Il tecnico fa da parafulmine, scarica la pressione sul rivale Conte e gestisce al meglio le risorse: ha svoltato nel momento più delicato
Serviva una scossa e Sua Elettricità Inzaghi l’ha data, eccome se l’ha data. Perché l’altra sera, nel successo sulla Fiorentina che ha riportato l’Inter a un soffio dal Napoli capolista, Simone era lì a bordo campo come sempre, ma nei fatti si faceva fatica a distinguere l’allenatore dai giocatori: indemoniati e affamati i vari Lautaro, Barella e Acerbi, incontenibile e spiritato Simone che ha zittito le proteste viola, ha incitato la curva ad alzare i decibel nel momento più delicato della partita, ha esultato a pugni chiusi in faccia alla panchina viola a vittoria appena conquistata (oltre a un battibecco con Pavard in partita, dopo un errore di troppo del francese, tutta adrenalina da serata particolarmente sentita). Simone e l’Inter erano una cosa sola, hanno giocato e vinto sui nervi, e in fondo era proprio questa la vera svolta che serviva all’ambiente dopo la batosta del Franchi: prima ancora che organizzata e dominante sul campo, questa Inter sa essere anche tesa e gestire i suoi spiriti bollenti come poche altre squadre sono in grado di fare, è stato uno dei segreti del gruppo che un anno fa si è arrampicato fino alla seconda stella e Inzaghi ha schiacciato il pulsante giusto al momento giusto.
Cambio di passo
—
Ecco, in materia di gestione del momento il tecnico nerazzurro ha pochi rivali – la sua Inter è sempre ripartita dopo un passo falso, siamo a sette successi dopo una sconfitta nelle ultime otto occasioni tra la stagione passata e quella attuale – ma oltre ai numeri c’è di più. C’è, ad esempio, uno stile comunicativo che marca una bella differenza con il passato: dopo la caduta di Firenze Simone ha spostato i riflettori su di sé, addossandosi tutte le responsabilità del brutto ko, poi ha rincarato la dose dopo la “rivincita” di San Siro: “Sono stato contento del fatto che tutti se la siano presi con me e non con i miei ragazzi”. Un frontman al centro del palco, capace di rispondere a muso duro sulle polemiche per gli errori arbitrali (“capisco la rabbia della Fiorentina ma ho rivisto il rigore, che non esiste mai, mai”) e di palleggiarsi la pressione dialettica con Conte, rivale per lo scudetto e professore in materia: “Il nostro percorso è ottimo, sia quello in Champions che quello in campionato dove stiamo lottando contro squadre che stanno facendo altrettanto e che vogliono le stesse cose dell’Inter”, ha detto il nerazzurro l’altra sera, dopo che Conte, frenato dall’Udinese, aveva parlato di corsa per l’Europa. La sfida è totale, insomma, e questo Inzaghi un po’ Mourinho e un po’… Conte è ormai un allenatore strutturato per reggerla e vincerla, sotto tutti gli aspetti.
Scelte perfette
—
Compreso ovviamente quello delle scelte. Perché contro la Viola Simone ha cambiato in corsa, un po’ obbligato dall’emergenza (vedi l’uscita di Thuram dopo 28 minuti), un po’ per questioni tecniche (la partita di Calhanoglu è finita all’intervallo, e non solo per l’ammonizione rimediata dal turco), e ha pescato le risorse giuste dalla panchina: Arnautovic ha deciso la partita raccogliendo di testa l’assist di Carlos Augusto (altro vice sfavillante che non ha fatto rimpiangere un certo Dimarco), Zielinski ha diretto il traffico con personalità. Nell’attesa di ritrovare il vero Calha nel super classico di domenica allo Stadium con la Juve, è un’ottima notizia, perché nell’Inter non corrono più solo i titolarissimi: come da piani estivi del club, l’esperienza e la forza del blocco dello scudetto, unite al valore delle alternative in panchina, possono e devono fare la differenza in termini di corsa scudetto.
Affamati di tutto
—
Quello che conta, a questo punto della partita, è che l’Inter è lì, dove voleva essere, su tutti i fronti nei quali è impegnata: in campionato è a un punto dal primo posto — che prima dell’ultimo weekend rischiava di vedere da lontano, a sei punti di distanza —, in Champions si è accomodata agli ottavi piazzandosi quarta su 36 nel mini-campionato della prima fase — unica italiana ad aver centrato la qualificazione diretta senza passare dai playoff — e in Coppa Italia si giocherà con la Lazio un posto in semifinale contro il Milan, rivale contro cui i derby potrebbero moltiplicarsi tra Coppa Italia e Champions. Ecco, quel Diavolo che era la vitamina di Simone e di tutta l’Inter, in questa stagione sembrava essersi trasformato nella kryptonite che azzera i superpoteri: qualcosa probabilmente è cambiato con la rete di De Vrij all’ultimo assalto nel terzo faccia a faccia stagionale. Perché in caso di nuove battaglie con i rossoneri serviranno nervi più saldi che mai e Simone e i suoi, adesso, della tensione sembrano nutrirsi per andare più forte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA