da quando ha preso la guida della Signora in corso d’opera sapeva che, come prima cosa, avrebbe dovuto lavorare sul materiale tecnico e umano che aveva a disposizione. Inevitabilmente e senza guardare al mercato di gennaio come l’oasi per un uomo nel deserto. Spalletti non opererà e non assisterà ad altre rivoluzioni nei prossimi mesi, altro motivo per il quale sta provando a cambiare questa Juve con la speranza, e soprattutto l’obiettivo, di plasmarla e renderla sempre più simile a lui in tutto e per tutto e di nuovo vincente.
la nuova difesa
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Lo Spalletti costruttore parte – o meglio, è già partito – dalla difesa, perché l’intuizione di indietreggiare Koopmeiners su quella linea a sinistra è di fatto la prima grande mossa sulla scacchiera bianconera. Prima provato, poi confermato: le risposte sono arrivate in un calendario molto fitto. Adesso con lo stop per le nazionali e il ritorno in campo il 22 (appuntamento a Firenze alle 18) nel laboratorio della Continassa c’è tempo e un po’ più di margine per pensare al cambio modulo il cui primo passaggio è la difesa a quattro, per dare forma a un 4-3-3 o a un 4-3-1-2 in base agli interpreti. Detto di Koop braccetto nella linea a 3, con un reparto a quattro non si può non partire dai centrali. Bremer è il primo nelle gerarchie ma anche quello che ancora non ha avuto modo né di giocare né di allenarsi con Spalletti; Kalulu è l’altro titolare, Gatti è davanti a Rugani, e poi c’è Kelly che deve tornare al cento per cento ma c’è ottimismo per rivederlo sicuramente tra i convocati al rientro dopo la sosta (salvo ricadute). A sinistra Spalletti ha trovato una risorsa che con Tudor aveva visto più la panchina che il campo fino alla seconda metà di ottobre: Kostic. In attesa del ritorno di Cabal, con l’ex ct azzurro il serbo ha ritrovato minuti (168 in tutto contro i 63 concessi dal croato) e titolarità, oltre al gol contro la Cremonese, una gioia che ha chiuso un “periodo molto difficile”. Nel derby con il Toro è tornato in panchina ma Lucio ha capito che lì a sinistra ha un’opzione volenterosa, un giocatore che aveva anche valutato in passato per il suo Napoli. La stima, insomma, non si discute. Poi c’è Cambiaso, che può giocare anche sul versante opposto. Quel giocatore che aveva già incontrato in carriera Spalletti da ct e che si era sentito definire “uno che vede il campo non solo in verticale ed orizzontale, ma in modo circolare…”.
uomini-chiave in mezzo
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A centrocampo c’è il capitano Locatelli, Thuram potenziale mezzala a sinistra, poi inevitabilmente Koop, ma un altro uomo-chiave potrà essere Miretti. Reduce dall’infortunio, per ora ha sulle gambe una manciata di minuti in Champions League in cui si è dedicato alla fase di impostazione. Alternativa come regista? Spalletti ci pensa ma il reparto – al di là delle dinamiche di turnover – è comunque affollato. E McKennie? In questo scenario non toglie di certo i panni del jolly: largo a destra nel già praticato 3-4-2-1 (con Cambiaso a sinistra) ma con licenze di accentrarsi e di inserirsi sulla trequarti. E non bisogna dimenticare Adzic, usato fin qui da Spalletti solo a piccole dosi come sostituto di centrocampisti – due volte su tre – ma con possibilità di avanzare.
le soluzioni davanti
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Capitolo ali: Yildiz e Conceiçao, certamente, ma occhio alle quotazioni di Zhegrova, in crescita come il suo minutaggio e le sue prestazioni. I tifosi della Juve hanno potuto apprezzarlo meno di quanto avrebbero voluto ma il suo talento non è da scoprire; c’è e ha solo bisogno di più campo. L’apprezzamento dell’allenatore poi è fuori discussione: “Rientra sul sinistro, salta l’uomo. Giocare un po’ di taglio, aperto, gli permette di guardare in faccia l’avversario. Lo conoscevo già ma mi ha impressionato la sua rapidità, perché è un fulmine nello stretto. Ha sensibilità nel toccare la palla e ci darà soluzioni”. Davanti la scelta è tra una o due punte. Per la prima soluzione il primo nome è Vlahovic ma Spalletti ha già chiarito che “si può giocare anche due punte”. E in questo quadro si inseriscono i discorsi sul ruolo di Openda: “È una prima/seconda punta e cercheremo di analizzare le due soluzioni in maniera corretta” ha promesso l’allenatore. Mentre David non è una prima scelta. “È un calciatore da quei minuti lì quando le squadre avversarie si chiudono”. Tradotto: una risorsa da subentrante, un risolutore da secondi tempi. Troppo poco per l’investimento fatto su un giocatore arrivato a zero (a parte i 12 milioni e mezzo di commissioni) e da 6 milioni di stipendio all’anno? Lo dirà il tempo. Un’altra variabile che Spalletti dovrà gestire.
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