Inzaghi e la gestione dell’Inter: scelte e umanità. Il commento di Ravelli sulla Gazzetta

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Lo accusavano per i cambi ripetitivi? E lui ha battuto il Barcellona con i subentrati. Dall’estero lo elogiano, l’Inter lo segue

Arianna Ravelli

Giornalista

Forse non a caso, gli elogi maggiori a Simone Inzaghi in questi mesi sono arrivati dall’estero. Thierry Henry (post Arsenal): “Quello che offre Inzaghi tatticamente è un po’ folle. Quando vedi i difensori centrali a centrocampo, il tuo centrale di sinistra larghissimo sulla fascia sinistra, quello centrale sotto di lui che crossa per l’altro centrale in area avversaria… e se metti in pausa, i tre centrocampisti stanno giocando come difensori centrali per far uscire la palla. Non ho visto molte squadre fare questo nella storia”. Pep Guardiola (post Barcellona, andata): “Penso che l’Inter abbia dimostrato ancora una volta di essere incredibile, come quando l’abbiamo battuta in finale di Champions. Difende bene, gestisce le transizioni, è fisica e ben organizzata. Simone Inzaghi è un manager eccezionale”. 

ammiratori

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Questo per dire che anche prima della notte di San Siro, e del 4-3 che è destinato a uscire dalle chat degli interisti per fissarsi in una cosa meno fuggevole come la memoria collettiva di una tifoseria, Inzaghi aveva già collezionato una serie di ammiratori. Compresi quelli che interessano di più a lui, ovvero i dirigenti dell’Inter e di Oaktree: se grazie al suo percorso in Champions l’Inter poteva (comunque fosse andata a finire la sfida con i ragazzini di Flick) fregiarsi del pareggio di bilancio, con la conquista della finale si potrà parlare di un (discreto) attivo. Ed è anche da questi particolari che un fondo Usa (e non solo lui) giudica i suoi uomini. In Italia non è andata sempre così. Esaltazioni, certo, accompagnate da un basso continuo di critiche, hanno caratterizzato il percorso di Inzaghi interista. E il motivo lo ha spiegato dopo l’impresa di San Siro uno dei suoi fedelissimi, Federico Dimarco, che in molti avrebbero voluto in panchina l’altra sera contro il Barcellona perché in riserva di energie, che Inzaghi ha puntualmente schierato e che si è superato creando qualche difficoltà al piccolo genio Lamine Yamal: “Da quando abbiamo perso lo scudetto al primo anno con il Milan è stata tutta una salita. Quello che è venuto dopo ce lo siamo meritati”. 

inzaghi, conte e la storia

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Ecco il peccato originario, che molti tifosi e commentatori non hanno mai perdonato a Inzaghi, a cui si aggiunge il dato dei 15 punti in meno in campionato rispetto alla scorsa stagione e la prospettiva molto probabile di uno scudetto che ha preso la via di Napoli (anche perché nelle prossime partite è plausibile pensare che l’Inter risparmierà dei titolari): il passaggio dei turni nella fase finale di Champions non giustifica probabilmente tanto divario, anche se l’aver voluto rimanere in lotta su tutti i fronti fino in fondo è un giusto motivo di orgoglio. “Chi vince fa la storia, gli altri la leggono”, ha detto Antonio Conte, ma — finisse così il campionato — quella di Inzaghi rischia di essere una bellissima lettura, comunque vada a Monaco il 31 maggio. Anche prima di conoscere l’esito della finale (che, inutile essere ipocriti, farà aggiustare di nuovo il tiro dei giudizi) è giusto mettere qualche punto fermo adesso e riconoscere i meriti di Inzaghi che, fino a qui, ha avuto ragione anche sulle modalità di gestione delle risorse e dei cambi.

contributi

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Criticato per la ripetitività delle scelte (a volte prevedibili al millimetro manco fossero decise da un’Intelligenza artificiale), non solo su titolari e cambi, ma anche sui minutaggi da attribuire ai singoli giocatori, Inzaghi ha vinto una semifinale ai supplementari contro una squadra mostruosa proprio con il contributo decisivo dei subentrati (anche se questo potrebbe essere pure l’indizio che qualcuno poteva avere più spazio), come Frattesi, che ha pensato di andare altrove per giocare di più, e invece ha finito per essere decisivo qui. 

durante le difficoltà

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E poi è un fatto che il gruppo non ha mai perso la sua compattezza e in questo il leader ha sempre un ruolo decisivo. Se anche la settimana terribile con tre sconfitte, un obiettivo (la Coppa Italia) svanito e un altro (lo scudetto) quasi, non ha prodotto isterie, il merito ce l’ha soprattutto Inzaghi. “Anche nei momenti di difficoltà sa spezzare la tensione con qualche battuta, questa è la sua grande forza” (sempre Dimarco): sembra la descrizione di un tratto ancelottiano anche se l’attivismo (eufemismo) dell’ultimo Inzaghi in panchina sembra dare ai suoi quella carica che forse solo Mourinho aveva saputo trasmettere da queste parti. E sappiamo com’è andata a finire.



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